Diritti umani
DATI di AMNESTY INTERNATIONAL
→ 18.000 uomini, donne e bambini sono morti lungo le frontiere europee dal 1988;
→ 1.500 le persone annegate o di cui si sono perse le tracce nel 2011, mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo per giungere in Europa, dopo che le rivolte hanno scosso diversi paesi dell’Africa del nord e Medio Oriente;
→ 900.000 persone fuggite dalla Libia durante il conflitto del 2011;
→ 58.000 migranti irregolari, richiedenti asilo e rifugiati sono riusciti a raggiungere le coste europee nel 2011;
→ 301.000 persone hanno fatto richiesta di asilo in 27 paesi dell’Unione Europea;
→ 14% dei rifugiati del mondo vive in paesi europei. Meno di 1,4 milioni. Il Pakistan,da solo,ospita oltre 1,9 milioni di rifugiati.
TERMINOLOGIA
RIFUGIATO: persona che ha lasciato il proprio paese perché ha subito una violazione di diritti umani. È stata privata delle libertà fondamentali o è stata vittima di violenza a causa delle sue convinzioni o opinioni.
RICHIEDENTE ASILO: persona che ha lasciato il proprio paese alla ricerca di protezione, ma non è ancora stato riconosciuto come rifugiato.
MIGRANTE: persona che ha lasciato il proprio paese per trasferirsi altrove per motivi di lavoro, studio o familiari.
REFOULEMENT: rinvio forzato di una persona verso un paese dove sarebbe a rischio di gravi violazioni dei diritti umani.
In base al principio di non–refoulement, il diritto internazionale proibisce il rinvio forzato dei rifugiati o dei richiedenti asilo.
ESPULSIONE COLLETTIVA: espulsione di un gruppo di persone senza prendere in esame i singoli casi, né le circostanze individuali.
ESTERNALIZZAZIONE: serie di misure per il controllo delle frontiere. Le misure di esternalizzazione adottate dall’Europa si basano generalmente su accordi bilaterali tra singoli paesi europei e africani.
La maggior parte dei paesi europei non ne rende pubblici i testi.
La politica di esternalizzazione delle attività di controllo alla frontiera è molto controversa.
Sono iniziative che mettono a rischio i diritti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
ACCORDI ITALIA-LIBIA
La Libia è un paese con una lunga storia di immigrazione proveniente da altre zone dell’Africa.
La stragrande maggioranza delle persone che lasciano la Libia per tentare di raggiungere l’Europa via mare non è di nazionalità libica (eritrei, etiopi, somali, sudanesi).
La Libia non ha un sistema di asilo, le persone che necessitano di protezione internazionale, come i rifugiati e i richiedenti asilo in genere, sono considerati alla stregua di migranti irregolari.
Tra le violazioni e gli abusi documentati: detenzioni a tempo indefinito in condizioni estremamente dure, percosse e altri maltrattamenti, assimilabili in alcuni casi alla tortura.
La Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato, né il Protocollo del 1967.
Le operazioni di UNHCR sono sempre state limitate dalle autorità libiche.
Nel giugno del 2010 le autorità libiche hanno sospeso gli interventi di UNHCR nel paese.
Dalla caduta di Gheddafi la situazione relativa ai diritti umani dei richiedenti asilo, rifugiati e migranti irregolari in Libia è precipitata.
Durante e subito dopo il conflitto, milizie armate hanno arrestato e detenuto migliaia di presunti mercenari stranieri che, in realtà, erano per lo più lavoratori migranti.
Il trattamento peggiore era riservato alle persone provenienti dall’Africa sub sahariana e ai libici di pelle nera.
Mezzi di comunicazione libici riportano quasi quotidianamente notizie di nuovi arresti di migranti irregolari.
Gli arrestati non sono accusati di alcun reato e non possono confutare la legalità della loro detenzione.
L’Italia ha siglato un accordo in base al quale chiunque tenti di raggiungere l’Europa via mare può essere ricondotto in Libia.
2008: Italia e Libia firmano il trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, che comprende un’elargizione di 5 miliardi di dollari americani per progetti edilizi e infrastrutturali, borse di studio e pensioni di guerra per i soldati libici che durante la seconda guerra mondiale avevano prestato servizio militare con le forze armate italiane.
Diversi accordi tecnici (conclusi prima del conflitto) stabilivano i dettagli della cooperazione italiana nel contrasto alla “migrazione illegale”.
Nessuno di questi accordi è mai stato reso noto.
Protocollo del 2007 e del 2009 prevedevano il pattugliamento congiunto delle acque internazionali e territoriali, libiche e italiane, da parte di equipaggi misti italo-libici e operazioni congiunte di “controllo, ricerca e soccorso”.
Ciascuno avrebbe provveduto al rimpatrio dei migranti illegali dal proprio territorio. L’accordo non prevedeva alcuna tutela specifica di protezione dei diritti umani né conteneva clausole per identificare e selezionare le persone potenzialmente bisognose di protezione internazionale.
