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Le luci della villa erano tutte accese, i numerosi quadri vittoriani erano ancora alle pareti nonostante un ladro si fosse introdotto in casa. Le urla femminili echeggiarono nella notte e non c’era nessuno che fosse ancora a letto, sebbene l’orologio avesse appena battuto le quattro.
«Oh, mi sento mancare» sospirò con un filo di voce Mademoiselle Lisette De Saint, prima di svenire tra le braccia del pallido e preoccupato maggiordomo.
La cameriera osservò la cassaforte aperta e vuota, coprendosi la bocca con una mano e gridò con voce stridula «Oddio, chiamate la polizia!»
Corsero a vestirsi, ognuno nella rispettiva camera, ma la cameriera non se la sentì di lasciare da sola la povera lady; sapevano quanto fosse timida e impaurita, e quella notte i suoi nervi erano stati scossi più del dovuto.
Un pallido sole illuminò le strade bagnate di Parigi, sfidando ogni nuvola che osasse sbiadire il cielo, in quella tenue aurora autunnale. La fine del secolo si avvicinava, le carrozze correvano veloci lungo la Senna e i mercanti si ritrovavano nelle piazze, vendendo le loro merci e cantando le canzoni che parlavano dell’eterno amore.
Scostando una foglia ingiallita che aveva appena sfiorato la spalla dell’impermeabile umidiccio, il giovane ispettore Alain Le Ameaux si avviò deciso verso l’ingresso di villa De Saint.
Gli sembrò l’inizio di un giorno particolarmente emozionante per vari motivi.
Entrò nel salotto della nobildonna derubata e si rassicurò parecchio poiché il gioiello più prezioso della casa non aveva subìto nessun danno: sebbene fosse un po’ opaco per via delle perdite subite, lei rimaneva dolorosamente splendente, con la sua pelle di porcellana, i lunghi boccoli ramati e gli occhi di giada imploranti e umidi. Quella preziosa creatura viveva addirittura vicino casa sua, dall’altro lato della strada.
La amava oramai da parecchi anni, a volte la vedeva uscire con il suo cappello bianco e i capelli intrecciati, ogni tanto si incontravano in città quando Mademoiselle andava a fare compere, eppure malgrado la conoscesse da tanto tempo, non aveva mai avuto il coraggio di farle la fatale domanda.
L’ispettore sapeva che avrebbe dovuto lottare con fior di pretendenti, ma questo non lo scoraggiava di certo, anzi gli dava una forte carica.
Dopo un infantile sfogo, la dolce Lisette soffocò la lieve voce nel suo fazzoletto di seta color confetto, compagno inseparabile dei suoi freschi diciotto anni. Le era stato rubato l’anello che la madre le aveva lasciato dopo la sua morte, l’anello che la fanciulla avrebbe dovuto regalare al suo futuro marito.
L’ispettore arrossì e non del tutto convinto delle sue stesse parole, cercò di assumere il tono più persuasivo che poté. «Mademoiselle Lisette, le do la mia parola che le riporterò al più presto la merce rubata. . . i miei uomini sono già in tutte le strade di Parigi, lo troveremo quel delinquente!»
Infondo alla sua anima però, l’uomo fu felice della scomparsa dell’anello, poiché finché l’anello non fosse stato ritrovato, la giovane lady forse, non si sarebbe fidanzata con nessuno. Si vergognò di questi suoi sentimenti, ma oramai lo aveva ammesso a se stesso; era innamorato di quella fanciulla dai lunghi capelli di rame e non sopportava l’idea che ben presto, si sarebbe sposata con uno di quei damerini che le facevano visita per il tè .
Mentre le foglie morte continuavano a cadere dall’alto, come una malinconica pioggia, Alain entrò nel suo studio per sistemare alcune cose. L’impermeabile volò sulla sedia della scrivania e si accese un sigaro, aspirando ampie boccate e riflettendo, prima di tornare per le strade e seguire il caso. Doveva soltanto prendere i documenti da far firmare alla fanciulla, aprì il comodino accanto al letto e cambiò pistola. Pensò ancora a Mademoiselle Lisette e sospirò, più innamorato che mai.
Ma i sospiri si trasformarono in stupore quando posò lo sguardo sulla finestra e la vide spalancata, mentre il freddo vento d’autunno entrava nella stanza. Quella notte era rimasto al commissariato per il turno serale, ma ricordava di aver chiuso bene tutte le porte e tutte le finestre.
Si avvicinò al davanzale e lì, trovò una piccola sorpresa.
Il suo viso impallidì all’istante. Ritornò in fretta e furia a villa De Saint per scagionarsi di fronte a un inevitabile equivoco, molto nocivo alla sua reputazione di ispettore di polizia.
Mademoiselle Lisette sentì le proprie guance infiammarsi, mentre le candide dita stringevano l’anello di sua madre, ritrovato dall’ispettore e consegnato alla legittima proprietaria.
Le lunghe ciglia si alzarono timidamente, cercando nel viso dell’uomo una spiegazione qualsiasi.
Le Ameaux si giustificò in ogni modo che gli era concesso.
«Le giuro, le do la mia parola d’onore, ho trovato il vostro anello sul davanzale della mia finestra, abbiate fede in me! Sono stato tutta la notte alla centrale e decine di agenti possono testimoniare che io non mi sia mai allontanato dal mio ufficio. . . »
«Ho fede in voi» sorrise la ragazza. «Credo che non siate voi il ladro, vi conosco troppo bene. Ma come mai il mio anello era nel vostro studio?»
