Remota e quasi estranea, così appare ai nostri occhi l’immagine dell’Italia patriarcale e contadina d’antan.
“Sono scomparse le lucciole dalle campagne” lamentava Pasolini. E come le lucciole rischiano di scomparire la nostra identità e il nostro patrimonio culturale, se non sapremo scavare pazientemente nel nostro passato, frugando nei luoghi più riposti della memoria, alla ricerca di salde radici su cui fondare la realtà presente e la speranza nel futuro, senza peraltro indulgere ad una sterile e melanconica ricerca del tempo perduto.
Un volume fotografico come “Immagini Valle dell’Aniene 1870 -1950” risponde pienamente a questa esigenza. Anche ricomponendo i più piccoli e apparentemente insignificanti frammenti di storia e di vita locali, infatti, si può contribuire alla conservazione del patrimonio culturale del nostro Paese, che deve larga parte della sua grandezza e della sua vitalità proprio al contributo delle molteplici, originali e spesso trascurate culture “provinciali”.
Il prezioso materiale iconografico, raccolto da Mariagrazia Biasutto, Paola Cafiero, Zaccaria Mari e Daniela Urciuoli, col valido contributo degli allievi dell’Istituto Tecnico “E. Fermi” di Tivoli, è suddiviso in cinque sezioni: Scorci e panorami, Feste e occupazioni, Ritratti femminili, Ritratti di famiglia e di bambini e Ritratti maschili. 159 immagini colte, nell’arco di ottant’anni, in 17 comuni della Valle dell’Aniene.
L’eterogeneità dei soggetti ritratti e l’ampiezza dell’area e del periodo presi in considerazione, non danno ovviamente alla raccolta un carattere sistematico. Le immagini, tuttavia, sono ben scelte e ordinate e, per la gran parte, altamente suggestive.
La prima sezione, Scorci e panorami, ci dà innanzi tutto un’immagine dei luoghi che, successivamente, saranno animati dalla presenza dell’uomo, intento alle sue occupazioni quotidiane, ai suoi rituali religiosi e civili o goffamente impalato davanti a un obiettivo per una fotografia ricordo.
Si tratta, nella maggior parte dei casi, di cartoline che riproducono scorci pittoreschi o monumentali di Ciciliano, Rocca Canterano e soprattutto Tivoli, quella ordinata e decorosa dell’inizio del secolo scorso e quella devastata dai feroci bombardamenti del 1944. Di particolare interesse, in questa sezione, sono due scorci di Rocca Canterano del primo’900 (n. 44 e 45 del catalogo), che presentano, come si usava allora, numerose aggiunte fatte a mano.
La seconda sezione, Feste e occupazioni, si apre con una sfilata di Vergini e Santi, seguiti da folle in preghiera, e prosegue con una più varia e brillante documentazione delle feste profane e delle adunate politiche del periodo fascista. Ma la parte più interessante è quella dedicata ai mestieri, alcuni dei quali quasi scomparsi, che ci presenta un gran numero di pastori, ciabattini, cavatori, arrotini, lavandaie e manovali, intenti al loro umile e faticoso lavoro quotidiano.
Fra i Ritratti femminili, interessanti per la varietà dei costumi , prevalgono quelli delle popolane, ma non mancano le signore, le une e le altre, quasi immancabilmente, appoggiate a una sedia o a una colonnina, come si usava allora nella speranza di ottenere una maggiore naturalezza da parte del soggetto in posa. La vera perla di questa sezione, però, è rappresentata da alcuni deliziosi ritratti di balie monticellesi, che stringono amorevolmente al seno rubicondi marmocchi.
Nella serie dei Ritratti di famiglia e di bambini, oltre alle solite fotografie ricordo un po’ convenzionali, troviamo alcune immagini fra le più belle e commoventi dell’intera raccolta: quelle degli scolaretti delle elementari, coi loro visini imbronciati e i polverosi grembiulini di tela gualcita. Emblemi di un’Italia incredibilmente povera che ci fissano da distanze siderali.
La raccolta si conclude con una nutrita serie di Ritratti virili. Ce n’è per tutti i gusti: dagli anziani signori baffuti, impettiti e un po’ ridicoli ai classici gagà con ghette, Borsalino e bastone da passeggio, dai trasognati imitatori di Rodolfo Valentino agli ufficiali che si pavoneggiano nelle loro rutilanti uniformi di foggia risorgimentale.
Non mancano, ovviamente, le famose foto ricordo che i soldatini inviavano alle mamme, alle spose o alle fidanzate. C’è pure un brigadiere dei Carabinieri che l’autore delle didascalie, chissà perché, ha retrocesso al grado di appuntato.
L’elegante volumetto è pubblicato dall’editore D’Ambrosio, con il contributo della Provincia di Roma e del Consiglio d’Istituto del “Fermi”.
Federico Bernardini
Illustrazione: Balia monticellese di fine Ottocento