Nel 2012 l’Italia firma un ennesimo accordo con la Libia, con lo scopo di “contrastare i flussi migratori”. Tale accordo non è mai stato reso pubblico.
In Libia migranti irregolari, rifugiati e richiedenti asilo sono soggetti a detenzione arbitraria e prolungata, percosse e altre violazioni dei diritti umani.
Tutti gli accordi dovrebbero prevedere:
- Garanzie di accesso a procedure individuali per chi fa richiesta di asilo;
- Divieto di ogni forma di espulsione sommaria o collettiva;
- Impegno esplicito al rispetto del principio di non refoulement;
- Garantire l’accesso a informazioni adeguate e a meccanismi per ottenere rimedi effettivi;
- Impegni per limitare il ricorso alla detenzione ed evitare la separazione dei nuclei familiari.
A gennaio 2011, in Libia c’erano circa 8000 rifugiati riconosciuti in attesa di reinserimento e 3200 richiedenti asilo la cui domanda doveva ancora essere esaminata da UNHCR.
Quando a giugno 2010 le operazioni di UNHCR furono interrotte, queste persone rimasero nel paese senza alcuna assistenza, i nuovi arrivati non potevano nemmeno fare richiesta di protezione.
Prima degli accordi l’Italia portava sul suo territorio le persone intercettate in mare per valutare il loro bisogno di protezione.
Da metà 2009 sono iniziati i respingimenti verso la Libia.
UNHCR calcola che nel 2008, il 75% degli stranieri che arrivavano in Italia via mare era composto da richiedenti asilo e che il 50% di tali richieste otteneva una qualche forma di protezione internazionale.
SENTENZA FEBBRAIO 2012
La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato un’operazione di respingimento condotta dall’Italia nel maggio 2009, perché in violazione della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
Navi italiane rinviarono in Libia 11 somali e 13 eritrei di un gruppo di 200 persone.
I rinvii ebbero luogo nonostante le autorità italiane sapessero che in Libia tali persone correvano il rischio concreto di maltrattamenti.
Una volta saliti a bordo delle navi italiane si trovavano sotto la giurisdizione italiana e pertanto l’Italia aveva l’obbligo di proteggere i loro diritti umani.
La Corte ha deliberato che l’Italia ha violato il diritto dei ricorrenti ad evitare un rischio concreto di maltrattamenti, nonché il loro diritto a non subire espulsioni collettive.
COSA DOVREBBE FARE L’ITALIA?
- Sospendere gli accordi con la Libia sul controllo dell’immigrazione;
- Non stipulare altri accordi con la Libia finché questa non sarà in grado di dimostrare rispetto per i diritti umani dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti e non avrà messo in atto un sistema soddisfacente di valutazione e riconoscimento delle domande di protezione internazionale;
- Assicurarsi che tutti gli accordi sul controllo dell’immigrazione negoziati con la Libia o altri Stati vengano resi pubblici.
SFRUTTAMENTO LAVORATIVO BRACCIANTI AGRICOLI
[Ricerca condotta da Amnesty International a febbraio 2012 e a giugno e luglio 2012]
Da contratto i lavoratori dell’area di latina dovrebbero lavorare 6,5 ore al giorno per 6 giorni la settimana con un salario lordo di 8.26 euro l’ora.
A giugno 2012 a visita di Amnesty evidenziò che molti lavoratori agricoli indiani lavoravano dalle 9 alle 10 ore al giorno dal lunedì al sabato più mezza giornata nella mattinata della domenica, per un compenso di 3-3.50 euro l’ora.
Caserta: i datori di lavoro vanno sulle rotonde e nelle piazze dove i lavoratori migranti si ritrovano nelle prime ore del mattino, in attesa di essere scelti.
La paga standard per una giornata di lavoro (dalle 8 alle 10 ore) è di 20 – 30 euro al giorno.
I mancati pagamenti sono comuni. A causa della natura del lavoro disponibile sulle rotonde spesso l’identità del datore di lavoro è sconosciuta, cosa che rende difficile ottenere la paga dovuta e non pagata.
Il “Decreto flussi”: prevede due principi:
- Controllo dei flussi di ingresso (il numero di lavoratori migranti è fisso e definito nel decreto);
- Subordinazione del rilascio del permesso di soggiorno all’esistenza di un contratto di lavoro.
I lavoratori proveniente da fuori dell’Unione Europea possono fare ingresso solo se riescono ad ottenere, prima dell’arrivo, un “contratto di soggiorno” con un datore di lavoro residente in Italia.
Il datore di lavoro deve richiedere allo sportello unico per l’immigrazione un’autorizzazione a impiegare un lavoratore non comunitario presentando una proposta di contratto di soggiorno in cui si impegna a garantire un alloggio adeguato e a pagare le spese del viaggio di ritorno del lavoratore.
Una volta verificato che nessun lavoratore italiano o comunitario è interessato al lavoro, lo sportello unico per l’immigrazione rilascia l’autorizzazione, nei limiti delle quote stabilite nel decreto flussi.
Su questa base, le autorità consolari italiane nel paese d’origine del lavoratore rilasciano il visto d’ingresso.
