Ilunga Mwepu un mito!
di Lorenzo Longhi
(su http://sport.sky.it/sport/calcio_estero/2010/03/01/mondiali_mwepu_ritratto.html)
Premessa obbligatoria a questo post è richiamarne uno precedente: “Zaire 1974: da non credere!”
Direi che ne è la continuazione ideale!
(su: http://antoniovesp.wordpress.com/2009/06/26/zaire-1974-da-non-credere/)
Quella partita, Ilunga Mwepu, non avrebbe nemmeno dovuto giocarla. Quattro giorni prima il suo Zaire, prima nazionale dell’Africa subsahariana a qualificarsi per la fase finale di un Mondiale, aveva perso rovinosamente (0-9) contro la Jugoslavia, ridotto per più di un’ora della gara in dieci uomini a causa di un’espulsione.
Un calcetto a tradimento nei confronti dell’arbitro colombiano Delgado provocò l’espulsione dell’attaccante Mulamba N’Diaye. Fu uno scambio di persona: era stato proprio Mwepu, per sua stessa ammissione, l’autore del gesto. Ma Delgado non volle sentire ragioni e cacciò N’Diaye. Così Ilunga Mwepu, sabato 22 giugno 1974, poté scendere in campo nella partita che gli regalò imperitura memoria.
Quel giorno, a Gelsenkirchen, andava in scena l’ultima partita del girone B dei Mondiali organizzati dalla Germania Ovest. Lo Zaire era già eliminato, avendo perso contro la Scozia (0-2) prima e la Jugoslavia poi. Di fronte, i campioni uscenti del Brasile, ormai orfano di Pelé, cui serviva la vittoria per passare il turno. Tutto facile: Jairzinho nel primo tempo, Rivelino e Valdomiro nel secondo avevano già messo le firme sul 3-0.
Ma quando, a cinque minuti dal termine, Kilasu atterra Valdomiro ai venticinque metri e l’arbitro rumeno Rainea decreta la punizione, nessuno dei 35mila spettatori del Parkstadion immagina ciò a cui sta per assistere. Lo Zaire forma la barriera, Rivelino è l’incaricato della battuta. Rainea fischia, il brasiliano temporeggia e Mwepu Ilunga, il numero 2 della formazione africana che si trova all’estremità destra della barriera, inaspettatamente, esce correndo dal muro africano e spara il pallone a distanza siderale.
Rivelino è spiazzato, Rainea estrae il cartellino giallo e Jairzinho – quello con i capelli alla Jimi Hendrix – non riesce a restare serio. Ilunga Mwepu diventa un’icona naif, un amatore catapultato in un mondo di cui nemmeno conosce le regole più elementari. E per questo ancora oggi c’è chi realizza e vende magliette con stampati il suo nome e il suo volto.
La faccia visibile della medaglia, tuttavia, non rende onore alla realtà. Mwepu allora aveva 25 anni, giocava nel Mazembe e, con lo Zaire, pochi mesi prima aveva vinto la Coppa d’Africa e si era qualificato comodamente ai Mondiali. La squadra, allenata dallo jugoslavo Blagoje Vidinic, era l’orgoglio del dittatore Mobutu che, nove anni prima, aveva preso il potere con un colpo di Stato. Per quel successo, ai giocatori aveva regalato case e automobili, creando malcontento e gelosie tra i funzionari del regime. Fu la causa di tutto.
Nel 2002 la Bbc scovò Mwepu a Kinshasa, e le parole dell’ex calciatore spiegano i motivi profondi, e drammatici, di quella che al mondo è parsa una scena degna di scherno: “Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa, ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9-0 con la Jugoslavia gli uomini di Mobutu ci vennero a minacciare. Se avessimo perso con più di tre gol di scarto dal Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa”.
Al minuto 85, quello della punizione, il Brasile vinceva 3-0 e sulla palla c’era Rivelino, uno specialista. “Fui preso dal panico e calciai il pallone lontano. I brasiliani ridevano, pensavano fosse divertente”. Il gesto, in effetti, ruppe gli schemi, la punizione non produsse alcunché, la partita finì 3-0, i giocatori dello Zaire poterono fare ritorno a casa. Ma Mobutu non perdonò la figuraccia, fece cadere nell’oblio calcio e calciatori e, per riparare a quello che ritenne un danno d’immagine per il suo sanguinoso regime, nell’ottobre del 1974 fece organizzare nella capitale Kinshasa lo storico match di boxe tra Muhammad Alì e George Foreman.
Ma quella punizione è entrata nell’immaginario collettivo e rappresenta una delle sequenze più singolari dell’intera storia dei Campionati del Mondo. Un aspetto che non ha impedito allo stesso Ilunga di scherzarci su quando, nel 1998, l’inglese ITV lo ha invitato a prendere parte a uno sketch comico della trasmissione Fantasy football league, con un risultato davvero esilarante.
Le risate non hanno comunque seppellito l’amarezza. Tornati in Africa, i giocatori si trovarono ad essere quasi dei diseredati. Le promesse della vigilia, gli incarichi tecnici e dirigenziali in seno alla federazione, i pagamenti: nulla di tutto questo. “Mobutu, stando a quanto ci venne detto, ci riteneva responsabili di avere riportato indietro di vent’anni l’immagine del calcio africano. Oggi vivo come un vagabondo. Potessi tornare indietro, mi metterei a lavorare per fare il contadino”. Non il calciatore, ed è uno strano destino per chi pure ha realizzato il sogno comune a milioni di bambini: giocare un Mondiale.