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«Il volontariato? Da laico preferisco le opere della Curia»

Creato il 08 aprile 2014 da Uccronline

BuoniUn romanzo sta facendo discutere in questi giorni, è “Buoni” (Chiarelettere 2014) del giornalista torinese Luca Rastello, il quale ha rivelato le trame poco etiche che si celano all’interno delle onlus (i “professionisti del bene”): stipendi miseri degli operatori, bilanci truccati e poca umanità.

Il protagonista del romanzo è un personaggio di fantasia, don Silvano, prete dal maglione sgualcito e lo sguardo sofferente che predica sulla strada, amico di vip e rock star. Più che don Silvano sarebbe stato meglio chiamarlo don Gallo. Si è tuttavia scoperto che Rastello ha lavorato per anni nell’associazione antimafia “Libera” di don Luigi Ciotti e Adriano Sofri ha affermato che il prete anti-mafia sarebbe proprio il protagonista del romanzo. L’autore ha negato ma per alcuni i dubbi non si sono dissipati (oggi Sofri ha rincarato la dose).

In ogni caso, come spiega in questa intervista l’autore, il messaggio del libro è che «le associazioni di volontariato si sono privatizzate, concorrono sul mercato con le stesse logiche distorte del imprese. Diventano il potere e il contropotere». Rastello non crede più nel volontariato, «da laico adesso trovo più libertà nella Chiesa. Faccio il volontario con la Curia torinese per aiutare i migranti ad ottenere lo status di rifugiato politico».

Come Rastello, non sono pochi i laici che decidono di essere volontari nelle opere della Chiesa cattolica. Proprio in questi giorni è stato presentato il rapporto 2013 della Caritas. Molto bello il titolo de “Il Corriere”: «L’esercito invisibile e disperato che vive grazie alla Caritas». Non solo in Italia, ma anche all’estero: ad Haiti, ad esempio, negli ultimi quattro anni la Caritas ha attivato 146 programmi di sviluppo.

Ma non c’è solo la Caritas, sono innumerevoli le iniziative delle chiese locali, ecco quelle emerse recentemente sui quotidiani: ad Arezzo l’arcivescovo Fontana ha aperto l’ex convento di San Domenico ai clochard; a Brescia lo stesso servizio è riuscito a raddoppiare gli aiuti; a Vigevano la Curia ha avviato un progetto di raccolta fondi per le famiglie colpite dalla crisi economica; a Bergamo i preti della diocesi doneranno il loro intero stipendio alle famiglie più bisognose; a Gorizia è stato attivato dall’arcidiocesi il Fondo straordinario “Famiglie in salita”; a Radio Vaticana ha permesso di svolgere uno stage come giornalista ad un ragazzo affetto da sindrome di Down, Michael Gannon; la CEI ha finanziato un progetto finalizzato ad ospitare madri che potrebbero usufruire di misure alternative alla detenzione, ma che non hanno un domicilio legale.

Molto belle le parole di tre giovani imprenditori di Carpi, Enrico, Giordano e Mattia, che hanno aderito al progetto “Fides et Labor” avviato dal vescovo della diocesi, monsignor Francesco Cavina. «La Chiesa non solo è stata l’unica ad aiutarci, ma ci ha dato il denaro a interessi zero, senza farci firmare nulla. Un rapporto economico basato sulla mera fiducia, sa cosa vuol dire?. Dopo tante parole e promesse tradite da parte delle istituzioni e delle banche, che dopo il terremoto dissero di voler aiutare i giovani, questo gesto concreto è stato una manna. Ci viene una gran voglia di fare bene e di ridare quanto ricevuto ad altri. Non ci sembrava vero che qualcuno volesse aiutarci. E non solo economicamente. Infatti continuiamo ad essere sostenuti: la diocesi ci sta formando per affrontare la burocrazia. E’ strano che un’istituzione presentata come lontana e arcaica alla fine sia l’unica a sostenere veramente le persone senza fare troppi discorsi. Speravo in un aiuto che non trovavo e sono felice che sia arrivato da qui. Perché alla fine nei momenti duri c’è sempre stata solo la Chiesa ad aiutare la gente: subito dopo il terremoto con sostegni morali e materiali e poi con la visita di papa Benedetto XVI, grazie a lui il vescovo ha aperto il fondo».

La redazione


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