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In albis -12-

Da Nivangiosiovara @NivangioSiovara
IN ALBIS -12-Solo lei avrebbe potuto concepire una cosa del genere. Il dottore l'aveva detto, no?non bisogna trascurare nessun sintomo, bisogna sempre stare all'erta, meglio prevenire, curare, sorvegliare, tranquillizzare. No, non stava per niente bene, era meglio che la chiamasse, che sentisse un po' a che punto stava. Ma non vorrei disturbarla, forse dorme. Così pensava, ma, inattesa, la preoccupazione salì, salì ancora e di più, e per evitarsi altri mali di stomaco decise di chiamare, finalmente, di chiamare subito. Non ebbe neppure il tempo di sentire il segnale di libero, che dall'altra parte già si rispondeva. Ma ci doveva essere una strana interferenza. Sentì, infatti, soltanto uno strano suono, come un gorgoglio. Come l'acqua che scende giù, cupamente, nello scarico. Gridò: Pronto! Pronto! Ma dall'altro capo solo quel gorgoglio. C'è qualcuno? Chiese ancora, ad alta voce, e poi chiamò sua moglie per nome, ma di là nulla cambiava, rimaneva sempre quello stesso strano suono e nient'altro. Così interruppe la comunicazione. E ricompose il numero. E. Dall'altra parte ancora interferenze, ma tante. Tantissime voci indistinte, sovrapposte, tutte a parlare l'una sull'altra, lamentosamente, incomprensibilmente, e, di sottofondo, un cigolio sinistro, quello che è tipico di certe porte parlanti che ti svegliano di notte. Lui, ancora, provò a farsi sentire, a dire Pronto. E stava per riagganciare, quando, finalmente, sentì che quelle voci si accordavano, che s'intonavo, s'univano, producendone una sola, distinta, insolita, neutra, che con queste parole gli risuonò nell'orecchio: Già stavo dentro, Non sono entrato. E poi la comunicazione cadde. Gli diedero i sudori freddi quella voce, quelle parole. Ma non demorse. Chiamò ancora. Al telefono s'udì il regolare segnale di libero. Nel frattempo noi diamo un'occhiata alla camera dove stava la moglie, vediamo cosa avveniva. Il telefono squillava. Un uomo, vestito di bianco, sorridente, divertito, teneva le mani strette sulle orecchie della donna, supina, a letto. Dalla sua bocca spalancata, un topo, da dove si stava facendo un sonnellino, uscì e pigramente si scrollò la saliva di dosso, poi balzò sulla spalla dell'uomo, che tolse le mani dalla donna. Ed ecco che lei, finalmente, potè sentire la suoneria e al telefono rispondere: Pronto. E dall'altra parte, con concitazione: Pronto, tesoro! Lei, ancora: Pronto, caro... Cosa c'è? Che succede? Niente, rispose lui e: Non riuscivo a mettermi in contatto con te, c'erano delle strane interferenze, e lei: Io non ho sentito il telefono suonare fino a quando non ti ho risposto, proprio ora. Beh, tanto meglio, esclamò il marito: Come stai? Meglio, fece lei: anzi, volevo chiederti scusa per come ti ho trattato in questi giorni, non so cosa mi sia preso, dev'essere perché non stavo proprio bene... e lui: No, non preoccuparti, va tutto bene. E poi, i soliti convenevoli, la telefonata finì. Non è stato, però, granché intelligente o lungimirante, dire alla moglie di non preoccuparsi, che era scusata per come si era comportata, perché dentro, il marito sentiva un rancore sordo scaturito dagli avvenimenti delle ultime ore. Sarebbe stato meglio chiarire questo punto cogliendo la palla al balzo, invece lui volle tagliar corto con la conseguenza che lei ritenne la faccenda chiusa, tutto era tornato come prima, mentre per lui no. Per lui no, per la fretta. Fretta di chiudere, d'andare, di non perdersi nelle solite, inutili chiacchiere. A cosa c'hanno portato tutte le discussioni del passato?tutto il sonno e la pazienza ed il tempo perduti?a questo?che razza di miglioramento della situazione è mai questo? Paradossalmente, questa telefonata, che doveva sembrare chiarificatrice, portava invece altri motivi di dissidio. Infatti lui rifletté sul fatto che si era preoccupato della sua salute, le aveva telefonato, e lei non aveva neppure pensato di chiedergli come fosse possibile che telefonasse a quell'ora, ben sapendo – si augurava – che a quell'ora doveva essere ad un appuntamento. No, non c'era. Aveva pensato, lei, di chiedergliene il motivo? No, nossignore. Era molto meglio che quella signora la piantasse di fingere di preoccuparsi tanto per il prossimo, quando per il prossimo non era che una maschera di carità. E lui? Che lui pure smettesse di preoccuparsi per gli altri, visto che  per gli altri non era oggetto di attenzione alcuna. Tirate le somme, al termine di questa telefonata, la ferita che per la moglie s'era richiusa con due punti di sutura, piccola cicatrice che il tempo avrebbe cancellato, per il marito era una frattura che si scomponeva ancor di più, che s'allungava sotto alla sua casa. Lui si portava dietro, nella ventiquattrore, nel taschino, quell'ombra, una cosa brutta, che ad ogni minimo passo falso di lei, avrebbe tentato d'inarcare la schiena, d'abbattere la casa. Polvere da quelle macerie, che può oscurare il suo cielo, il cielo di tutti.
