Magazine Diario personale

In-attesa

Da Chiagia

Qualcuno può pensare, sbagliando, che il momento più difficile sia il salto.
Certo, qualche difficoltà c’è, ma niente di paragonabile a tutto quello che c’è prima, alla scelta del posto da cui ti butterai.
Quello sì è un lavoro faticoso, perchè anche se non ne sai di balistica devi riuscire a trovare un luogo che sia abbastanza alto da garantirti un botto, “il” botto decisivo.
Quindi niente ostacoli che si mettono di mezzo, balconi, auto posteggiate, tende di negozio.
Noi non stiamo cercando gambe rotte o traumi cranici. Stiamo cercando di ammazzarci.
Alla fine, se sei fortunato, lo trovi e tiri quasi un sospiro di sollievo simile a quello che tirano quelli del bungee quando trovano il ponte perfetto, anche se in verità loro poi tornano su.
Comunque, dicevo, il momento del salto è il meno. Sai che ti aiuta la forza di gravità e a volte basta sbilanciarsi un po’ e va da solo.
La fregatura, almeno per me, è stata il dopo.
Perchè mi aspettavo un istante di volo e poi che finisse tutto.
Invece da qualche parte qualcuno ha deciso che per chi si butta il tempo si ferma in una specie di lungo stand-by, in un’antipatica pausa che ti divide dall’agognato arrivo del suolo che mette fine al tuo progetto.
In quei momenti, superata la prima fase di comprensibile stupore, non sei abbastanza lucido per vedere il film della tua vita o cazzate del genere.
Non sei nemmeno dell’umore adatto per ripensare alle ragioni che ti hanno portato qui – e a questo punto chi se ne frega – o a rimpiangere quello che hai perso.
Non chiedi seconde chance. Niente di tutto questo.
Sei solo incazzato – e vagamente annoiato – per questa attesa inattesa che sembra durare all’infinito.
Poi, grazie al cielo, arrivi.

***

Questo post potrebbe partecipare all’EDS Attesa, se solo sapessi di cosa si tratta e non copiassi, al solito, da Hombre e da Melusina.



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