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In cosa crede chi crede? Il coraggio del martire

Da Andream
Già in un altro post, intitolato «In cosa crede chi crede?», mi sono interrogato sul significato intimo del credere da parte di un fedele. Elencavo quattro possibili combinazioni del credere/non credere e del credere-di-credere/non credere-di-credere; una di queste possibilità era credere-di-credere in qualcosa senza credervi davvero. Ok, penso che un esempio renda meglio l'idea: ho trovato un caso in cui mi pare che sia evidente come alcuni credenti credano di credere in qualcosa, ma non vi credano affatto.
Un atto di eroismo
Qualche tempo fa mi è capitato di leggere la storia del martirio di un santo cristiano, di cui non ricordo il nome. Parlo di un martire dell'antichità, messo a morte da qualche imperatore romano. La storia è più o meno la seguente.
Un imperatore romano decide di perseguitare i cristiani, e soldati arrestano un cristiano. Portato davanti al giudice, al cristiano è proposta una scelta: fare i nomi dei suoi correligionari, abiurare la fede ed essere liberato; oppure essere torturato per un intero giorno e poi essere messo a morte. Il cristiano sceglie di non tradire i propri fratelli né la propria fede: è preso, torturato per un giorno intero e poi ucciso.
Ora, credo che tutti siano concordi con me che il comportamento di quel cristiano sia stato eroico: poteva cavarsela mandando a morte i suoi amici e rinunciando alla propria fede, invece è morto per salvare gli uni e l'altra. Sia chiaro, che non ha cercato la morte, ma l'ha subita: il suo gesto eroico sta nell'aver scelto la propria morte in cambio della vita degli altri e della propria visione di vita.
Eppure c'è qualcosa che non torna: dal punto di vista di quel santo, come dal punto di vista di un credente, quel gesto non è eroico, ma semplicemente l'unica possibile scelta.
Un mondo al contrario
Il mondo di quel santo, infatti, è una sorta di mondo «al contrario».
Per il giudice che lo mise di fronte alla scelta, e per i carnefici che lo torturarono e uccisero la situazione è quella che ho presentato prima: da una parte c'era il tradimento dei compagni e una vita normale per il traditore; dall'altra la tortura e la morte per l'eroe e la vita per i compagni.
Ma per il cristiano la situazione è molto differente. Se denuncia i propri compagni e abiura la propria fede, avrà (nel migliore dei casi):
  • una vita serena fino alla morte naturale;
  • ma dopo di questa, verosimilmente, una punizione eterna inflittagli da Dio.
Se invece non denuncia i propri compagni e conferma la propria fede, avrà:
  • un giorno di torture e poi la morte;
  • ma dopo di queste, certamente, un'eternità di beatitudine.
Se il giudice e i soldati romani possono garantire ciò che promettono all'imputato - la libertà o un giorno di tortura e poi la morte - non può Dio onnipotente garantire ciò che promette a sua volta, la beatitudine o il tormento eterno? Di fronte a queste alternative, che cosa dovrebbe scegliere una persona?
Naturalmente il punto centrale è la fede dell'imputato: anche se dubita dell'esistenza di Dio e dell'aldilà solo al 50%, la sproporzione tra le due possibilità - tortura per un giorno o tortura in eterno - spinge ovviamente verso una sola soluzione, quella di scegliere la tortura e la morte piuttosto che la prospettiva di un tormento eterno. Al contrario di quello che sembrerebbe naturale!
Il coraggio del martire
Allora mi chiedo se le azioni dei "martiri", degli eroi della fede, cioè, possano essere ritenute, appunto, eroiche, simboli di una corrispondenza a standard morali più alti di quelli delle altre persone.
In fin dei conti, l'anonimo santo di cui ho parlato sacrificò alla fine la propria vita, ma altri martiri non esitano a sacrificare quella degli altri, come quelli che si imbottiscono di esplosivo e si fanno saltare in aria dentro una scuola, o quelli che si fanno schiantare su di un grattacielo a bordo di un aereo di linea; anche questi sono "martiri", di una fede differente, ma sempre "martiri".
Sono "coraggiosi", o semplicemente credono davvero in ciò in cui affermano di credere, una vita eterna di beatitudine in cambio della loro morte?

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