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Lunedì, piazza Maggiore, La strada (Italia 1954) di Federico Fellini con poetica introduzione/divagazione di Capossela sul significato di 'strada' (e di 'on la strada' per Wonder): film un po' faticoso ma affascinante, commovente Gelsomina (Giulietta Masina), il mare che apre e chiude con significati differenti (homeland per lei, perdono per lui in un intenso finale), movimenti di macchina che ritornano (l'abbandono di Gelsomina come il finale dei Vitelloni), il mondo precario e disperato dei circensi, il Matto con il suo poetico sarcasmo e la sua fine violenta (che si predice: "morirò presto").
Mercoledì, piazza Maggiore (dopo la partita), I Vitelloni (Italia-Francia 1953) di Federico Fellini: piacevole seconda visione, alcune battute dimenticate ("onoratissimo"!); la provincia italiana, sempre uguale, quasi ciclica, con i suoi personaggi e le sue situazioni (e la fuga, solo per pochi però); drammmi piccoli e grandi (tradimenti, liti, carnevali che finiscono in ubriaca malinconia).
Giovedì, Parco della Zucca, museo della Memoria, Marco Baliani in Kohlhaas (di Remo Rostagno e Marco Baliani, tratto da Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist): bravissimo Baliani, sempre seduto su una sedia, riesce a incatenare alla storia con la sua voce e la sua gestualità intense (i cavalli al galoppo, il rumore degli zoccoli, il bussare alla porta, il cuore trafitto da spilli). Storia di una spirale di violenza, una sete di giustizia non ottenuta e perciò perseguita con altri illeciti mezzi (con redenzione finale). Un monologo dalle movenze omeriche (anche nell'uso delle similitudini), con la sua formularietà, la pluralità di voci che si fondono, confondono e rincorrono. Raccontare il passato (leggendario, ma accaduto) per parlare del presente, dell'impossibilità di accettare anche un minimo torto ("erano solo due morelli") da parte di chi è più potente per evitare che crollino le fondamenta della pacifica convivenza umana. Legge e giustiza, nomos basileus.
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