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Impariamo a conoscere i grassi

Creato il 14 ottobre 2015 da Ariannarossoni

I grassi: sicuramente il nutriente più bistratto! 
Nella mia esperienza ambulatoriale, i grassi sono la cosa su cui tutti mettono le mani avanti: “Dottoressa io uso pochissimo olio, mai burro, mai fritti, prendo solo formaggi magri e sgrasso il prosciutto”. Si suppone (erroneamente) che i grassi facciano ingrassare, e che facciano male al cuore. Il grasso è proibito: nessuna deroga.

I grassi, dunque, fanno male? No, affatto: *se* si sa scegliere!

Oltre alla qualità delle fonti alimentari di grasso è anche importante rapportare la quantità al proprio fabbisogno: est modus in rebus.

Questo articolo e i prossimi saranno dedicati proprio a conoscere meglio i grassi, sfatando falsi miti e pregiudizi infondati. Parleremo anche di frutta secca, burro, strutto e olio di palma. Vi spiegherò quando i grassi fanno bene e quando fanno male, e come inserirli nella vostra alimentazione.
Siete pronti?

Tipologie di grassi
I grassi si suddividono in tre categorie: saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Per lungo tempo è stato luogo comune fare l’equivalenza “grassi saturi = grassi animali = grassi cattivi”. In realtà, le cose non stanno proprio in questi termini: troviamo grassi saturi anche in alimenti vegetali (come nell’olio di cocco o di palma), e grassi monoinsaturi anche nei grassi animali.
E’ molto sbagliato pensare che i grassi saturi o i grassi animali facciano male, mentre gli altri facciano bene: come in tutto ciò che concerne l’alimentazione è quasi impossibile fare sentenze su macrocategorie, ed è necessario fare un focus più accurato.

Non esistono grassi dannosi, se non quelli industrializzati.

La distinzione tra saturi e insaturi è di natura chimica; i grassi saturi presentano solo legami singoli tra gli atomi di carbonio che li compongono, mentre i grassi insaturi presentano anche legami doppi: se è presente un solo doppio legame sono detti monoinsaturi, se sono presenti più doppi legami sono detti polinsaturi.
In questo articolo mi focalizzerò sui grassi saturi, ossia sui grassi più bistrattati.

Grassi buoni e grassi cattivi

Grassi buoni e grassi cattivi

Grassi saturi
A seconda del numero di atomi di carbonio che li compongono, i grassi saturi possono avere una catena (detta catena carboniosa) corta, media o lunga. La lunghezza è fondamentale a determinare il destino metabolico di un grasso saturo: i saturi a catena corta o media vengono veicolati  tal quali dalla vena porta al fegato, senza interposizioni. I saturi a catena lunga, invece, arrivano in circolo inglobati nei chilomicroni e passando per vasi linfatici e arteria succlavia. Potremmo dire, semplificando, che i grassi saturi a lunga catena compiono un percorso metabolico più tortoso, durante il quale possono essere soggetti a diversi cambiamenti strutturali.

A livello salutistico i grassi saturi a corta e media catena ricoprono un ruolo importante sia come nutrimento della flora batterica intestinale, sia come stimolazione dei mitocondri, vale a dire le centrali energetiche delle cellule. Sapete cosa significa questo? Che i grassi saturi (a catena media e corta, non lunga) sono utilissimi a risvegliare un metabolismo rallentato, sono importanti per il dimagrimento e si rivelano preziosi alleati per un buon funzionamento intestinale, addirittura per la protezione del cancro al colon.
Sull’importanza dei grassi ai fini del dimagrimento torneremo più avanti, ma magari quelli tra voi che frequentano palestre di Crossfit o hanno amici che praticano il digiuno intermittente (o diete chetogeniche a fini sportivi) cominceranno a capire perché questi atleti non si facciano grandi problemi a usare burro e olio di cocco… Certo, bisogna poi capire la qualità di quei grassi, ma per ora basiamoci sulla pura biochimica!

Burro di ghee biologico

Burro di ghee biologico

La specifica funzione antitumorale è scientificamente provata per i grassi saturi a corta catena, che sono l’acetico, il butirrico e il propionico: la nostra flora batterica intestinale è in grado di produrre grassi saturi a corta catena attraverso la fermentazione della fibra e di alcuni tipi di carboidrati, in particolare di amido resistente, FOS e pectina. Molto più difficile, invece, è riuscire a trovare fonti alimentari già contenenti questi grassi: troviamo una piccola percentuale di butirrico nel burro, nel latticello, nella panna acida e nei formaggi fermentati, una quota di acetico nell’aceto di vino e di mele (non pastorizzati), e poco più. Il modo migliore per potersene assicurare un apporto costante è quello di educare la propria flora batterica a produre saturi a corta catena, grazie ad una dieta ricca di frutta e verdura (senza eccessi, per evitare il conseguente meteorismo).

Quali sono le fonti di fibra utili alla produzione di saturi a catena corta?

