Martirio di San Giovanni Battista – Masaccio
La forza di una civiltà sta anche nell’immagine con cui rappresenta i propri nemici, una civiltà salda non avrà problemi a riconoscere l’avversario, combattendolo in nome di una presunta diversità. Questo non accade oggi. La civiltà occidentale è profondamente in crisi, prigioniera di uno sviluppo fondato sul denaro, un progresso economico che travolge ogni differenza in nome del valore della moneta. Possiedo quindi sono. Ma anche un mondo dove le uniche differenze sono date dal potere d’acquisto, una società dove la classe diventa transnazionale, al di sopra di ogni barriera etnica o geografica. Ma le resistenze sono molte.
Il mondo globalizzato distrugge lo stato nazione come lo intendiamo comunemente, i confini territoriali non servono più a nulla, teoria cara all’anarcoliberismo che in Europa non ha mai preso troppo piede. Una società del genere complica anche il senso di appartenenza ad una comunità, mentre l’internazionale dei ricchi si trincera nei suoi fortini a Milano come a Nairobi. Eppure oggi è in corso una costruzione del nemico profondamente caratterizzata in senso identitario, una situazione che rischia di esplodere per le sue contraddizoni interne. La lotta al terrorismo islamico porta alla criminalizzazione dell’islam tout court, senza troppo considerare cosa significhi essere islamico.
Oggi si è scelto di coinvolgere il “pubblico” come parte integrante delle forze in campo, in una social battle. Se tutti siamo in guerra la guerra diventa lo stato naturale, quindi non esiste in quanto stato d’eccezione. Ma la massa non sottilizza troppo, lo Stato Islamico risponde ai dettami del Corano quindi l’Islam è nemico, poco importa se questo può danneggiare il mercato. Musulmano è infatti anche il ricco sceicco arabo così importante per l’economia europea, musulmani sono i commercianti delle periferie. La lotta è anche tra politica ed economia, portatrici di visioni della realtà diametralmente opposte. Dall’imperialismo fase suprema del capitalismo al liberismo come baluardo a difesa della libertà?
L’Occidente non ha radici, non le trova, non riesce a crearle navigando a vista verso il futuro, giorno per giorno. Si è rincorsa l’identità del boia dell’ISIS per fare audience, in un delirio mediatico che ha taciuto il fatto che i boia esistono anche fuori dal Califfato, perdipiù in contesti “di pace”. Ma siamo in guerra o no? Se siamo in guerra ai fondamentalisti islamici dovrebbe essere riconosciuto lo status di combattenti, quindi i terroristi di casa nostra sono prigionieri di guerra non processabili dalla magistratura ordinaria. Ma stavamo parlando del volto del boia, della ricerca spasmodica della sua identità.
Quando pensiamo alla parola boia viene spontaneo pensare ad una persona incappucciata. In quel momento il boia non è il portatore di un volto, ma l’espressione di un’idea giusta o sbagliata che sia. Il volto viene, anche solo metaforicamente, celato per dare espressione al gesto, la punizione del trasgressore. Tentare di identificare quel volto significa avere paura delle idee, non sapere come reagire alla diversità, portatrice della visione di un mondo altro. La correttezza della propria idea viene pretesa a priori in quanto esistente. Non conoscere il nemico significa non poterlo sconfiggere. Ma dare un volto ad un’idea significa anche normalizzarla, renderla parte del quotidiano.
L’incapacità di affrontare il fondamentalismo islamico su un piano ideale lo rende più vicino, accessibile e terreno, col risultato che diventa ancora più attraente in quanto raggiungibile. In più, criminalizzare il boia dandogli un volto significa criminalizzare tutti quelli che a quel volto sono assimilabili, vale a dire i musulmani che vivono all’interno dell’Occidente. Il volto del boia diventa il volto di Abdul, Amir e Gamila creando una situazione esplosiva. Significa dire loro siete come il boia, siete dei nemici. Ben diverso sarebbe dare loro la possibilità d’integrarsi in una visione del mondo diversa da quella del boia, riflettendo sui motivi delle loro scelte; invece li si obbliga ad essere diversi da quello che sono per essere forse accettati.
La lotta al fondamentalismo islamico si inserisce in una guerra interna all’Occidente, creando ulteriori linee di frattura trasversali nella società. Combattere un nemico senza sapere chi si è, cosa si vuole non può che portare alla sconfitta, mentre la Storia fa il suo corso. L’unica strada è l’integrazione e l’apertura al diverso. Il fatto che giovani spesso benestanti decidano di arruolarsi in una causa come quella fondamentalista dovrebbe far riflettere non su quanto siano attraenti quelle idee ma su quanto poco lo sia quella d’Occidente.