Magazine Cultura

Il Vestito di Marlene: Quando la Danza Diventa Rock

Creato il 16 aprile 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Giuseppe Floriano Bonanno 

A conferma dell’attenzione rivolta da sempre, e in questi ultimi anni in particolare, alle forme espressive più originali ed innovative, il Teatro Duse di Bologna propone una delle quattro date de Il vestito di Marlene, progetto inedito che vede sul palco i Marlene Kuntz, una delle band simbolo della scena del rock alternativo italiano, accompagnare dal vivo i performer della Mvula Sungani Company. Mvula Sungani definisce physical dance theatre il proprio modello artistico, basato sulla dirompente carica atletica di un cast che lavora sull’espressività del corpo, con movenze di straordinaria fisicità, affondando le proprie radici nella grande tradizione del balletto, su cui si innestano elementi moderni, frutto di una lunga ricerca nel campo delle danze etniche, con un occhio anche alle filosofie legate alle arti marziali. Si svela, dunque, davanti ai nostri occhi, una coreografia potente e sensuale, vero e proprio inno alla forza della femminilità, che ha in Emanuela Bianchini l’indiscussa star.

Il Vestito di Marlene: Quando la Danza Diventa Rock

Un succedersi di quadri si alternano, a mo’ di colonna visiva, alle note che si sprigionano sul palco seminando attimi di vera poesia all’interno di un “brodo” di vibrante ed esplosiva energia che, tuttavia, ha il suo indiscusso fulcro nella rappresentazione di un universo femminile ricco e sfaccettato, in cui si passa, senza soluzione di continuità, dall’immagine eterea e divina di una donna musa, quasi magica, a quella, sofferta ma ugualmente affascinante, che trasuda un chiaro afflato bohémien. Emanuela Bianchini, riconosciuta étoile della danza moderna, domina, a tutto tondo, la scena: i suoi passi, leggiadri e decisi, trovano il loro naturale complemento nelle note dolci e graffianti dei Marlene Kuntz, (sul palco nella loro formazione storica con Cristiano Godano, voce e chitarra, Riccardo Tesio, chitarra, Luca Bergia, batteria) in un esperimento che, confermando la vena fortemente eclettica della band piemontese, prova a sposare il rock con l’arte contemporanea.

Il Vestito di Marlene: Quando la Danza Diventa Rock

A questo punto sorge il dubbio, destinato a rimanere senza una risposta esaustiva ed assoluta, ascoltiamo/vediamo musica per la danza o danza per la musica? Le note colorano e indirizzano i passi o i passi inseguono melodie ora distorte, ora languide, sempre decisamente rock? Senza lambiccarci troppo il cervello dobbiamo solo lasciarci andare e calarci in una esperienza nuova, a 360 gradi, in cui suoni ed immagini vanno colti e respirati, cogliendo le intime sensazioni e le emozioni che riescono a costruire toccando i nostri sensi primari: vista ed udito. Soltanto così questo innovativo ed originale esperimento può ottenere il suo fine ultimo: colpirci e rapirci! Ecco allora le canzoni del trio Godano-Tesio-Bergia (con il secondo che si alterna fra basso e chitarra) colmare l’àere e fondersi con le coreografie di Mvula Sungani in un susseguirsi di passaggi che regalano emozioni: Ape Regina; Schiele, lei, me; La canzone che scrivo per te; Ti giro intorno; Malinconica; Nuotando nell’aria e altre ancora fino alla chiusura con un brano di Giorgio Gaber, La libertà.

Il Vestito di Marlene: Quando la Danza Diventa Rock

Da viaggiatori, saliti su un treno immaginario con destinazione a sorpresa, finiamo, per tutta la durata del tragitto, in una dimensione metafisica, cullati dal rock dei Marlene Kuntz che diviene concetto puro dando forma, sonoramente, ad immagini disegnate e rese vive dai bravissimi ballerini. Le due anime, la danza e la musica, che si fanno ora sarto ora modella, ora musa ora cantore, non si sovrappongono mai, ma si fondono permeandosi a vicenda e creando un unicum imprevedibile e trascinante. La grande innovazione, quella di vedere contemporaneamente sulla scena i musicisti e i ballerini, funziona senza sbavature regalando momenti di rara intensità emotiva attraverso la costruzione di un ponte metaforico che, partendo dalla mente, arriva al cuore toccando tutte le sfumature del nostro io più intimo. L’esperimento di fondere generi artistici apparentemente lontani ma, al tirar delle somme, estremamente compatibili e fungibili è dunque perfettamente riuscito come testimoniano i cinque minuti, e oltre, di scroscianti e calorosi applausi che salutano i protagonisti quando cala il sipario. Uno spettacolo veramente molto bello. Da non perdere!

 

Fotografie di Antonio Agostini

 

Il Vestito di Marlene: Quando la Danza Diventa Rock

     

     

     


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :