"Il vincitore del primo concorso letterario nazionale Terra di Guido Cavani è..."
di Valeria De Cubellis
"Il vincitore del primo concorso letterario nazionale "Terra di Guido Cavani" è..."
Incredibile.
Soprattutto covavo gioia, quella di esserci. Di trovarmi alla Rocca di Vignola, un posto così suggestivo, perché avevo scritto una storia: che bellezza, le parole. Cosa non possono. Ed ero a condividere momento ed emozioni con i finalisti del concorso, vite ed età diverse, ognuno giunto a Vignola percorrendo le proprie strade ma tutti invariabilmente tirati a lucido per la cerimonia di premiazione. Ancora doveva cominciare la serata e già sentivo di aver avuto tanto, anche l'emozione di salire sul palco per la foto ai finalisti: io c'ero, con loro. Bellissimo.
Su quel palco Moreno Coppedè di lì a poco avrebbe spadroneggiato tutta la sera: perché non lo conduce lui il Festival di Sanremo? Ascoltando le sue indicazioni per i finalisti, ho ripensato alla nostra ultima telefonata, avvenuta a fine agosto. Gli avevo chiesto: "Nessuna anticipazione sull'esito delle premiazioni, vero?".
Aveva risposto possibilista: "Se mi dai due milioni di euro!".
Non ho avuto dubbi: "Vengo lì".
Davvero non ho mai avuto dubbi: volevo esserci. In un mondo di porte in faccia a Vignola, addirittura, mi aprivano quelle di un castello! Quando lo snocciolamento dei nomi e l'elargizione dei premi è cominciata, ho guardato con ammirazione chi tornava a sedere con una targa. Anche io ho sperato in un premio, lo confesso. E così quando sono stata chiamata per quello speciale del Resto del Carlino sono stata felicissima: un premio bellissimo! Sono tornata al mio posto emozionata, fiera di me e lieta anche di essere riuscita a ringraziare tutti quelli che avevano reso possibile quel premio e quella serata: Moreno Coppedè, Maurizio Amato e il Circolo di Pazzano, Irma e il Mondo dello Scrittore, le giurie, i Poetineranti, tutti, ma proprio tutti e scusate se ho dimenticato qualcuno. Non riuscivo a smettere di sorridere. Ero pronta per tornare a casa... non potevo immaginare. Aspettavo di salutare, ringraziare nuovamente per la gioia e per l'onore e lasciare quella splendida rocca per tornare alla realtà.
Certo volevo saperlo il nome del vincitore. E mi sono disposta con sereno distacco, ho guardato i colleghi dal settimo al secondo posto con autentica stima. E poi...
Mentre scrivo, ora, rivedo tutto. Moreno cerca il foglio e non lo trova, come se ne avesse bisogno, Maurizio Amato gli mostra l'assegno: il nome del vincitore è stampato su quel cartoncino.
"Il vincitore del primo concorso letterario nazionale Terra di Guido Cavani è...".
Il colore della gioia è luce.
Bianca e accecante.
Ed è potente, perché mi scende dentro e fa trambusti fra gli organi interni.
Rimango abbagliata, sconquassata, non vedo più niente: ha detto il mio nome.
Non ci posso credere.
Ha proprio detto il mio nome: non mi è mai sembrato tanto bello ascoltarlo.
Cammino verso il palco, sento l'applauso dei presenti. Non ci posso credere. Non è una ripetizione, è che questa è la frase che mi gira in loop nel cervello.
Per fortuna sono in balia della gioia, fa tutto lei.
Stritolo affettuosamente le mani di tutti, non posso modulare l'intensità, per i marosi di gratitudine che mi agitano. Mi rendo conto che madre natura mi ha dotato di un sorriso, dannata miseria, che non è abbastanza grande. Quelli che ricevo sono indimenticabili, traboccano pura gioia.
Grazie.
Vibro dentro e fuori, la pelle un fremito.
Grazie.
Ho ricevuto tanto. Tutti noi che eravamo lì, da finalisti, abbiamo ricevuto tanto, grazie all'autentica passione di chi ha organizzato, contro tutto, con impegno, sudore e immaginazione, questo evento letterario nell'espressione di un progetto culturale.
Fare cultura vuol dire favorire la crescita delle persone attraverso la promozione della conoscenza non come valore assoluto e distante dall'esperienza umana ma come metodo e chiave di lettura della vita stessa, e attraverso essa della scoperta e della rivalutazione delle risorse artistiche e letterarie, a volte dimenticate o perdute, di cui il nostro territorio è perfino saturo, in ogni paese, in ogni borgo. Ed è fondamentale perché tutti sappiamo che conoscenza vuol dire libertà, consapevolezza, autodeterminazione. Credo che fare cultura significhi anche promuovere l'attività di chi nutre passioni che, apparentemente, non producono prodotto interno lordo. Capire e far capire che non è così, incoraggiare quel sottobosco fatto di talento muto che spesso, come è scritto nella citazione di Sidney Smith riportata nelle prime pagine dell'antologia intitolata al concorso, "per la mancanza di coraggio viene perso".
Chi ha partecipato al primo concorso nazionale "Terra di Guido Cavani" ha risposto con slancio e con coraggio, allo slancio appassionato e coraggioso di chi lo ha creato: in verità, per quel che posso dire io, chi scrive storie non aspetta altro. La realtà è ostica, fatta di pregiudizi, chiusura, nasate e silenzi, investimenti economici che gli editori, per lo più, fanno volentieri se sei già famoso, oppure se hai un passato da tronista o un presente da velina, e la fatica di cercare spazio resta un'impresa immane per la quale ci si sente folli nel momento stesso in cui la si pensa.
Grazie per averci dato noi stessi, la dignità di essere riconosciuti come scrittori.
Ho lasciato la Rocca consapevole di aver vissuto uno dei miei momenti memorabili: in una vita non ce ne sono molti. Ho portato via con me sensazioni strepitose, l'antologia, strette di mano fiduciose, le congratulazioni di tante persone, perfino un assegno. E una rosa bianca. L'ho ricevuta in dono al termine della cerimonia in un gesto di squisita cavalleria. Con le rose si chiude l'irraggiungibile avventura di Benedetto Pestossi nel mio racconto, e con una rosa si è chiusa quell'indimenticabile serata.