Abbiamo detto che i grassi saturi a catena corta possono essere prodotti da amido resistente, FOS e pectina.
L’amido resistente è contenuto nel pane secco e nelle patate cotte e lasciate raffreddare in frigorifero; la fonte ideale è il riso, prima bollito e poi raffreddato in frigo per 24 ore. Ve ne avevo parlato qui.
La pectina è contenuta nella buccia della frutta, in particolare mele, pere, albicocche e arance. Naturalmente la raccomandazione è quella di scegliere frutta biologica, non trattata con pesticidi.
I FOS (frutto-oligo-saccaridi) sono un particolare tipo di fibra, che va introdotta a piccole dosi per evitare la notevole fermentazione intestinale. Chi segue una dieta low-FODMAP conosce bene i FOS: sono contenuti in banane, miele non pastorizzato, Liliacee (aglio, cipolla, porri), asparagi, legumi, carciofi e segale.

Cipolle caramellate, ricche di FOS

Cipolle caramellate, ricche di FOS

I grassi saturi a catena media (MCT), come quelli a catena corta, possono essere prodotti dalla flora batterica intestinale, ma è più semplice trovarli in fonti alimentari. Sia prodotti animali che prodotti vegetali contengono questa tipologia di grassi: li troviamo nel latte (di capra, pecora e mucca), in alcuni formaggi, nell’olio di cocco e di palma (torneremo più avanti su questi grassi tropicali, non abbiate fretta), nell’avocado e -in piccolissime quantità- nell’olio di vinaccioli, nella cannella e nell’alloro.
La comunità medica conosce da tempo le proprietà benefiche degli MCT a livello intestinale: vengono dati a chi soffre di malattie infiammatorie croniche intestinali (Crohn o RCU), a chi ha subìto resezioni dell’intestino o soffra di malassorbimento. Vengono ampiamente usati anche nelle diete chetogeniche, usate sia a scopo terapeutico (ad esempio nella cura dell’epilessia) sia a fini sportivi. Gli MCT sono facilmente digeribili, offrono energia di pronto utilizzo (soprattutto per i muscoli), sono antimicrobici e antisettici, migliorano l’assorbimento vitaminico e minerale.

I grassi saturi a catena lunga, invece, sono oggetto di maggiori controversie: di fatto non ci sono prove scientifiche che “ostruiscano le arterie”, se non studi vecchi e ampiamente smentiti dalla comunità medica e dai ricercatori. Tuttavia, richiedono tempi di digestione più lunghi e hanno un ruolo salutistico più marginale rispetto a quelli a catena corta e media.

Grassi monoinsaturi
I grassi monoinsaturi sono ben noti a tutte le persone che seguono una dieta sana e bilanciata. Infatti, sono una vera e propria miniera di benessere: permettono un buon equilibrio nei livelli ematici di colesterolo LDL e HDL, proteggono dall’ossidazione cellulare, proteggono da alcuni tipi di tumore (come il cancro al seno) e armonizzano gli ormoni sessuali.
La fonte per eccellenza di grassi monoinsaturi è l’olio extravergine di oliva. Sono contenuti anche in avocado, noci Macadamia e olio di fegato di merluzzo.
Non mi dilungo su questa tipologia di grassi non perché siano poco preziosi, ma perché già si conoscono le proprietà positive e l’importanza nella nostra alimentazione.

Olio extravergine aromatizzato

Olio extravergine aromatizzato

Grassi polinsaturi

Avevo già dedicato un articolo a questo argomento, lo trovate qui.
Per riassumere: i grassi polinsaturi maggiormente conosciuti sono gli omega3 e gli omega6, che devono necessariamente essere introdotti attraverso l’alimentazione dal momento che il nostro corpo non è in grado di produrli. Questi grassi sono la materia prima con cui il nostro corpo costruisce molecole chiamate prostaglandine, trombossani e leucotrieni: queste sostanze entrano in gioco in moltissime reazioni organiche. In modo particolare, sono coinvolte con meccanismi infiammatori (pro o anti infiammatori), circolatori e ormonali. 
Ad essere fondamentale non è tanto la quantità assoluta di omega3 omega6 introdotti quotidianamente, quanto piuttosto il rapporto esistente tra i due: solo un rapporto corretto garantisce una significativa protezione antinfiammatoria. Nell’articolo che vi ho linkato troverete tutto ben spiegato, vi segnalo anche questo per completezza.

E i grassi cattivi?

In tutto questo articolo, non ho mai parlato dei possibili effetti nocivi dell’assunzione di grassi. Che siano saturi, monoinsaturi o polinsaturi non fa differenza: i grassi non sono pericolosi.

Se sono naturali!

Esistono grassi “artificiali” (ossia ottenuti da modifiche chimiche industriali) che sono dannosissimi per la nostra salute. Ne parleremo nel prossimo articolo!

Grassi sì, ma quali?

Grassi sì, ma quali?

Bibliografia
Canfora EE, Jocken JW, Blaak EE – Short-chain fatty acids in control of body weight and insulinasensitivity – Nat Rev Endocrino 2015 Oct;11 (10):577-91
Lamarche B, Couture P – Dietary fatty acids, dietary pattern, and lipoprotein metabolism – Curr Opin Lipidol 2015 Feb;26(1):42-7
Hu FB, Manson JE, Willet WC – Types of dietary fat and risk of coronary heart disease: a critical review – J Am Coll Nutr 2001 Feb;20(1):5-19
Willet WC – Is dietary fat a major determinante of body fat? – Am J Clin Nutr


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