Eccomi finalmente dopo la pausa estiva di nuovo con voi.
Le mie ferie sono andate bene, sono riuscita a stare con la mia famiglia rilassandomi e facendo il pieno di energie per affrontare i prossimi mesi e mi auguro che anche voi siate riusciti a riposarvi e rilassarvi almeno un pò.
In realtà io non mi sono poi tanto riposata poiché sto seguendo due progetti che mi tengono impegnata fisicamente e con la mente. Il primo riguarda il mio grande amore per la cucina (ma per questo dovrete ancora aspettare un po' prima di sapere di che cosa si tratta) mentre la seconda cosa, ha sempre a che fare con l'amore ma è una cosa ben più nobile e importante, riguarda la mia sfera personale ovvero il diventare nuovamente mamma attraverso l'adozione di un figlio. Ebbene sì, io e mio marito, dopo la nascita di nostra figlia Marta, abbiamo deciso di darle un fratellino o una sorellina un po' meno fortunata/o di lei. E' già più di un anno che abbiamo iniziato l'iter dell'adozione ma ho deciso di scrivere solo adesso di questa nostra scelta perché solo ora abbiamo finalmente tra le nostre mani il "test positivo di gravidanza" ovvero il decreto di idoneità rilasciato dal tribunale dei minori. L'adozione non è un atto eroico che si esaurisce in un momento.E' una strada difficile e ricca, come la vita e adottare un bambino a volte può sembrare un'impresa quasi titanica. L'amore infatti non basta a sbrigare pratiche, varcare i confini, destreggiarsi nel diritto internazionale. Avvicinarsi all'adozione è andare alla scoperta di un mondo fatto di intimità e di burocrazia, di calore umano e di asettici documenti. Che poi tanto asettici non sono perchè la loro preparazione e l'attesa nelle varie fasi del lungo viaggio verso la costruzione di una famiglia adottiva, sono dei macigni emotivi che ti mettono alla prova quando meno te lo aspetti, che ti chiedono fermezza quando vorresti sognare o pacatezza quando il vento delle cose porta una buona notizia. L' idoneità all'adozione viene analizzata al microscopio: reddito, salute, relazioni sociali, familiari e amorose, aspirazioni genitoriali, presenza di altri figli, tutto viene indagato, scandagliato e archiviato da una serie di competenti operatori e psicologi dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, da giudici di tribunali per i minori e staff di eventuali Asl. Non è semplice gestire il lavoro, la famiglia e le pratiche dell'adozione che spesso ti portano via intere giornate. A volte lo sconforto e la stanchezza per dovere fare l'ennesimo documento o colloquio arriva tuttavia se poi mi fermo a riflettere capisco e ritengo giusto che gli aspiranti genitori vengano analizzati a fondo in modo da tutelare quanto più possibile un bambino che ha già molto sofferto nella vita e che ha il diritto di avere una seconda chance. Il nostro viaggio verso il Brasile, perché è lì che andremo a prendere il nostro bambino, è ancora lungo. La "gravidanza" non durerà i canonici 9 mesi ma molto di più, forse un anno, forse due, non è possibile saperlo. Abbiamo ancora un bel po' di documenti da fare per il consolato brasiliano ma voglio essere fiduciosa ed iniziare a fare il conto alla rovescia. La ricetta di oggi la dedico proprio a lui o lei (anche se da mamma ho la sensazione che sarà un maschietto) visto che si tratta di una delle ricette internazionali più classiche e conosciute nel mondo: la tartare di carne.
La ricetta base consiste in una preparazione di carne cruda tagliata finemente e condita con prezzemolo, capperi, tuorlo d’uovo, olio, succo di limone, tabasco o pepe. Stavolta ho deciso di fare una rivisitazione della ricetta classica aggiungendo anche uno strato di riso basmati e di pomodori. Per il riso basmati, dopo averlo cotto in acqua salata l'ho condito con olio, semi di cardamomo tritati e pomodorini secchi. I pomodorini invece li ho privati della pelle e dei semi e li ho tritati insieme a delle acciughe, origano e basilico ed un filo di olio. La carne invece l'ho condita con i capperi, pepe ed olio. Infine anziché servire il tuorlo crudo ho fatto l'uovo pochè ovvero fritto nel pangrattato.Curiosità: lo sapevate che la parola "tartare" deriva dal fatto che i tartari il popolo nomade dei tartari non avendo tempo per cucinare ponevano la carne sotto le selle dei propri cavalli per trovarla ammorbidita al momento del pasto dopo una giornata di galoppo.
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