Che gli uomini e le donne parlino linguaggi diversi è una considerazione talmente ovvia da essere diventata un luogo comune. Certo è che il tema non smette di essere spunto creativo per chi, per mestiere, racconta storie sui libri e a teatro. La trilogia teatrale “Importante, molto importante” si inserisce a pieno titolo all’interno delle interpretazioni leggere, seppure abbastanza profonde, del tema delle relazioni uomo-donna, dove per relazioni in questo caso si intende quella trama di rapporti sentimentali contorti e complessi in cui i protagonisti si trovano invischiati. È un continuo gioco di rimandi: lui ama lei, lei lo ricambia ma alla fine si separano; lei amava lui, ma lui è troppo crudele per volerla ancora al suo fianco; lui vorrebbe stare con lei, ma rispetta troppo la sua famiglia e lei è troppo calcolatrice per capirlo. In tutte le storie, quello che di “importante, molto importante” ci sarebbe da dirsi non viene mai detto e le relazioni amorose si riducono a un patetico tentativo di comunicazione in cui a tutti è negata la possibilità di comprendersi, con il risultato che alla fine tutti restano soli. L’autore del testo e interprete è Savi Manna, che insieme a Ilenia Maccarrone – attrice già nota al grande pubblico per aver recitato nella serie tv “Il commissario Montalbano” – passa con disinvoltura dal ruolo del violinista timido e impacciato a quello dello spacciatore senza scrupoli.
Primo capitolo, “Sesso”: siamo nel 1995, una prostituta sudamericana di nome Maria incontra un cliente molto strano, taciturno e inerme, che vuole solo osservarla e si trascina dietro il suo inseparabile violino. Dopo qualche incontro fatto di abbracci e parole dolci, la relazione tra i due si interrompe bruscamente proprio quando dovrebbe spiccare il volo. Acido, spietato e crudele come i suoi protagonisti, il secondo capitolo, “Droga”, racconta di una coppia di spacciatori che tra il 1991 e il 1997 sono arrivati all’apice del successo della loro attività illecità: hanno tradito i loro principî e adesso hanno intenzione di tradirsi nella fiducia. Con il terzo capitolo,”Rock and Roll”, torniamo indietro al 1987, epoca in cui la spacciatrice si finge una giornalista che incontra un ingenuo violinista – quello che poi sarà il cliente della prostituta – e con un gioco di seduzione riesce a rubargli il suo prezioso violino.
Per riuscire a leggere meglio tra le righe del testo teatrale della trilogia “Importante, molto importante”, abbiamo intervistato Savi Manna.
“Importante, molto importante” è una ripetizione che sa di ossessione. È come se tu avessi lanciato una sfida agli spettatori: cosa devono riuscire a cogliere?
«Sono affascinato dalle ripetizioni e mi piacciono i giochi matematici, ecco perché ho deciso che quest’opera teatrale dovesse avere un titolo che contiene una ripetizione. E poi ci sono almeno tre situazioni all’interno della trama in cui i protagonisti sono a un bivio, si trovano a una svolta che potrebbe cambiare il loro destino, ma ogni volta si lasciano sfuggire l’occasione e quello che ci sarebbe di “importante” da fare, alla fine non lo fanno o non lo dicono mai. Sono lì, sul punto di risolvere la situazione, eppure per qualche motivo non hanno mai il coraggio o la forza di capovolgere gli eventi e darsi la possibilità di essere felici».
Il tema fondamentale del testo sono i rapporti uomo-donna, eppure sembra di essere davanti a due universi troppo distanti per poter riuscire a entrare in contatto con esito positivo…
«A fare da sfondo alle relazioni sentimentali e ai rapporti umani c’è senza dubbio il tema della solitudine. Ecco perché i protagonisti stanno insieme ma in fondo sono soli, vivono relazioni di coppia senza mai uscire fuori dalla bolla dell’isolamento. Le enormi difficoltà che trovano nel comprendersi hanno cause diverse – a volte è la timidezza e la mancanza di coraggio, altre volte è l’egoismo e l’ambizione sfrenata, altre ancora c’è dietro un passato pesante che influenza un presente invivibile – ma in ogni caso nessuno riesce mai a stabilire un contatto, a nessuno è concesso sperimentare l’incontro delle anime che potrebbe generare una sana relazione, alla cui base ci sia l’amore. Il mondo interiore degli uomini e delle donne è molto complesso e le relazioni di coppia hanno bisogno di spirito di sacrificio e di altruismo per poter sopravvivere: i miei personaggi non sono mai abbastanza altruisti da pensare al bene dell’altro, e a volte non sono neanche abbastanza egoisti da pensare al proprio bene».
Quanto c’è di Savi Manna all’interno del testo di “Importante, molto importante” e quanto c’è delle donne che hai conosciuto?
«I miei personaggi non rientrano certamente all’interno di una classificazione realistica delle donne. Sono chiaramente caratteri estremi, casi limite, gente che vive ai margini della società, isolata o guardata con sospetto, donne che hanno scelto una vita al limite della dignità o della legalità. Eppure io potrei dare un nome e un cognome ad ognuno dei personaggi che ho creato. Sono un osservatore, mi piace guardarmi intorno e dare uno sguardo attento alla realtà che mi circonda; ho visto e sentito molte storie e quelle che più mi hanno attirato ho cercato di raccontarle in quest’opera teatrale. Forse non posso dire che le storie siano vere, ma certamente posso affermare che sono verosimili e che si tratta di eventi realmente accaduti che hanno dato il via alla mia spinta creativa».
Il primo capitolo della trilogia ha vinto svariati premi. Cosa è piaciuto così tanto a chi l’ha visto e quali sono i punti di forza del tuo lavoro?
«Il primo capitolo ha vinto il primo premio “Miglior corto” al Festival Potenza Teatro, e poi il premio “Dusty” come migliore drammaturgia e il premio “Menzione speciale della Film Commission” al Festival “Teatri Riflessi” di Catania. Non so se sia piaciuto tanto, però sono sicuro che questo lavoro ha dei punti di forza che risiedono nel suo essere insoluto. In fondo non c’è un vero finale. Anche se lo spettatore può immaginarlo, in realtà non ha molti elementi per riuscire a capire come vanno a finire le storie, quale sarà il destino dei personaggi e come questi ultimi continueranno la loro esistenza. Almeno una volta nella vita, tutti ci siamo trovati davanti a un treno che è passato e sul quale non siamo saliti a bordo. Forse abbiamo perso un’occasione e mancato un’opportunità che avrebbe potuto cambiarci la vita. È possibile che sia questo l’aspetto che permette l’empatia del pubblico con i protagonisti. Ma io credo che, se il treno è davvero andato via senza di noi, l’importante è non restare fermi e inermi davanti alla stazione a rimpiangere quello che non è stato. “Importante, molto importante” potrebbe essere un buon punto di partenza per riflettere sul fatto che bisogna andare avanti, scegliere con coraggio e cambiare per crescere».