In albis -7-

Da Nivangiosiovara @NivangioSiovara
Con la parte ruvida della spugnetta, poi, fregò vigorosamente il davanzalino della finestra, le tornò una forte nausea ed un dolore acuto alle tempie, pensò: ci si dovrà anche inventare qualcosa per i bambini, non possiamo lasciarli così senza dirgli niente.Udì dei passi, nell'atrio. Erano quelli, famigliari, del marito. Entrò nel bagno con un sorriso di composta tristezza e misurata partecipazione, entrambe acconce al momento, e pieno di comprensione, l'abbracciò. Lei gli si scostò con decisione, lo guardò fisso negli occhi e dichiarò:Ai bambini diremo che i gatti, giunti ad una certa età, vanno in un... certo posto. Aspetta, tentò d'inserirsi lui, ma lei: Gli diremo che vanno in una specie di Università Felina che i gatti frequentano quando raggiungono un certo grado di maturità, una specie di master. Generalmente, il rettore di quest'Università... Cos'è successo? Riprovò lui, ed al suo sguardo preoccupato lei replicò ferma: No, stai tranquillo, non sono Ancora incinta, e poi, lui, un po' scosso riprovò a chiedere: Cara, certo... stai bene, ora?Il rettore scrive ai gatti per invitarli, e questi hanno giusto il tempo per prepararsi e salutare, i primi che arrivano ricevono gli insegnanti migliori, Mukil, poi, è stato chiamato all'ultimo momento e non ha avuto neppure il tempo di prepararsi, figuriamoci per salutare, però...Tesoro... tesoro... Guardami, tesoro...… però gli diremo che Mukil ha lasciato una lettera prima di partire, che non lo sapevamo ci fosse questa lettera, l'abbiamo trovata solo nel pomeriggio e...Il marito l'abbracciò. Le teneva la testa strettastretta contro al petto e sentì che singhiozzava.Pensò: piange. Piange e poi finisce tutto. Come sempre. Meglio così.Repentinamente però lei si svincolò con una spinta da quella stretta, e guardando il marito con ostilità:Dobbiamo scrivere una lettera per i bambini. Subito.

