La salita in vetta agli oltre duemila metri del monte Santo
24 luglio
La grande massa del monte Athos ci ha accompagnati fin dal nostro arrivo sul traghetto. Era parte del panorama, sembrava lontanissima eppure era sempre presente. La sua forma è tanto perfetta e inattesa da apparire incongrua, impossibile, è una grande piramide di oltre duemila metri che improvvisamente si innalza in fondo alla penisola, in mezzo al mare. Il monte Athos è fuori scala rispetto a tutto il resto e, penso, è inevitabile percepire l’ultraterreno, qui. Penso agli eremiti, ai monaci ortodossi che percorrono questi sentieri da secoli. Eppure, ora che io e Francesco siamo sul dorso del monte tutto questo è sparito e vedo solo pietre, sassi e alberi. E’come se avvicinandomi abbia infranto, piegato la spessa aura del sacro, che ora sfugge, sembra un sogno che non riesco a ricordare, inafferrabile: presente eppure lontanissimo. Ora provo solo fatica e un caldo opprimente, il sentiero polveroso sembra ardere.
Il monte Athos visto dal monastero di Simonos Petras (foto di Patrick Colgan, 2015)
Lenzuola al vento al monastero di Meghisti Lavras (foto di Patrick Colgan, 015)
Siamo partiti alle cinque di mattina, quando all’alba le porte del monastero di Meghisti Lavras si sono aperte. Ce ne siamo andati piano, forse con il sollievo di alcuni monaci ortodossi — per fortuna rari — che non avevano fatto mistero di tollerare appena la presenza di “papisti”, come considerano i viaggiatori provenienti da Paesi cattolici. Abbiamo fatto il pieno di acqua, ma ci preoccupa il cibo. Dormiremo al rifugio Panaghìa, a 1.500 metri, vicino alla vetta del monte dopo otto ore di cammino complessivo e un dislivello di 1300 metri e le provviste non sono sufficienti. Mentre mi inerpico sul sentiero elenco mentalmente quello che abbiamo raccolto fra i minimarket di Ouranoupoli e Karies, il capoluogo del monte Athos, l’unico luogo con negozi della Repubblica monastica. Abbiamo una scatoletta di sardine, una di tonno, due pacchetti di cracker e un paio di barrette energetiche a testa (che ormai ci nauseano). Dovranno bastarci fino al monastero che raggiungeremo solo la sera del giorno successivo dopo altre otto ore. Non basteranno.
<" title="In cima al monte Athos" /><" width="450" class="wp-image-5883" height="450" />Sul monte Athos. La campana della cappella e rifugio Panaghia
(foto di Patrick Colgan, 2015)
Veniamo superati da un gruppo di ragazzi greci con massicci anfibi e zaini militari sicuramente più scomodi e pesanti dei nostri. I loro passi sembrano lunghi il doppio. E’ la fame che ci ha portato allo stremo dopo tante ore di cammino. Io ho solo una cosa in mente, la scatoletta di tonno che mangerò stasera, ma i miei piedi non riescono a seguire i pensieri che corrono alla meta.
Rifugio Panaghia, quota 1500 (foto di Patrick colgan, 2015(
Al rifugio Panaghia (foto di Patrick Colgan, 2015)
La notte sul monte
25 luglio
Mi sveglio che fuori è buio. Dobbiamo partire all’alba per salire gli ultimi 500 metri di dislivello che da quota 1.500 ci porteranno alla vetta del monte. Le brande cigolano a ogni respiro e, visto che siamo in venti in questo stanzone spoglio, la notte è stata una sinfonia di stridori metallici. Ci sono due ragazzi tedeschi che si stanno preparando in silenzio, anche se sono appena le tre e mezza stanno per salire alla vetta col buio, per arrivare all’alba. Esco dal rifugio sotto un cielo stellato profondo e luminoso. Sembra uno squarcio nel tessuto della realtà, non ci si può mai preparare davvero a questo spettacolo. La notte non è scura, è un velo brillante che ci avvolge con una misteriosa dolcezza e sembra assorbire non solo i suoni, ma anche i pensieri degli umani e portarli lontanissimo. Anche a me sembra di staccare i piedi dal suolo: la luna illumina il mare e per qualche secondo mi illudo di poter camminare sulla striscia argentata come se fosse un ponte. Posso raggiungere in pochi passi l’isola di Samotracia, o con un tuffo la penisola della Sithonia, dove qualcuno starà ancora tirando tardi in qualche locale. Posso raggiungerlo per il bicchiere della staffa. Poi una stella cadente taglia in due il cielo troppo velocemente perché possa esprimere un desiderio. I due ragazzi tedeschi nel frattempo si sono incamminati al buio e in pochi minuti le loro lampade frontali sono diventate due luci piccolissime. Stelle tremolanti sulla grande ombra scura del monte che si confonde col cielo.
Fra poco saremo come loro.
L’ombra del monte Athos si allunga sul mare al tramonto (foto di Patrick Colgan, 2015)