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“Ilarità” per il concorso di CastelloVolante

Da Flavialtomonte

Ho conosciuto la casa editrice Il Castello Volante attraverso il blog di Morena Fanti, e quando ho saputo che era gestita da scrittori pieni di iniziative non ho aspettato altro che un loro concorso per collaborarvi subito. Detto, fatto!
I primi giorni di luglio è uscito il bando del primo concorso letterario di CastelloVolante. Mi accorgo del bando quasi in ritardo e – come ho sempre fatto nelle scadenze – ho aperto una pagina di word e in pochi minuti ho scritto il mio racconto dalle 3500 battute circa e l’ho inviato alla redazione. Ci tengo alla puntualità!

“Ilarità” per il concorso di CastelloVolante

Qua trovate il bando, e di seguito il mio racconto.
Buona lettura! :)

Ilarità
di Flavia Altomonte

Il pallido pomeriggio è giunto al termine insieme alle mie ilarità. «Ilarità» penso, dando peso al significato della parola, allegra e scomposta, che ripeto un paio di volte per tenerla a mente. La scrivo. Accedo su facebook dal mio pc, nome utente e password, ma cosa succede? Mi abituo ancora una volta al nuovo aspetto del social network, lo squadro da cima a fondo, mi piace. Il cellulare ha smesso di simulare l’ultimo rintocco di un campanile. Il vintage va sempre di moda, anche i pantaloni strappati che indosso sono a passo coi tempi. Qualche anno fa li avrei usati a Carnevale insieme a qualche scritta punk. E invece il carnevale scorso mi sono travestita da cartone animato, e quando Tania mi ha chiamata dicendomi “Bea? Il tema di quest’anno sono i personaggi della Disney. Vieni con me? Ho bisogno di te” mi è tornata in mente una foto di molti anni fa in cui, vestita da principessa Sissi, facevo le smorfie a mia sorella da strega di Biancaneve. Con qualche taglia in più quel vestito mi sarebbe arrivato al ginocchio, ma mi stava così bene che la voglia di ridossarlo mi ha accompagnata al ballo in maschera sotto le vesti di Raperonzolo.
Più che un costume di carnevale lo sentivo addosso come un costume di scena – poco male per la mia età – quell’anno mi aggiudicai il titolo di “Miglior maschera Disney” e il premio è ancora sul mobile della cucina di fianco al forno.
«Ilarità» sono stati momenti di ilarità, specialmente il costume di Tania da Sirenetta che – anche lei – si fece cucire identico all’originale, compresa la coda di pesce. Per stare al suo fianco dovevo  muovermi a piccoli passi mentre lei a gambe strette non staccava gli occhi da terra. Quando finalmente arrivammo alle sedie, prima le sistemavo le pinne con fatica e poi mi accasciavo con la sensazione di rilascio. Io la psichiatra, lei la paziente.
Oggi l’unica parola che mi viene in mente ripensando all’ultima festa di carnevale insieme a Tania è «Ilarità» che scelgo come stato attuale di facebook.
Ilarità, e qualche minuto dopo, piace a quattro persone: Tania, Walter, Sofia e Graziella.
Un commento di Tania allude subito al ballo in maschera dello scorso anno, insieme a un maiuscolo grazie. Questa parola era ormai  parte integrante della serata. Non smetteva di ripeterla e ridere. Sarà stata la musica da discoteca o sarò stata io ma quel giorno ha riso come non mai. Si stava divertendo. Ed io ero felice, perché finalmente riuscivo a vederla sorridere dopo diciotto anni di terapia, e mi rendevo conto che stava superando il trauma.
Finisco di bere il succo e stacco. Penso ancora a Tania mentre mi vesto.
La chiamo. Prendo il cellulare, compongo il numero che ancora ricordo, afferro la borsa, tiro via il camice dall’appendi-abiti e corro a lavoro mentre il telefono suona e Tania non risponde.
«Ilarità». Arrivo allo studio e riprovo a chiamarla dal telefono fisso. “Rispondi, rispondi, rispondi”.
Pronto! Tania?” e dall’altra parte del telefono riuscivo a sentire una voce serena.
Oggi ti pensavo.” Era contenta di sentirmi e di sapere che la stavo pensando, ha esitato un sorriso che avrei riconosciuto in mezzo a tanti.
Sono contenta che questi anni di cura abbiano funzionato.” Mi ringrazia, dice che domani verrà a trovarmi, e che verrà in macchina. Gioisco. Non avrà bisogno di essere tranquillizzata questa volta perché mi svela che è la quinta volta che guida dal trauma, da vent’anni. «Ilarità».


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