(c) 2001 Giornale del Popolo, 20.12.2011
Versione italiana del mio intervento (in inglese...) alla serata organizzata dalla Camera di Commercio del Canton Ticino all'Hotel Parco Paradiso il 19.12.2011.
E’ l’ora dei telegiornali. Le sette, le otto, le nove di sera. Come parlare del mondo ? Lo mostriamo com’è o lo trasformiamo in una cena da digerire rapidamente ? Senza le immagini che disturbano, disturbano davvero ?
Vogliamo un mondo digeribile ? Un mondo take-away ? Pago, prendo, consumo. Quanto voglio. E se non mi piace, lo butto.
Punto interrogativo. Enorme.
Alla ricerca di risposte. Questo, signore e signori, è il mio obiettivo questa sera.
Sono un reporter che racconta le guerre. Invio, nelle case della gente, racconti da zone investite dalla guerra e di persone imprigionate dentro la guerra.
Ma combatto anche la mia guerra personale.
Credo nella forza delle immagini. Nell’energia sovversiva delle immagini.
Ci siamo abituati alla frase che le immagini – alcune immagini – sono INSOSTENIBILI. E a causa di questo peso, che ne asserisce la loro improponibilità, decidiamo (decidiamo ?) di non mostrarle. Non sto parlando di immagini necessariamente brutali. Sto parlando – sto specialmente parlando – di dolore, ingiustizia, prepotenza, violenza, sopprusi, emarginazione sociale, economica. Anche questi contenuti, apparentemente, rendono le immagini insostenibili.
Chi prende questa decisione (la decisione di non mostrare queste immagini) ? Basandosi su quali paramteri ? Parametri personali, professionali – giornalistici -, morali, etici, sociali ?
Questa domanda è condannata a restare senza risposta. Nessuno sa o vuole dirci perché alcune immagini non vengono mostrate, perché vengono giudicate improponibili.
Insostenibili (improponibili) per chi prende la decisione di non mostrarle o per chi queste immagini divrebbe poterle vedere ma non le vedrà mai ?
Il giudizio giornalistico, etico, morale non è altro che una maschera. Per coprire, direi piuttosto nascondere la verità.
Quale verità, chiedo io ?
La mia risposta è : l’energia straordinaria delle immagini, la forza rivoluzionari e sovversiva delle immagini. Questa è la verità custodita dentro ogni immagine.
La verità è nelle immagini. In ogni singola immagine. La verità, signore e signori, non è un pezzo giornalistico di carattere argomentativo. La verità non è spiegazione. La verità è evidenza.
La verità è nell’assenza di parole. Cio’ che non sopportiamo, cio’ che non osiamo sopportare, portare, sostenere nel momento in cui decidiamo di non mostrare una immagine è l’energia di questa immagine.
Questa energia, se lasciata libera, puo’ cambiarci. Ci rende capaci di sentire gli altri, di sentire con gli altri. Crea il miracolo di una sottile, magica comunicazione fra noi, gli spettatori e osservatori, e l’immagine. Fra noi e il contenuto di una immagine.
Questa magia puo’ spingerci a rifiutare il mondo cosi’ com’è. L’energia rivoluzionaria delle immagini puo’ provocare una rivoluzione nel nostro modo di vedere e vivere il mondo. Puo’ trasformarci in rivoluzionari.
I centri di potere dell’informazione, che sono collegati con altri centri di potere, politico, economico eccetera, non hanno alcun interesse nella rivoluzione. La rivoluzione è fastidiosa, pericolosa. La rivoluzione minaccia lo status quo.
La rivoluzione minaccia l’idea che il mondo sia davvero come ce lo mostrano i telegiornali.
Il mondo non è cosi’.
Ho parlato di rivoluzione, signore e signori. Della rivoluzione dentro le immagini. Parliamo ora di rivoluzione, della rivoluzione in Egitto.
Abbiamo trascorso un anno ricco di avvenimenti. Siamo stati testimoni della primavera araba, dell’insurrezione araba. Questo straordinario movimento esploso in Africa del nord e giunto fino in medio Oriente è ancora davanti ai nostri occhi.
Sono stato in Libia, Egitto, Tunisia. Ho parlato con rifugiati siriani, li ho visti arrivare in Libano e in Turchia. Ho incontrato giovani attivisti siriani che cercavano disperatamente di fare uscire dal loro paese le immagini che avevano filmato. Per lasciarle libere di raccontare la verità.
Il Medio Oriente sta cambiando. Non sarà mai piu’ com’era prima.
