Negli ultimi giorni non si fa che parlare del titolo “Il Web è morto, lunga vita al Web” che appare sulla copertina del numero di settembre di Wired Usa.
Al centro dell’attenzione c’è un grafico Cisco che mostra come negli ultimi anni la percentuale del traffico Web sia diminuita a vantaggio di applicazioni, programmi di condivisione, video ecc.
“Ti svegli e controlli la posta sull’iPad con un’applicazione. Durante la colazione ti fai un giro su Facebook, su Twitter e sul New York Times, altre tre applicazioni. Mentre vai in ufficio, ascolti un podcast dal tuo smartphone. Un’altra applicazione. Al lavoro, leggi i feed RSS e parli con i tuoi contatti su Skype e attraverso l’Istant messaging. Altre applicazioni. Alla fine della giornata, torni a casa ti siedi a cena, ascolti musica sulla Web radio Pandora, giochi con il servizio online della console Xbox, guardi un film in streaming su Netflix. Hai passato l’intera giornata su Internet, ma non sul Web. E non sei il solo”.
Personalmente non vedo tutta questa differenza tra “navigazione” (come può essere la lettura di un quotidiano online) e, ad esempio, la lettura dei feed RSS.
Ho sempre associato Internet al concetto di libertà, e la libertà presuppone che ognuno possa fruire il Web come gli pare.
Ciò che trovo davvero preoccupante è quando questi strumenti non vengono utilizzati “cum grano salis”, quando si perde il buonsenso e se ne abusa, quando si pensa che le relazioni sociali e la solidarietà possano essere sostituite da un messaggio.
Qualche giorno fa una mia cara amica è stata vittima di un grave lutto, e la gente le ha fatto le condoglianze sulla bacheca di Facebook.
Non è il social network il problema, sono quelli che lo usano in modo imbecille.