Magazine Diario personale

Il weekend.

Creato il 24 gennaio 2015 da Denise D'Angelilli @dueditanelcuore

Se vuoi venire qui puoi farlo, quando vuoi. È già tutto preparato minuziosamente, come se non avessi fatto altro da quando sono nata. Per esempio puoi arrivare il venerdì sera e io posso venire a prenderti in stazione appena esco dall’ufficio, o magari puoi venire tu con la metro e poi col tram numero due, così ti faccio alzare il naso e ti dico “vedi, io lavoro lissù, al quattordicesimo piano”. Possiamo riprendere la metro e ti piacerà perché prende il 3G. Possiamo andare a mangiare in uno dei posti che mi piacciono e che di solito frequento da sola, puoi prendere anche il caffè, se lo prendi tu la puzza non mi dà fastidio. Puoi dirmi di quanto sia bella e dannata la mia città e io posso dirti che qui vada comunque tutto bene, che mi manca San Lorenzo ma ci sono le Colonne, che il lungo Tevere è romantico ma, a modo suo, può esserlo anche piazza Duomo. Poi possiamo andare a casa e mi puoi guardare un po’, ma poco, perché poi divento rossa. Possiamo anche fare altro perché sì, io sarei sicuramente nervosa, probabilmente lo saresti anche tu, ma sarei comunque meno nervosa dell’ultima volta che ci siamo visti, quando mi veniva da vomitare perché era la prima volta che ci vedevamo da soli e non sapevo che cavolo dirti, e allora ho iniziato a dire tutte cose a caso come faccio sempre quando vorrei sprofondare nell’asfalto. Avrei voluto stare con te altre cinque ore pure lì, fermi, piantati al semaforo a non dirsi proprio un cazzo di niente, ma non è stato possibile, e allora possiamo stare fermi piantati qui, nella mia stanza gigante e che ancora non ho personalizzato come vorrei e dovrei. Magari puoi dirmi cosa dovrei attaccare secondo te sulle pareti, possiamo guardare il catalogo dell’ikea e decidere che copripiumino dovrei comprare, e che candele, basta che non sono alla cannella. Possiamo addormentarci anche se siamo sudaticci e, ti prego, non dormiamo schiena contro schiena come due estranei. Ho imparato a farmi abbracciare. Il sabato se piove lo possiamo passare sotto le coperte a guardare le serie tv o a prendere in giro quelli di Amici ma in streaming perché la tv non ce l’ho, però ho un hard disc pieno di film di Woody Allen. Posso recitarti la scena del critico al cinema di Io e Annie e poi possiamo riemergere dalla camera e bere il The delle cinque con le mie amiche coinquiline che mi diranno che sono una stupida perché non ti tratto come dovrei, perché rovino sempre tutto per paura di avere una cosa troppo bella tra le mani, e tenteranno di convincerti a sopportare un po’ perché piano piano migliorerò. Ascoltale, ti supplico. La sera possiamo finalmente mettere il naso fuori casa e posso portarti a conoscere le persone della mia vita. Possiamo poi prendere un taxi da sbronzi e fumare sempre in camera mia, respirare profondamente e ridere fino a svegliare tutto il palazzo. Mi dirai se ti piacciono i miei amici, io ti dirò che a loro piaci, tanto lo so già. La domenica mattina possiamo dormire abbracciati come se fossimo all’aperto e possiamo alzarci all’ora di pranzo, mangiare due kellog’s e uscire a camminare alle due del pomeriggio, quando nessuno esce di cosa e puoi anche camminare in mezzo alla strada. Quando i bus sono vuoti, le strade silenziose, i negozi chiusi. Poi possiamo prendere il tram insieme alle 18 con la pioggia che batte sui finestrini e li appanna e ci perdiamo, poi però purtroppo arriviamo comunque a destinazione e tu sali sul treno. Io posso tornare nello sconforto e posso picchiettare sul vetro dall’esterno come fanno le persone innamorate, farti un cuoricino col dito sul finestrino e salutarti con la mano, mentre tu sparisci nella nebbia. Tu puoi mandarmi un messaggio cinque minuti dopo per dirmi che sei stato bene, che tornerai presto, che Milano è più bella di quanto tu potessi immaginare, e che non mi lascerai più.



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