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In cerca del padre (1)

Creato il 01 maggio 2013 da Annalife @Annalisa


Che cosa avrei voluto sapere di questo libro prima di rischiare di non comprarlo?
Che, nonostante il titolo sdolcinato (tutto italiano, come al solito!!), questo libro parla di uno… anzi, di due o tre progetti altamente scientifici. Perché, indipendentemente dall’obiettivo finale, quando Don Tillman si muove è perché vuole raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile; quando Don Tillman agisce, segue un preciso ciclo conoscitivo per definire il percorso con cui raggiungere o consolidare la conoscenza di un determinato argomento o il giorno in cui comprare aragosta (martedì); quando Don Tillman mangia, segue l’algoritmo migliore per la sua pancia, le sue finanze, il suo tempo e le disponibilità del suo verduriere. Mica pizza e fichi. Quando Don Tillman si rende conto (dati oggettivi) che gli uomini sposati sono più felici e che le sue esperienze di sesso sono numerose ma individuali, ne trae la scientifica conseguenza che deve trovare una donna che gli faccia da compagna per la vita. E scientificamente agisce (io non vi dico come, anche se la quarta di copertina e alcuni strilli qui e là rivelano subito il busillis).
Don, all’inizio, fa ridere. Credo di aver riso di lui come ridevano di lui i suoi compagni di scuola prima, quelli di università poi, fino ad arrivare al suo pescivendolo. Ho riso leggendo che il martedì Don ha in programma 94 minuti per la pulizia del bagno, e se gli capita un imprevisto:
1. non può pulire il bagno e deve aspettare martedì successivo (scarsa igiene, patologie);
2. può pulire il bagno quando tornerà dall’impegno imprevisto (perdita di 94 minuti di sonno, riduzione delle performance fisiche e mentali)
eccetera.
Meno male che Don è un tipo a posto, e invece di prendersela con me e diventare un asociale in fase depressiva cronica che mi avrebbe fatto piangere, diventa un asociale che supera le sue fisime caricandole, esagerandole e facendomi ridere.
Dopo l’inizio, ho cominciato a irritarmi. Perché, credete, reggere uno come Don per quasi trecento pagine non pare uno scherzo. Don parla come un manuale di istruzioni per l’assemblaggio di un computer, si rende conto di farlo, e non coglie nessun tipo di metafora. All’inizio, dicevo, fa ridere, poi ti viene voglia di strozzarlo.
È solo che, piano piano, ti ci affezioni, a Don. Anche quando trae conclusioni sbagliate da comportamenti umani che non riesce a cogliere; anche quando gli equivoci si susseguono e tu vorresti interromperli; anche quando ti sembra che sbagliare, vabbè, è umano, ma perseverare è diabolico.
Simsion riesce a dare l’impressione di stare per esagerare e poi a fermarsi prima. Introduce storie nelle storie e ci distrae dal Progetto Moglie perché ci cominciamo a interessare al Progetto Padre e quando anche questo, se si facesse un passo di troppo, sarebbe… troppo, ecco che in esso si è insinuato il Progetto Rosie (che è il titolo originale del libro).
Don è un personaggio geniale con un lato sociale da idiota, ma lo sa, ed è umile e desideroso di migliorare. In qualche caso ci riesce, ma in qualche caso, per fortuna, no. Rimane il Don di sempre. E meno male, perché è quello che abbiamo “imparato a conoscere e ad amare” [cit].
Corretto?



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