Contrariamente a quello che si può pensare il viaggio nel tempo è una delle prime argomentazioni fantascientifiche della storia, usato da Twain come mero espediente in Un americano alla corte di re Artù (A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court, 1889). La prima vera opera di fantascienza possiamo trovarla però con H.G. Wells nel racconto
The Chronic Argonauts, meno famoso del successivo romanzo La macchina del tempo (The Time Machine, 1895), prescindendo dalle allegorie presenti in questi primi romanzi, essi sono dei prototipi per una tematica che rimarrà quasi del tutto inesplorata negli anni a venire. Occorre infatti aspettare le pubblicazioni del primo Heinlein per ritrovare i viaggi nel tempo, più precisamente Un gran bel futuro (By His Bootstraps, 1941). A seguito di questo racconto (siamo arrivati all’età d’oro della fantascienza) cominciano a comparire moltissimi tra i romanzi più famosi, tra cui La porta sull’estate (The Door into Summer, 1957), sempre di Heinlein. Asimov un paio di anni prima aveva già scritto la sua opera al riguardo: La fine dell’eternità (The End of Eternity, 1955), nel mucchio c’è da aggiungere Quellen, guarda il passato! (The Time Hoppers, 1967) di Robert Silverber, che si rifà alle allegorie dell’antesignano inglese. Più recenti e ormai considerabili fantascienza contemporanea sono L’anno del contagio (Doomsday Book, 1992) di Connie Willis e Avanti nel tempo (Flashforward, 1999) di Robert J. Sawyer; il primo addirittura vincitore del premio Hugo, il secondo forse più famoso per la serie televisiva, capace solamente di stravolgere il concetto dell’autore.
Paradosso e linee temporali
Cosa succederebbe viaggiando indietro nel tempo? Per esempio andiamo indietro nel tempo e impediamo
l’assassinio di Cesare. A quel punto l’intera storia romana sarebbe da riscrivere, sarebbe dunque impossibile per noi tornare indietro, perché magari non esisteremmo neanche nella nuova linea temporale. Questo paradosso, sintetizzato come paradosso del nonno, rimarca l’impossibilità, o per meglio dire l’imponderabilità di ciò che succederebbe e rappresenta forse l’esempio più lampante di quello che è la visione dei viaggi nel tempo (pensati scientificamente, per applicazioni pratiche) a cui possiamo appellarci. Diversamente esiste un altro punto di vista: tornando indietro per impedire le idi di Marzo potremmo invece incappare in Bruto e farlo arrabbiare così tanto da spingerlo ad assassinare Cesare come raccontano i libri di storia, vivendo così una linea temporale inalterabile in cui il viaggiatore del tempo non può far altro che assistere agli eventi, dove le persone non possono cambiare il corso degli stessi perché indissolubilmente parte di ciò che li ha creati.
Non tanto perché essi sono considerabili tra i padri fondatori della fantascienza, ma perché i romanzi scritti da entrambi si rifanno all’una o all’altra idea di viaggio nel tempo. Spostare un barattolo può causare guai seri, persino la distruzione di un astroporto. Tutto programmato, se sono i ragazzi dell’Eternità a farlo. Asimov fa capire così, con un incipit che porta il lettore nel vivo della storia, la propria idea di viaggio nel tempo; dove una piccola modifica può alterare il corso della storia creando paradossi inimmaginabili e stravolgimenti che possono addirittura essere previsti. L’Eternità è quindi un’organizzazione fuori dal tempo in cui comandano anche dei supercomputer, la quale ha come scopo l’eliminazione delle scelte sbagliate prese dall’umanità, rendendola in tal modo perfetta. Quindi gli eterni sacrificano tutto, comprese innumerevoli vite, per il bene comune; una cosa di cui persino il protagonista del romanzo è convinto, finché non incontra la donna della sua vita. Il rischio di perderla a causa di una correzione della linea temporale è impensabile, tanto da spingere il protagonista a domandarsi se sia corretto imporre la volontà degli eterni sul libero arbitrio dell’umanità, impedendo all’umanità di sbagliare e di migliorarsi da quegli stessi errori. Considerato forse il miglior romanzo sull’argomento, La fine dell’Eternità è ancora oggi, dopo più di cinquant’anni, uno delle pietre miliari della fantascienza, i dialoghi stessi offrono spunti sull’idea del viaggio temporale e sui paradossi.
La principale emozione che coglie leggendo La porta sull’estate è il bisogno di pace: quel bisogno interiore che tutti abbiamo, esattamente come il gatto Pete, di trovare la nostra porta che da sull’estate e proprio questo ci spinge a fare di tutto per trovarla, persino accettare l’idea di essere criogenati per poter andare avanti nel tempo, dimenticando le delusioni attuali. Tutto ok, finché non si cade in trappola, ingannati da tutti e criogenati nel luogo sbagliato. Qui Heinlein fa un brutto scherzo al protagonista, il quale si trova in un futuro bello e piacevole, afflitto però dalla consapevolezza di aver perduto ciò che di buono c’era nella propria vita, Pete compreso. Inspiegabili eventi nel futuro lo portano però a pensare che ci sia altro e dunque è tempo di tornare indietro nel tentativo di rimettere a posto le cose e quale meraviglia scoprire di aver giocato un tiro mancino ai cattivi, riprendendosi tutto ciò che ci avevano sottratto, ritrovando persino il gatto e l’amore, quindi la nostra propria porta sull’estate. Da bravo caratterista, Heinlein dipinge magistralmente il suo personaggio di punta, abile e volenteroso, capace di rimettersi in piedi anche dopo diversi colpi subiti, eppure fragile e afflitto dalla perdita. Nel romanzo il viaggio nel tempo viene presentato come mero espediente narrativo, eppure è il fulcro di quello che andiamo a leggere, ma l’essere costretti a rimanere inchiodati alla linea temporale, statica e inalterabile, si sente appena.Perché parlare nello specifico di questi due romanzi? Perché sono l’essenza stessa delle due visioni, benché Heinlein abbia esplorato oltre questo tema con La storia di Farnham (Farnham’s Freehold, 1965) e altri romanzi, rimarcando sempre la stessa teoria, la sua opera che più rappresenta la sua idea è proprio La porta sull’estate.
Dunque dove incominciare, se dovessimo leggere sull’argomento? Indubbiamente entrambi sono molto validi, l’opera di Asimov è un po’ più lunga, ma scorre altrettanto velocemente e quasi dispiace che l’ultima pagina sia arrivata tanto presto. Del resto il romanzo di Heinlein si legge con quattro o cinque ore di un occhio allenato, c’è una sorta di allegoria riguardo il sogno americano che potrebbe frenare, ma i richiami agli ideali dell’opera Heinleniana si sentono appena e fanno da fondale storico più o meno veritiero.
Lerigo Onofrio Ligure