Magazine Cinema
di Pappi Corsicato
con Laura Chiatti, Alessandro Preziosi
Italia 2013
genere: grottesco, surreale
durata, 84
Da sempre autore di un cinema citazionista e cinefilo, grottesco e surreale, Pappi Corsicato deve molto a Marco Müller. Fu quest'ultimo infatti a riportarlo all'attenzione del pubblico e della critica presentandolo in concorso a Venezia con "Il seme della discordia" (2008) arrivato dopo una pausa dovuta anche all'ostracismo produttivo operato nei suoi confronti. Una scelta che in qualche modo si è ripetuta nell'odierna edizione del festival di Roma dove ancora una volta è stato il direttore sinologo ad inserire "Il volto di un'altra", ultima fatica del regista napoletano, tra i film selezionati per il concorso internazionale. Un segno di stima che inevitabilmente ha fatto lievitare quotazioni ed aspettative nei confronti del film.
Una tendenza al rialzo che la trama sembrava confermare, con una storia incentrata sul tema della bellezza e sul senso di identità che un personaggio come Bella (Laura Chiatti), angelica come un quadro di Raffaelo e crudele alla maniera di Crudelia De Mon, sembrava poter incarnare alla perfezione. Capita, infatti, che la ragazza, sposata a un chirurgo plastico (Alessandro Preziosi biondo e levigato) e sul punto di essere licenziata dall'emittente per la quale conduce un famoso programma televisivo, sia vittima di un incidente che le offre l'opportunità di ribaltare la situazione a suo favore. Fintamente deturpata e intenzionata a farlo credere al resto del mondo per incassare i soldi dell'assicurazione, la donna è aiutata nel suo scopo dal consorte in bancarotta e dall'operaio che inavvertitamente era stato responsabile di quell'infortunio.
Se le premesse del film erano scoppiettanti per la scelta di declinare argomenti universali e anche per l'abilità di Corsicato di saper guardare fuori dal proprio orto, cogliendo in maniera giocosa gli aspetti deteriori della nostra società - con un allestimento di personaggi secondari come quello della famiglia appostata di fronte alla clinica dove Bella è ricoverata a rappresentare un immaginario collettivo drogato di un voyeurismo morboso e sensazionalistico, oppure della suora opportunista e fedele alla religiosità del tornaconto personale - questa volta il melting-pop costruito dal regista non riesce a sostanziare le intenzioni. La presenza di cultura alta e bassa, il ricorso a citazioni non solo cinematografiche - in questo caso si potrebbe andare dal Billy Wilder de "L'asso nella manica" ai fratelli Coen negli inserti onirici, solo per citarne due a caso - ma appartenenti alla moda e alla pubblicità, con costumi e situazioni riprodotte da un noto reportage fotografico di Steven Meisel, non creano il cortocircuito sperato. Corsicato è bravo a lavorare sugli accessori, con un feticismo capace di trasformare il senso degli oggetti: è il caso della bendatura che copre per buona parte del film il viso di Laura Chiatti, diventando gradualmente, in quanto maschera, il simbolo della dicotomia tra realtà ed apparenza, oppure del sanitario che rischia di sfigurare il volto della donna e che, nell'accostamento con il simbolo della bellezza femminile, diventa in maniera irrisoria la misura della sua vanità. Una deriva escatologica presente più volte nel corso della vicenda che non a caso culmina nella rottura delle tubature della clinica, con i degenti inondati di escrementi a simboleggiare il valore culturale e morale di un'epoca che sta andando alla deriva. Ma anche questa trovata insieme alla palingenesi prospettata dalla caduta di un meteorite sembrano delle freccie spuntate, incapaci di far male e appena sufficienti per un sorriso che rimane a metà strada.
(pubblicato su ondacinema.it)
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