Innestò la retromarcia. L'uccello volò via, spaventato, le nuvole si richiusero. E la macchina ripartì, diretta verso il centro. Tutto sommato, pensava, non era neppur vero che il mancato appuntamento col cliente fosse un evento da potersi considerare così alla leggera... i tempi prima del processo ormai stringevano. E quell'uomo non collaborava, no, non collaborava affatto. Sarà perché sono un avvocato d'ufficio, sarà che mi crede un imbecille che non trova niente di meglio da fare, non immagina che ce ne siano, come me, molto più bravi di quelli di grido che possono scegliere d'intendere l'avvocatura come io ho fatto. E di andare incontro a chi gli avvocati non se li può permettere. E poi, quest'ebete, se collaborasse, io lo so, potrei salvarlo. L'accusa principale è d'omicidio: beh, non c'è cadavere, non c'è nessuna prova che quella donna fosse là dentro al momento dell'incendio. Testimoni l'hanno avvistata successivamente. Forse, più semplicemente, non vuole farsi difendere. Ma perché? Il fatto è che, secondo me, la sua ragazza era da un bel po' che voleva darsela a gambe levate, e quale occasione migliore di questa per sparire? Via, da questo pazzo. Che vorrà morire in galera. Certo, quella potrebbe dare almeno un segnale, dire almeno: non m'ha ammazzato nessuno, state tranquilli, io sto al posto mio e non mi seccate, ma finita qui, per tutti. Ma no, tace. Forse si vuole vendicare, va a sapere cosa c'è dietro. Sì, l'avvocato delle cause perse, sono, io, ha ragione mia moglie quando dice: eccolo l'avvocato del povero diavolo. Il fatto è che quella non la troviamo da nessuna parte, nessuna prova concreta del suo passaggio, può pure essere che le sia successo qualcosa davvero, dopo. Dopo. Fa presto mia moglie a dirmi: Accetta questa o quell'offerta, che offerte da studi anche importanti ne ho avute, è che io, un po', è come se mi sentissi in missione, sento di dover seguire una strada, di avere un motivo, e lei mi ripete sempre: avremmo più soldi, potremmo trasferirci in campagna, finalmente, che certo, la città era solo una sistemazione provvisoria, e poi ce lo siamo dimenticati. Forse lui tace per una questione di soldi, di ricatto, forse sa tutto, ma perché allora non si discolpa... magari gliel'hanno rapita e lui muore in galera perché se parla gliela fanno fuori ma che senso ha?lui finisce la vita in galera e lei rimane eternamente prigioniera... e allora agisci, no?perché che senso ha a quel punto, morta lei, morto lui, morti tutti, che differenza fa, voglio dire, continuare ad amare qualcosa che non puoi sapere se esiste davvero da qualche parte, o che davvero non esiste... per tutta la vita... perché poi, come dice mia moglie, sì, è bello, ci trasferiamo in campagna, con i bambini che crescono è proprio l'ideale, ma intanto temo che quelli sian già cresciuti, e per di più io dovrei continuare a vivere in città, perché il lavoro in uno studio legale è qui, io mica potrei permettermi di fare il pendolare così, otto ore al giorno in macchina, a cosa servono i soldi, una casa grande, la campagna, se poi non possiamo stare insieme, e a questo neppure lei trova nulla da ridire, e ti credo. Zitta. Come quello là in galera. Che poi, dico sempre, a che serve mettere uno in galera se è vero che lo vuoi reintegrare nella società, così facendo lo disintegri, altro che, e se non fosse altro che è tutta vendetta, faresti meglio a trovargli un lavoro decente che sarebbe tanto di guadagnato per tutti, Ma come?dice mia moglie, Eh, bella cosa sarebbe!in un momento in cui per di più quei pochi che lavorano sono insoddisfatti della propria attività perlopiù indecente, in questi tempi di vacche magre e disoccupazione dilagante, uno ti pianta un coltello in pancia ed il lavoro, pure un lavoro decente, glielo trova lo stato, la Grande Società, e a quel punto lì tanto vale che ad un omicida diano una medaglia al valore, ad uno stragista un ricco vitalizio. E, escluse esagerazioni, ammetto che a questo argomento, sono io a non sapere cosa rispondere.

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