Il nome ha un suono che ispira potenza e solidità. Dici Partizan e nella mente appare l’impressionante bacheca del club di Belgrado, la lista di nomi leggendari che sono scesi in acqua con la calottina bianconera, il suo status di simbolo della pallanuoto balcanica e non solo. E fai fatica a credere che sabato scorso la squadra abbia rischiato di non potersi permettere la trasferta a Berlino per l’incontro di Champions League contro lo Spandau, e che il ritiro sia stato evitato solo grazie al reperimento in extremis dei 550.000 dinari (circa 4700 euro) necessari all’acquisto dei biglietti aerei. Se ne parla poco qui in Italia, ma il Vaterpolo Klub Partizan Raffeisen Beograd sta attraversando il periodo più nero della sua storia, in balia di una situazione finanziaria ormai prossima al tracollo. Alcuni sponsor non hanno fornito l’appoggio promesso alla società presieduta da Aleksandar Šoštar, che in una conferenza stampa ha lamentato anche la mancata concessione di finanziamenti promessi dalle istituzioni e ha dichiarato di avere bisogno di una cifra attorno ai 250.000 euro per portare a termine la stagione in corso. La storia non è nuova: nel 2011, mentre la squadra surclassava la Pro Recco nella finale del Foro Italico conquistando così la sua settima Coppa del Campioni, già si parlava di ridimensionamento con cessioni importanti (Prlainović e Pijetlović su tutti) e largo ricorso al vivaio, da sempre risorsa principe delle fortune del Partizan. Quel che forse non era previsto era la nascita, o la rinascita, di nuovi nomi alla ribalta del movimento pallanuotistico serbo: la rapidissima ascesa del Radnički Kragujevac e il new deal della storica rivale cittadina Stella Rossa hanno spodestato i bianconeri dal trono sui cui sedevano ininterrottamente dal 2007 relegandoli di fatto alla terza posizione nelle gerarchie serbe, e hanno probabilmente spinto sponsor ed enti pubblici a dirigere investimenti economici e politici sui nuovi protagonisti. Il tutto mentre, ironia della sorte, sulla poltrona di Ministro dello Sport siede un certo Vanja Udovicić, che con la calottina bianconera vinse il titolo nazionale nel 2001.
Oggi Vlado Vujasinović e i suoi ragazzi sono costretti a chiedere spazi in altre piscine dal momento che la crisi societaria ha portato allo spegnimento degli impianti di riscaldamento della vasca di Banjica, e danno fondo a tutte le loro energie mentali per continuare ad allenarsi e competere senza ricevere stipendi da cinque mesi, cercando di
ottenere una qualificazione per la Final Six di Barcellona alla quale oggi non sanno se sarebbero in grado di partecipare. La storia della pallanuoto europea è piena di grandi nomi che hanno dovuto affrontare gravi problemi economici: pensiamo alla Pro Recco della seconda metà degli anni ’80, o in tempi più recenti a Mladost, Vasas, Honved. Tutte hanno subito un forte ridimensionamento, ma nessuna di loro è stata costretta a chiudere i battenti. Il Partizan invece sembra davvero vicino ad una fine che sarebbe dolorosa per tutti gli amanti della pallanuoto. Perché aldilà del rispetto dovuto ai protagonisti, uno sport che non riesce a tutelare i suoi simboli è uno sport destinato a sparire.