Questa è una favola, una storia per bimbi e per grandi, a voi decidere se leggerla tutta.
Buona lettura!
Il viandante nelle stanze del redi Anna Perna
Quando re Alberto si chiuse la porta dietro le spalle era già l’ora dei vespri. In lontananza, il tramonto stava posando la sua mano sulle terre che tutt’attorno segnavano il ricco confine del regno. Nell’aria si respirava odore di incenso, l’odore che puntualmente saliva dalla cappella di famiglia, dove le donne erano già riunite per la consueta preghiera.Uno strano presentimento lo accolse alle spalle, quasi una mano che gli cingeva il collo e poi la vita tutta. Quell’apparente quiete esteriore veniva puntualmente frantumata come un prezioso vaso di cristallo, lasciandolo nell’irragionevole ansia per qualcosa che deve necessariamente accadere.Eppure tutto attorno era come sempre. Le mura del castello, gli ossequi della corte, le reverenze della servitù. Una strana solitudine lo avvolse ed improvvisamente si trovò chino con la testa tra le mani. In quei giorni aveva mangiato poco, si era spesso rinchiuso nelle sue stanze a rimuginare sulla sua vita. Pur avendo tutto ciò di cui aveva bisogno, non provava più la gioia dei tempi verdi. Neppure guardando il giovane corpo della sua sposa. Neppure guardando i suoi figli giocare.Quel castello era diventato improvvisamente una prigione, ma forse lo erano anche i confini del suo regno. Nonostante i quotidiani turbamenti, riusciva ad ottemperare ogni attività che la normale quotidianità gli riservava. Ma non c’era nessuna gioia in quello che faceva.
Così, la sorella, osservandolo da giorni, gli sussurrò all’orecchio il nome di Gaiano, un vecchio viandante che soleva cantare ogni giorno a squarcia gola, preso da un’insolita allegria, quella che puntualmente accompagna i bambini, i santi o i folli.
L’allegria era quello che gli mancava e così cominciò a frequentare il viandante Gaiano.Da quell’incontro fu come una rinascita perché la sola vicinanza gli metteva una certa ilarità. In realtà non cambiò nulla delle sue abitudini ma parlando con Gaiano sia accorse che quell’attitudine era contagiosa. E così lo reclutò come suo fidato consigliere. Insieme discutevano per lo più di quello che si poteva fare o non si poteva fare per migliorare le condizioni del suo regno. E fu così che re Alberto imparò che ci sono eventi fuori dalla portata della propria responsabilità, che non si possono fermare, proprio come le onde del mare. Ma al contempo, esistono anche cose sulle quali aveva completo controllo. Imparò che ancor prima dei suoi sudditi, poteva governare i suoi comportamenti, i suoi pensieri, i suoi stati d’animo.Aveva imparato ad osservare gli accadimenti per quello che erano, cioè fatti. E da quel punto di vista, con l’aiuto del suo fidato consigliere, aveva capito che poteva colorarli come meglio credeva.« Un fatto è come un disegno fatto di sole forme. Sta a noi, alla nostra personale attitudine decidere in che modo colorarlo – diceva Gaiano – Possiamo usare colori tenui e della consistenza degli acquerelli se vogliamo accennare una sensazione, oppure, possiamo usare l’audacia dei colori forti a olio, se vogliamo addentrarci in profondità.»Era vero. Non perché lo dicesse quel vecchio folle, ma perché il suo scetticismo lo spingeva a provare quello che gli veniva suggerito. E Gaiano non esprimeva alcun giudizio. Lasciava al Re la responsabilità di seguire o meno i suoi consigli.Da quel momento in poi cambiarono molte cose a palazzo. La strana armonia che aleggiava sul regno aveva però scompaginato alcune abitudini della corte, creando malumori e invidie nei confronti del saggio.Fu così che il terzetto reale, composto dal sacerdote di famiglia, il Guardasigilli e il tesoriere, spinti dalla nobiltà, iniziarono a spiare Gaiano per coglierlo in qualche ipotetico passo falso. Il loro intento era quello di scoprire qualche segreto del suo passato per screditarlo di fronte agli occhi