Dopo l’arrivo in Italia, il lavoratore migrante deve recarsi allo sportello unico per l’immigrazione per firmare il contratto di soggiorno e richiedere il permesso di soggiorno.
LIMITAZIONI del ‘DECRETO FLUSSI’:
- Le quote stabilite dal governo rimangono regolarmente al di sotto della domanda reale di lavoro migrante,
- Il processo è lungo e burocratico (possono trascorrere più di 9 mesi),
- I lavoratori migranti non possono fare domanda per un permesso di soggiorno senza cooperazione del datore di lavoro,
- I permessi per il lavoro subordinato o stagionale non possono essere rilasciati a lavoratori migranti che si trovano già in Italia irregolarmente.
Maggio 2008: il pacchetto sicurezza prevede che ‘ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato sia punibile con un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro’.
La criminalizzazione dell’immigrazione irregolare crea ostacoli all’accesso alla giustizia da parte degli immigrati irregolari.
E’ previsto l’obbligo per ogni pubblico ufficiale di denunciare alle autorità giudiziarie o di polizia ogni reato di cui ha avuto notizia.
Settembre 2011: introdotto nel codice penale il crimine di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (fenomeno del caporalato).
RACCOMANDAZIONI di AMNESTY
- Rispettare, proteggere e realizzare il diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli di tutti i lavoratori migranti;
- Rivedere le discrepanze tra le quote d’ingresso stabilite dal governo italiano e la domanda reale di manodopera nel paese;
- Abrogare la norma che criminalizza l’immigrazione irregolare;
- Modificare la normativa per consentire a migranti irregolari di ottenere ricorso contro le violazioni dei loro diritti sul lavoro.
REGOLARIZZAZIONE dei LAVORATORI
2009: il pacchetto sicurezza prevedeva provvedimenti legislativi volti a contrastare l’immigrazione irregolare in quanto minaccia alla sicurezza pubblica.
La regolarizzazione era un’amnistia per coloro che occupavano badanti e lavoratori domestici senza un regolare contratto. Si dovevano pagare 5.000 euro per la regolarizzazione.
La procedura della regolarizzazione del 2009 era interamente centrata sul datore di lavoro, senza alcun ruolo per il lavoratore migrante:
– il lavoratore migrante non poteva presentare la domanda;
– il lavoratore migrante non poteva ricevere documenti e comunicazioni direttamente dalle autorità. Tutti i documenti e le comunicazioni delle autorità erano inviati al datore di lavoro, a cui era richiesto di trasmetterli al lavoratore.
Valeva anche per la ricevuta dell’invio della domanda, il documento ufficiale che permetteva al lavoratore migrante di rimanere in Italia fino al completamento della procedura.
- Il lavoratore migrante non poteva portare a termine la procedura senza la cooperazione del datore di lavoro, anche nel caso in cui la relazione di lavoro fosse terminata nel frattempo.
– Al lavoratore migrante si impediva di fatto di lasciare il datore di lavoro. I lavoratori migranti che avevano lasciato o perso il poto di lavoro dopo l’invio della domanda non potevano lavorare regolarmente per un datore di lavoro diverso prima del completamento della procedura.
In alcuni casi il completamento della procedura ha richiesto due anni.
2012: nuovo provvedimento. Non cambia nulla.
Amnesty esprime preoccupazione per il fatto che le continue limitazioni alla capacità dei lavoratori migranti di partecipare in maniera effettiva alle procedure i regolarizzazione li rendono completamente dipendenti dal datore di lavoro e accrescono la vulnerabilità allo sfruttamento lavorativo.
La procedura di regolarizzazione deve essere modificata in modo da assicurare la conformità con il diritto e gli standard internazionali, in particolare l’obbligo di prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo.
RACCOMANDAZIONI AMNESTY
- I lavoratori migranti devono poter dare inizio alla procedura di regolarizzazione, presentando informazioni sul loro rapporto di lavoro alle autorità;
- I lavoratori migranti devono poter ricevere direttamente dalle autorità tutti i documenti e le informazioni rilevanti;
- Se in possesso dei requisiti del caso, i lavoratori migranti devono poter completare la procedura anche senza la cooperazione del datore di lavoro;
- I lavoratori migranti devono poter cambiare datore di lavoro legalmente durante il periodo di tempo necessario per il completamento della procedura;
- La legislazione deve essere modificata in modo da assicurare la conformità con l’obbligo di garantire l’accesso alla giustizia alle vittime di crimini e abusi dei diritti umani;
- Le autorità nazionali devono fare in modo che le autorità locali adottino una pratica uniforme nei confronti dei migranti che diventano vittime di crimini o abusi dei diritti umani, tenendo in considerazione circostanze e bisogni individuali,
- La procedura deve essere breve, semplice, prevedibile e trasparente. Le domande devono essere considerate su base individuale. Le decisioni in merito a ricorsi e appelli devono essere tempestive.
Il sito di Amesty International – Italia
Come un uomo sulla terra [documentario immigrazione]
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