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Il vero Racconto dei Racconti, ossia l'analisi, con differenze e analogie, delle tre novelle de Lo Cunto de lo cunti da cui il film ha preso spunto: (3) La Cerva Fatata
Creato il 31 maggio 2015 da Giuseppe ArmelliniPer chi non sapesse di cosa stiamo parlando legga qui.
LA CERVA FATATA
Quindi, già il titolo sembra dirci qualcosa di assolutamente staccato dalla trasposizione (ah, ovviamente stiamo parlando della storia dei due gemelli albini).
Vediamo di scoprire che cosa c'entra sta cerva. Voi non ci crederete, ma sto facendo queste analisi in fieri, live, quindi nello stesso momento che scrivo (e leggo) scopro le cose, come voi. Anche perchè questo è il metodo più veloce, se avessi letto la novella prima e poi mi fossi messo a lavorarci sopra avrei impiegato il doppio del tempo.
Partiamo, come sempre, dalla piccola presentazione che fa il novellatore di turno.
Fonzo e Canneloro nascono per fatagione: Canneloro è invidiato dalla regina, madre di Fonzo, che gli rompe la testa. Canneloro fugge e, diventato re, cade in un grande pericolo. Fonzo, per virtù di una fontana e di una mortella, viene a sapere delle sue disavventure e va a liberarlo.
Quindi, per adesso, nessun riferimento alla Cerva del titolo e assoluta identità con Garrone. Notare però come i nomi siano completamente diversi ma questo, mi ero dimenticato di dirlo, è avvenuto per tutte e 3 le trasposizioni.
Comincia la novella e già notiamo una sostanziale differenza con Garrone.
"Era na vota no cierto re de Longa Pergola, chiammato Iannone, lo quale, avenno gran desederio de avere figlie, faceva pregare sempre li dei che facessero 'ntorzare la panza a la mogliere; e, perché se movessero a darele sto contiento, era tanto caritativo de li pellegrine, che le dava pe fi' a le visole. Ma vedenno all'utemo che le cose ievano a luongo e non c'era termene de 'ncriare na sporchia, serraie la porta a martiello e tirava de valestra a chi 'nce accostava."
Come vedete è il Re, e non la Regina a desiderare ardentemente un figlio. Prega gli Dei, si comporta bene, ma niente, il figlio non arriva. Nel film è invece lei a desiderarlo più di qualsiasi altra cosa, così tanto che solo vedere la circense incinta la distrugge. A questo punto mi sono fatto una domanda: "Perchè questo cambiamento?". E un pò per fortuna e un pò per cocciutaggine mia ho scoperto una cosa veramente interessante, almeno a mio parere.
E la risposta è addirittura nella cornice de Lo Cunto de li Cunti, ossia nella vicenda che fa da pretesto al racconto di tutte le novelle (come quella dei 10 giovani che sfuggivano alla Peste nel Decameron per intendersi).
E in questa cornice c'è la Regina Zoza (leggete il nome nel modo giusto per favore...), una sovrana incapace di ridere. Nessun giullare, nessun saltimbanco, niente e nessuno poteva riuscire a farla ridere o renderla serena.
Ecco, Garrone ha una grandissima trovata, prende la principessa della cornice e la porta dentro la novella de La cerva fatata incastrandola perfettamente con la stessa motivando il non riuscire a ridere ed essere perennemente triste con il desiderio di avere un figlio. Incastro perfetto, tipo il pezzo lungo del Tetris che ti faceva fuori 4 linee.
Ora, sapendo questo, torniamo alla novella.
Il Re sente da un Mercante (e non una specie di Stregone come nel film) la soluzione al suo problema:
"fa' pigliare lo core de no drago marino e fallo cocinare da na zitella zita, la quale, a l'adore schitto de chella pignata, deventarrà essa perzì co la panza 'ntorzata; e, cuotto che sarrà sto core, dallo a manciare a la regina, che vedarrai subbeto che scirrà prena comme si fosse de nove mise"
Siamo all'identità assoluta, quasi lessicale. Solo che qua si fa accenno al fatto che anche la vergine (zitella zita) che cuocerà il cuore resterà incinta (panza 'ntorzata) solo sentendo l'odore di quella cottura. Nel film mi pare che non si facesse accenno a questa seconda gravidanza.