del Re.Osservandolo nei suoi spostamenti quotidiani avevano, infatti, notato, che tutti i giorni, all’ora dei vespri, quando tutta la corte si ritirava in rigorosa preghiera, Gaiano spariva improvvisamente per circa un’ora senza che nessuno sapesse dove. Poi, improvvisamente tornava come niente fosse, con il suo solito buon’umore.La cosa destò molti sospetti. In effetti di questa stravagante figura, si conosceva poco o nulla. Qualcuno diceva che veniva dalle terre d’oriente per via dei suoi occhi a mandorla. Altri dicevano che fosse stato un monaco e che per ragioni di cuore, avesse scelto di togliersi l’abito talare per prendere moglie, ma che, dopo la sua morte avesse iniziato a girovagare senza una meta precisa. Altri ancora lo immaginavano come un audace giocatore d’azzardo che aveva sperperato tutti i beni di famiglia nelle più bieche bische del paese. In realtà nessuno conosceva la sua storia. E fu forse questa sua aura misteriosa che gli conferiva un aspetto affascinante e irraggiungibile. Inoltre, molti si domandavano come fosse possibile che durante tutto quel tempo, re Alberto non si fosse procurato alcuna informazione fidandosi semplicemente di ciò che gli veniva proposto giorno dopo giorno.
Una sera, sull’affacciarsi del tramonto, una guardia incaricata dal terzetto reale, lo seguì cautamente. Gaiano, senza farsi notare, si staccò dalle faccende che interessavano le altre persone e si diresse verso un’ala del palazzo. Seguì un lungo corridoio e prese le scale che portavano verso la torre d’oriente. Lì, aprì una porta e si chiuse dentro. La guardia rimase ad aspettare per circa un’ora, poi, mantenendo il silenzio di chi non vuole farsi scoprire, vide l’uomo uscire e richiudere la porta con una chiave che teneva ben legata attorno alla cintola.Il saggio fu pedinato per diversi giorni ma mai si riuscì di aprire quella porta né tanto meno di sapere cosa vi fosse nascosto. Tutto ciò che si poteva sapere era il tempo di permanenza in quel luogo.
I giorni passarono apparentemente tranquilli. re Alberto continuava a mantenere uno spirito sereno portando serenità anche alle persone che gli erano accanto. Gaiano continuava a seguire il suo Re come sempre. La corte, osservava.Ma una mattina, arrivò a palazzo un messo viaggiatore con una missiva che portava il sigillo del generale delle truppe che stavano in missione per esplorare nuovi territori. Doveva essere una notizia molto importante perché il Re fu svegliato improvvisamente assieme a tutti i suoi consiglieri. In pochi minuti il messo fu ricevuto negli uffici reali per sapere quali notizie giungevano da quei mondi lontani. re Alberto, lesse la missiva che conteneva meravigliose notizie sulle terre esplorate e sulle ricchezze che quella florida terra regalava senza alcuna fatica. Unico impedimento, un gruppo di autoctoni che vivevano come selvaggi e che impedivano ai soldati di avvicinarsi ad una zona chiamata kaloecos. Guardandoli da lontano avevano intravisto una sorta di tempio naturale che si ergeva ai piedi di una grandissima quercia secolare e le donne portare doni votivi fatti perlopiù di frutta e fiori. Sicuramente la rigogliosità del suolo non faceva di quel luogo un terreno facile da “domare”. Il generale concludeva la missiva attendendo decisioni sul da farsi. Per il trio reale non c’era alcun dubbio. Attaccare se gli autoctoni avessero intralciato l’avanzamento. Re Alberto sembrava eccitato per l’inaspettata notizia, più per la novità e l’avventura che per la bramosia dei tesori nascosti. Ma prima di rispondere, decise di consultare Gaiano, che se ne stava in disparte in silenzio. Quando proferì parola, si limitò ad osservare come il Regno non fosse mai stato così prospero come in quel momento e che talvolta, anche se le tentazioni possono essere davvero allettanti, sarebbe più saggio fermarsi e curare ciò che già si possiede piuttosto che bramare nuove ricchezze, con il rischio di rompere inutilmente