Risalivano le scale, i bambini, accompagnati dal papà, che ripeteva il rituale questionario prestampato del genitore che mostra interesse per le attività dei figli: Cos'avete fatto a scuola / cos'avete studiato / siete stati bravi / meritevoli / discoli. E com'è rito, loro lo ignoravano, zitti, col testolino chino, sfiorando appena con la mano la ringhiera, pulitissima. Appena entrati, li accolse la madre. Li strinse. Forte. Li strinse, li strinse forte, fortissimo, prima l'uno poi l'altra. Lui la guardava perplesso. Lei stringeva l'uno e poi l'altra.Il piano era: se la mamma dimostra d'essere così felice di certo non può essere capitato nulla di grave.La bambina, invece, ovviamente, lesse in tutto questo sovrappiù di affetto materno, null'altro che un tentativo piuttosto ovvio di consolarli per la notizia che le parve a quel punto più che confermata: il gatto era morto. A quel punto, il fratellino, intuito il pensiero di lei, le cinse le spalle e le accarezzò la guancia. Nel frattempo la madre toglieva loro i cappottini. E poi, con un sorriso largo, esagerato, esclamò: Bambini, ho una buona notizia: Mukil vi ha scritto una letterina, prima di partire. Venite, venite di là, in sala. La leggeremo insieme. Anzi, tu, ometto di casa, la leggerai tu.“Cari bambini”, (così iniziava la lettera),“ e cari mamma e papà, io devo partire”, (leggeva in piedi, in mezzo alla sala) “sono stato chiamato dall'Accademia Grande dei Buoni Felini” (la bimba stava accovacciata sul tappeto, appoggiata al divano, bocca ed orecchie spalancate) “perché là s'era liberato un posto, all'ultimo momento. Ed io, che ero già in lista d'attesa da molto tempo, e che non ho più un'età in cui possa permettermi di rifiutare,” (la madre, seduta al centro del divano seguiva febbrilmente, con lo sguardo vuoto, pensando: questa riga non ci voleva... che significa “non ho più un'età...”?) “e devo così partire, da un momento all'altro, senza potervi salutare. Tanto più che quello che mi è arrivato non è propriamente un invito, ma una chiamata ad un atto dovuto, per noi gatti, un alto dovere, un po' come la chiamata alle armi durante la guerra. Ma non preoccupatevi, bambini, non è, questo, tempo di guerra, per noi gatti. E' tempo di pace, e dove vado a stare io è bello, bellissimo. Vado ad imparare, vado a diventare un gatto migliore, un felino coi baffi.” (Il marito, seduto sul bracciolo del divano, teneva una mano sulla spalla della moglie, non perdendola un attimo di vista. Le aveva taciuto d'esser passato, prima di tornare a casa, di sopra, dal medico, con il quale aveva avuto un franco dialogo, il seguente: Dottore: Guardi, sua moglie, sotto il punto di vista fisico, per quanto io possa aver avuto la possibilità di constatare, sta piuttosto bene. Marito: Ed allora cos'è successo? D: Non saprei, se proprio dobbiamo escludere le cause alimentari, cosa vuole, sarà stato un repentino sbalzo di pressione, un calo di zuccheri, nulla di grave, credo... M: Ma... c'è un Ma, vero? D: Sì, psicologicamente non l'ho trovata troppo bene. M: Dottore, guardi, non so, ultimamente è francamente un poco... come dire... sfocata. D: Ho cercato di svegliarla, era svenuta, rinvenendo m'ha chiesto cose strane, può succedere, m'ha chiesto se ero l'idraulico, un poliziotto... il male... m'ha detto, guarda cos'ho fatto io... poi, quando s'è un po' ripresa diceva d'essere in fondo ad un pozzo... poi m'ha riconosciuto, ma ha continuato a parlare di cose strane. M: Cosa devo fare, dottore? D: Non saprei, francamente. Io credo sia solo una situazione di stress, forse siamo poco lontani da un esaurimento, ma non si preoccupi, la tenga d'occhio solo per qualche giorno, poi vediamo cosa fare. M: Se è solo stress, non si può verificare? Voglio dire... le si da un calmante e se è quello il problema, in questi giorni, sparirà. D: Va bene. Io qua con me ho questo tranquillante, ritengo che lei glielo possa somministrare due volte al giorno. M: E' meglio che lei non lo sappia, vero? D: D'essere vicina ad un esaurimento? M: Sì, anche quello, ma voglio dire, soprattutto... D: Bravo, no. No, meglio di no. L'agiterebbe. Anzi, non le dica neppure d'aver parlato con me. Le pastiglie gliele sciolga nell'acqua, sono inodori ed insapori. Suppongo. M: Cos'altro posso fare? D: In questi giorni? L'assecondi. Ricordi, è lei la vittima.)“E' triste, tristissimo, che ci dobbiamo separare, è doloroso ma inevitabile. Non potrò mai dimenticare il modo in cui mi accarezzavi e sorridevi, tu, bambina mia, ed i giochi che insieme facevamo, figliolo, no, non li potrai mai dimenticare tu neppure. Ed il buon cibo che mi avete dato, e le coccole, e tutto ciò che mi ha reso un gatto così amato fin da quando entrai nella vita di vostra madre, grande come un batuffolo di cotone, e poi, quando entrai nella vostra casa, e mi preparai ad accogliervi, gioioso e pronto a rallegrarvi. Piccolo e caldo. Devo andare, ma, chissà, forse un giorno ci rivedremo.P.S.: Mi dicono i miei amici gatti, qui, che sono venuti a prendermi, che ci sarà una bella sorpresa per voi. Nei prossimi giorni, all'Accademia, un gatto giocattolaio costruirà una copia, un pelouche, in tutto tale e quale uguale a me, di modo che potrete ancora tenermi tra le braccia, coccolarmi, ricordarmi sempre... e non è tutto: grazie ad una particolare magia nota solo ai maestri artigiani di questa scuola, quando guarderete gli occhi di quel pelouche, io potrò rivedere i vostri visi, come se li avessi ancora davanti a me, e sentirò davvero le vostre carezze. Ancora grazie. E addio.”

In fondo alla sala stava un uomo. E' lui, l'intruso. Interamente vestito di bianco, pareva sparire tra le candide tende. Ha ascoltato la lettura della missiva e chi l'avesse potuto osservare bene, vi avrebbe detto che sembrava piuttosto divertito. Oh! Qualcosa si muove nel suo taschino!

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