E cossí, mannato ciento pescature a maro, apararo tante spedune, chiusarane, paragranfe, buole, nasse, lenza e felacciune, e tanto se votaie e giraie, ficché se pigliaie no dragone
Quindi il Re manda a prendere il cuore da "cento pescatori", non si imbarca nell'impresa lui stesso come atto d'amore (morendo). Oh, sembrerò garroniano ma io sto ancora una volta con lui.
Comunque abbiamo fino ad adesso la conferma che questa sia la novella più "maneggiata".
Simpatico quello che accade durante la cottura del cuore:
che tutte li mobele de la casa 'ntorzaro e 'n capo de poche iuorne figliattero, tanto che la travacca fece no lettecciulo, lo forziero fece no scrignetiello, le seggie facettero seggiolelle,
nel senso che era tanto forte il potere "incintante" del cuore che iniziarono ad avere figli anche i mobili, il letto un lettino, il forziere uno scrignetto e via dicendo
Nascono i due figli (in 4 giorni, non in una notte) e non si fa alcuna menzione al loro aspetto. Trovo invece che la loro caratterizzazione fisica garroniana sia potentissima. Non si fa nemmeno nessun accenno alla scena dell'acqua, molto bella nel film e anche importante per ricordare il legame con loro "padre", il Drago Marino. In realtà tutte le vicende del film vengono taciute, e mi riferisco a loro che giocano insieme, il labirinto, la scena di lei che li sente parlare o la sopracitata scena dell'acqua. Niente di tutto questo, in pochissime righe il Basile ci dice solo della gelosia della madre e del suo tentativo di far fuori il fratellastro. Io fino ad adesso vedo un intervento di Garrone di un buon 70% nel testo originale, sia nei cambiamenti che nelle aggiunte. E malgrado questo sia l'episodio che meno m'è piaciuto credo che tutti gli interventi del regista siano stati enormemente migliorativi.
Il fratello povero deve quindi partire, e c'è la "promessa" della fontanella:
Chesta è la meglio memoria che te pozzo lassare, pocca a lo correre de sta fontana saperrai lo curzo de la vita mia: che se la vederraie scorrere chiara, sacce ca starraggio cossí chiaro e tranquillo de stato; se la vederraie trovola, 'màgenate ca passarraggio travaglio, e si la troverrai secca (non voglia lo cielo!) fa' cunto ca sarrà fornuto l'uoglio de la cannela mia e sarraggio arrivato a la gabbella che tocca a la natura
se vedrai l'acqua chiara io starò bene, se la vedrai torbida (trovola) sarò in pericolo, se sarà secca sarò morto (l'olio della mia lampada è finito e avrò pagato il mio debito -gabbella- con la natura)
Non solo la fontana però. il fratellastro ripete le stesse cose anche riguardo un rametto di mortella (una specie di mirto). Se sarà verde bene, appassito malino, secco è la fine. In effetti anche nella presentazione della novella vi si faceva riferimento. Ecco, secondo me ne bastava una, come nel film, anche perchè i due elementi non "raccontano" cose diverse ma la medesima, ossia lo star bene, l'essere in pericolo e il morire.
Se fino ad adesso abbiamo visto sostanziali differenze con il film, se possibile, d'ora in poi, saranno ancora più marcate.
Nella novella l'attenzione si sposta ora TOTALMENTE sul fratellastro e su quello che gli accade. Nel film (ricordate?) una volta partito poi non lo rivediamo finchè non è nella grotta.
Ebbene, sentite.
Candeloro, il fratellastro, arriva in un altro regno e si fa così ben valere che, addirittura, sposa una principessa. Praticamente assurge allo stesso rango dell'altro fratello.