gli equilibri di ecosistemi che vivono da secoli in armonia. Queste parole, destarono un gran brusio. Re Alberto, sembrava ascoltare Gaiano con l’attenzione di sempre, quando il Guardasigilli prese parola con forza, scagliandosi contro l’uomo. « Sire, abbiamo sopportato quest’uomo per mesi e mesi. Non è più tollerabile che ad un uomo senza storia si dia il potere di influenzare le Vostre decisioni. Ci sono prove che costui sia un impostore e che stia complottando alle Vostre spalle per accaparrarsi il Regno. » A queste parole re Alberto si inalberò, poi fu frenato da un impeto improvviso.« Se quest’ uomo non ha nulla da temere, deve dire pubblicamente cosa va a fare tutte le sere all’ora del tramonto nella parte più alta del castello. Ci deve mostrare cosa nasconde dietro a quella porta che tiene ben chiusa con la chiave che tiene legata alla cintola.»Re Alberto guardò negli occhi il suo fidato. Fu un momento intenso e pieno di emozioni. Ci sono momenti, sospesi nel tempo, attimi che racchiudono la vita dell’intero universo.Gaiano, ricambiò quello sguardo con la tenerezza e l’accoglienza di sempre, dimostrando la sua innocenza. E prima che il Re lo ordinasse, invitò con fermezza, il suo signore e l’intera corte a seguirlo.Il corteo camminava veloce, preso dalla smania di svelare questo inaudito segreto. Ci misero qualche minuto per andare in quell’ala del palazzo poiché era così remota che se l’erano quasi dimenticata. E quando furono davanti alla porta, Gaiano guardò di nuovo il suo Re. Era uno sguardo che raccontava la storia della sua vita. Per la prima volta due anime si incontravano sul sentiero dell’Essenza. Due uomini nudi davanti alla loro realtà.La porta fu aperta. La stanza era buia ma la eco dei passi faceva presagire un ambiente grande e spoglio. Il niente colmava i muri e l’odore di muffa e polvere veniva allontanata da passi decisi che volgevano verso le finestre. Fatta luce, infondo alla stanza, si scorse un vecchio armadio con un’anta aperta. E dentro un vecchio tabarro sdrucito e mangiato dalle tarme.La sorpresa colse increduli tutti gli spettatori che guardandosi, non riuscivano a darsi una logica spiegazione di quanto stava accadendo.E fu così che, con la voce più dolce che mai fu sentita, Gaiano, cantò la sua versione.
« C’era un viandante di un regno lontano, un regno di sogno, un luogo alla mano. Un regno di fiabe, di fate e chimere, di buffoni di corte e gente per bene.Ero partito con entusiasmo, senza timore e senza rimpianto.Avevo lasciato la casa e la madre per diventare uomo come mio padre.Avevo conosciuto la fame e la sete, le donne, gli uomini, la vita e la quiete.E fu così che arrivai in questo regno,governato da un giovane senza ritegno, ma che con cuore e con pazienza iniziò la sua ricerca verso l’Essenza.Ma ogni sera, quasi per rito, mi reco in queste stanze per ammirare i resti del passato e per ricordare. Quello che sono lo devo anche a questo, il mio passato e quello che è stato. Torno per onorare le ragnatele che alla luce sembran candele, stelle che illuminano il mio presente, torno per me e per la mia mente. E’ la mia essenza che vado cercando, solo per questo e senza rimpianto.Onorare il passato per aprirsi al futuro, è questo che faccio ogni sera, sicuro.Ecco svelato il mio segreto, al quale non pongo alcun veto.E se la mia versione non vi fosse gradita, lasciate andare la mia dipartita.»
Re Alberto guardò il saggio consigliere con il cuore aperto e l’anima vibrante. Poi si girò verso la corte e il trio reale facendo loro cenno di uscire. In quel momento accadde qualcosa di inusuale. Scese un silenzio inatteso, come quando si cala il sipario su una commedia. Alberto si voltò verso Gaiano, ma rimase stupefatto quando s’accorse che nella stanza non c’era nessuno, tranne la viva sensazione della calda mano del suo amico sulla spalla. In quel momento capì che la sua solitudine si sarebbe riempita di nuovi significati.
a.p 2014