Non aveva senso che un ladro avesse rubato un anello e dopo l’avesse portato a un poliziotto. L’ispettore non fece altro che ragionare su questa assurda faccenda, la sua coscienza adesso era a posto e decise che avrebbe svelato chi era stato a compiere l’assurdo atto. Si congedò dalla giovane lady e tornò nel suo ufficio in centro, dopo averle fatto firmare la denuncia.
I suoi agenti non avevano scoperto nulla, tranne il fatto che la rapina, come era ovvio, era avvenuta tra le tre e le quattro del mattino.
L’ispettore, moralmente esausto, si rifugiò quella sera nel suo appartamento. Rassegnato, in preda ai dubbi, cercò di scordare l’accaduto poiché l’anello alla fine era stato ritrovato, seppur in una misteriosa maniera.
L’indomani mattina però venne svegliato dal maggiordomo di Mademoiselle De Saint che bussava alla sua porta. Alain gli aprì, il ladro era tornato nella villa e aveva rubato di nuovo l’anello.
La storia si ripeteva, ed era senza via d’uscita anche questa volta. Lo fece accomodare nella sua camera, e fu allora che a entrambi gelò il sangue perché notarono un luccichio sul davanzale della finestra aperta. L’anello rubato.
«È assurdo!» urlò Alain rivolto al maggiordomo. «Vi giuro che non ne so nulla, l’ho visto proprio in questo momento assieme a voi!»
Entrambi furono d’accordo sull’innocenza dell’ispettore, però si doveva mettere fine a quel pasticcio. A che gioco stava giocando il ladro?
C’era un solo modo per scoprirlo. Quella notte stessa tutto si sarebbe chiarito.
Il buio incombeva nella stanza. L’unica luce era una striscia luminosa che penetrava attraverso il vetro della finestra e si espandeva sul pavimento.
Alain Le Ameaux, rannicchiato dietro una poltrona, si faceva sempre più piccolo, cercando di mimetizzarsi il più possibile nell’ombra proiettata dall’orologio a pendolo. Due dei suoi uomini erano nascosti dietro le tende, ovunque regnava un silenzio sinistro e agghiacciante.
I rintocchi erano già giunti a tre, mentre aspettavano che l’insolito ladro si presentasse nuovamente. Lo aveva già fatto due volte consecutive, perché non avrebbe dovuto rifarlo una terza? C’era solo da aspettare.
D’un tratto si sentì un leggero rumore, come se qualcuno avesse appoggiato una scala per salire.
«Ci siamo, tenetevi pronti» sussurrò Alain ai suoi uomini.
La finestra si spalancò e sui raggi della luna scivolò dentro qualcuno avvolto in un lungo mantello bianco, come un’ombra nella notte. Si avvicinò alla cassaforte che custodiva il prezioso gioiello.
L’ispettore si lanciò sul misterioso ladro, che sentendosi bloccato reagì con forza e diede inizio a una movimentata gara senza controllo di istinti. Il mantello si agitava con violenza e fuggiva, ma veniva riacciuffato e nuovamente scivolava via, per poi lanciarsi in una nuova fuga verso la finestra.
All’improvviso un graffio. Alain sentì sulla mano l’affondare di unghie affilate e sottili, unghie che difficilmente potevano appartenere a un uomo.
Costrinse quel volto a farsi illuminare dalla luna, trascinandolo a fatica sotto la finestra. In quel momento il maggiordomo e gli altri della servitù entrarono con le lampade e illuminarono la stanza.
L’ispettore osservò quel viso, e subito dopo iniziò a tremare.
Era davvero una donna, era Lisette De Saint.
Aveva le pupille inespressive, come se il suo sguardo fosse vuoto e sperduto, vagante in chissà quale luogo oscuro. Si resero tutti conto che era sonnambula.
Il lungo mantello bianco non era altro che il suo pigiama da notte. La accompagnarono a letto e la vegliarono per tutta la notte, increduli e angosciati, ma in qualche modo tranquillizzati.
L’indomani mattina la fecero visitare dal dottore, mentre Le Ameaux rigirava il famoso anello ancora sconvolto. Alla fanciulla non dissero nulla per non farla preoccupare ulteriormente, almeno per il momento.
«Ogni uomo ha due volti» spiegò in privato il dottore. «Uno lo mostra agli altri, l’altro è il suo vero io. Credo che Mademoiselle abbia represso la sua personalità, mostrandosi sempre così debole e impaurita, anche se in realtà non lo era affatto. L’impulsività veniva soppressa durante il giorno per dar sfogo ai suoi istinti durante la notte. Questo ha creato la forma di sonnambulismo.»
«Ma allora come spiega la faccenda dell’anello?» batté il pugno sul tavolo Alain.
«Se mi permette ispettore. . . credo sia stata una semplice trappola per attirarvi a casa sua e darvi l’anello di fidanzamento senza che lei ne fosse realmente cosciente. Ho ragione di credere che voi siate il suo unico pensiero.»
Il giovane arrossì violentemente, non riuscendo a credere che fosse vero: il suo sogno si era avverato, anche se in un modo a dir poco illogico.
«Ebbene» sghignazzò il dottore, divertito da quella incredibile storia. «Avete intenzione di restituirlo ancora quell’anello? Credo che lei continuerà a portarvelo sopra la finestra finché non avrà il coraggio di accettare i suoi sentimenti per voi.»
Alain indossò il suo fedele impermeabile. «Vado dalla mia Mademoiselle.»
«Allora le restituirete l’anello?» volle sapere il dottore.
«No. Vado a chiederle di sposarmi, adesso sono sicuro che anche lei mi ama. È incredibile, per anni ho atteso un cenno e non ho aspettato altro che un furto!»
Si mise a ridere e uscì, infilandosi l’anello al dito.
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