Vuole andare a caccia ma suo suocero, il Re, lo prega di non farlo perchè:
ca pe ssi vuosche 'nc'è n'uerco de lo diantane, lo quale ogne iuorno cagna forma, mo comparenno da lupo, mo da lione, mo da ciervo, mo d'aseno e mo de na cosa e mo de n'autra e co mille stratagemme carreia li poverielle che 'nce 'nmatteno a na grotte, dove se le cannareia
perchè nel bosco quindi c'è un Orco capace di trasformarsi in qualsiasi cosa (la lista degli animali) e poi con uno "stratagemme" rapisce gli uomini e li mangia nella sua grotta (ricorda l'orco de La Pulce in questo).
Candeloro però parte lo stesso per il bosco.
L'Orco si trasforma in una cerva -ecco finalmente il titolo- e Candeloro inizia a darle la caccia. La Cerva (l'Orco) lo porterà fino alla sua grotta. Qua comincia un lungo dialogo tra la Cerva e Candeloro con la prima che convince il ragazzo a legare il cavallo, posare la spada e tutto quello che possa servire a disarmarlo e non permettergli di fuggire (gli stratagemmi paventati dal Re).
Poi:
E l'uerco, commo vedde Canneloro senza defesa, pigliaie la forma propia e, datole de mano, lo calaie drinto na fossa ch'era 'n funno a la grotta e lo commegliaie co na preta, pe magnaresillo.
L'Orco torna nella sua forma originaria e butta il ragazzo in fondo alla grotta, imprigionandolo per poi essere mangiato.
Abbiamo quindi una parte lunghissima, poco meno di metà della novella, che non ha alcuno spazio nel film, non un singolo accenno, non una singola inquadratura. L'Orco non esiste, non esiste Candeloro principe, non esiste nulla.
Il fratello vede la fontana torbida e il mirto appassito.
Parte.
Arriva per caso in questo regno e, come nel film, lo scambiano per l'altro. Però siamo in tutt'altra situazione ricordiamo, lui viene scambiato come lo sposo della Principessa. Si finge tale cercando ci capire dove possa trovarsi Candeloro. Poi dopo una notte nel castello (resistendo alla voglia di consumare con la Principessa...) la mattina seguente parte.
Arriva alla grotta, vede il cavallo e la spada di Candeloro e poi appare la Cerva che prova a persuadere anche lui. Ma, capito l'inganno, la uccide.
vedde l'arme de Canneloro, li cane e lo cavallo legate; pe la quale cosa tenne pe cierto che lloco fosse 'ncappato l'ammico; e decennole la cerva che avesse legato l'arme, cane e cavallo, isso 'nce le 'nterretaie adduosso, che ne fecero petaccie.
I due tornano a casa, al Regno di Candeloro e poi Fonzo, il fratello nato ricco, torna nel suo.
Ora, a novella finita, è evidente come, a differenza delle altre due, Garrone questa l'abbia completamente stravolta. E se nella prima metà l'ha fatto in maniera per me ottima, nella seconda mi lascia molto titubante. Questo perchè, e torniamo allo Stregone "inventato" da Garrone nel film, si è voluta creare questa storia del sacrifico, delle vite da perdere al posto di altre. Succede sia all'inizio, per avere la gravidanza, sia verso la fine quando lo Stregone fa capire alla madre che per far tornare Elias (nome nel film) ci sarebbe dovuto essere un sacrificio. Ed ecco quindi il mostro garroniano, invenzione vera e propria del regista, non solo nelle fattezze e nella drammaturgia, ma anche nel "significato" visto che, ricorderete, il mostro è la stessa madre che si sacrifica per il figlio.
Conferma ufficiale, tre novelle su tre, che Garrone ha voluto dare più complessità e umanità ai suoi personaggi rispetto alle novelle, molto più "secche". Ma in questo caso la scelta appare forzatissima e nel film porta a dei passaggi alquanto affrettati e discutibili.
Ho veramente finito, non so nemmeno perchè mi sia imbarcato in questa impresa, per un film poi che certo non mi ha conquistato fino in fondo.
Non so nemmeno se queste analisi siano già state fatte da qualcuno, se siano utili o no, se siano abbastanza chiare etc...
Dico solo vaffanculo, Racconto dei racconti, ti ho voluto bene ma adesso per un pò stammi lontano.
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