La primavera araba riguarda la politica, la democrazia, non c’è dubbio. Eppure, per chi vi è parla, è equivalsa, sin dagli albori, alla scoperta del soggetto, dell’individuo. Questo è il mio punto di vista personale, l’angolo dal quale osservo gli eventi che stanno modificando il Medio Oriente.
Le popolazioni nei paesi arabi stanno manifestando e combattendo per il loro valore di individui. La rivoluzione, o dovrei dire : le rivoluzioni, sono una espereineza straordinaria che ha condotto i cittadini alla scoperta del loro valore individuale di soggetti.
La rivoluzione è una esperienza collettiva, è vissuta collettivamente. Tuttavia all’interno di questa collettivitàogni persona ha la sua voce. Ogni persona è diventata un soggetto. Giovani, uomini, donne : tutti hanno fatto l’esperienza della propria rinascita. Sono rinati come individui, come soggetti che osano dire quello che pensano, cosa vogliono e soprattutto cosa non vogliono.
Il nuovo cittadino del Medio Oriente è l’essere umano inteso come soggetto, come progetto di vita, come potenziale. Siamo ancora di fronte a un processo fragile : ci sono state elezione stravinte dai movimenti islamici, c’è un esercito (in Egitto) che commette crimini, c’è inquietudine e insicurezza (in Libia), ci sono scontri armati e morti ogni giorno in Siria, eccetera.
Tutto puo’ ancora cambiare. E la situazione puo’ senza dubbio peggiorare. E tuttavia non c’è ritorno da un risultato acquisito : dall’ «io sono».
Questo è il nuovo Medio Oriente : la gente ha scoperto il proprio valore, nascosto, soffocato per anni e anni, manipolato dai governi locali e dalle superpotenze mondiali.
La primavera o le primavere arabe hanno portato la gente da un’era del NON parlare a un’era nuova del PARLA FINO A CHE TI RIMANE VOCE.
Ci vorrà del tempo per sistemare le cose, per reinstaurare una sorta di ordine, che pero’ non va inteso come la supremazia dello stato poliziesco sull’ndividuo. La gente non lo accetterebbe piu’.
La primavera araba è un esempio per le democrazie occidentali. Dovremmo tutti e sempre richiamare i nostri governi alle loro responsabilità. Dovremmo sempre verificare che le nostre democrazie – le cosiddette democrazie modello – funzionino davvero come tali.
Dovremmo insegnare la primavera araba nelle scuole. Dovremmo portare, nei programmi scolastici, la storia mentre si sta facendo.
La primavera araba è stata (e lo è ancora) documentata in maniera preponderante da immagini registrate con i telefonini.
Questo fatto ci dice due cose. Primo: la scoperta del soggetto nel corso delle rivoluzioni arabe va di pari passo con la scoperta della soggettività. Vedo il mondo con i miei occhi e voglio mostrarlo a altre persone. Cosi’ come lo vedo io.
Secondo : le immagini possono davvero fare la rivoluzione. Le immagioni non soltanto mostrano o hanno mostrato la rivoluzione. L’hanno fatta, l’hanno fatta circolando nel mondo. Queste immagini sono state lasciate libere di esprimere la loro energia sovversiva. La loro energia rivoluzionaria.
Le abbiamo viste in modo particolare sul web. New media. La televisione arriva in ritardo. Troppo in ritardo. Forse irrimediabilmente troppo tardi.
I telegiornali della sera non hanno mostrato tutte le immagini della rivoluzione araba (cosi’ come non avevano mostrato in precedenza molte immagini di altri fatti relativi al Medio Oriente) : alcune di queste immagini erano state giudicate insostenibili, troppo forti.
Ora, credo che voi ormai sappiate come la penso : queste immagini non sono state mostrate perché erano troppo vere. Perchè il loro contenuto diceva la verità, mostrava la verità. E la verità, signore e signori, quando è raccontata con le immagini, è sembre fastidiosa.
Queste immagini rivelano che le popolazioni nei paesi arabi non sono masse incapaci di vivere in una democrazia moderna, come molti pensavano e ancora pensano.
Sono soggetti. Soggetti appena nati.
La vita, per loro, è difficile ma entusiasmante.
Un mio caro amico, che vive a Kabul, Afghanistan, fra Humwees americani che sfrecciano per le strade e organizzazioni umanitarie inefficenti, un giorno mi disse : « E’ molto dura vivere qui. Ma che cosa possiamo farci ? La vita è obbligatoria ».
Le primavere arabe ci mostrano che la vita puo’ essere anche straordinaria. A condizione che sia data la possibilità di viverla da protagonisti.
Vi ringrazio.