Associare alla figura femminile il cibo è quanto di più naturale e facile possa esistere: la donna, madre, nutre il figlio che cresce in lei con il proprio sangue e respirando per lui; una volta che il piccolo apre gli occhi al mondo, il suo corpo produce un nettare, il primo cibo dell’amore dalla notte dei tempi.
La donna ha sempre nutrito, cresciuto e protetto con la propria cucina. Ha consolato, coccolato, curato. Ha viziato. E tentato. Spesso poi la cucina era uno dei pochi modi per esprimere la propria creatività senza destare troppi sospetti in quel mondo, più o meno antico, che ha sempre visto in una certa autonomia e determinazione femminile qualcosa di sospetto se non addirittura di maligno.La conoscenza delle erbe, per esempio, poteva diventare pretesto per formulare accuse di stregoneria e successive condanne al rogo e nel contempo poteva diventare uno stimolo per approfondire, con lo studio, una scelta radicale di vita dettata dalla fede.Curare con il cibo, il corpo. Curare con il cibo, l’anima. E raggiungere l’estasi…
..immagino un luogo senza tempo e un tempo senza spazio nel quale due donne, molto diverse fra loro, si incontrano, consentendo a me di assistere alla loro conversazione.Le loro esperienze terrene non possono essere state più diverse e sono quasi mille gli anni che le dividono collocandole in momenti distinti della storia del mondo; eppure entrambe hanno amato attraverso il cibo e con la conoscenza di esso e nello specifico delle radici di ogni ingrediente utilizzato per curare le offese che il tempo e la natura procurano al corpo.Si avvicinano e si osservano, con la garbatezza che detta la curiosità e il reciproco rispetto, un sentimento oramai desueto…e si raccontano.
Con gesti misurati e voce pacata, Suor Hildegard Von Bingen si apre alla sconosciuta interlocutrice narrando della vita che con alcune sue consorelle trascorreva in un monastero benedettino, nella fredda Assia Renana agli albori del nuovo millennio. Vita semplice e alle volte dura, cadenziata dai momenti di preghiera che per 7 volte al giorno interrompevano gli obblighi quotidiani che la regola monastica aveva ben riassunto in “ora ed labora”.Narra con pudore come fu accolta dalla Madre Badessa e come venne iniziata allo studio del latino, della filosofia, dell’astronomia, della teologia e della botanica anche se lei, piccola donna di fragile costituzione, non essendosi dedicata allo studio fin dalla prima infanzia, si sentì sempre “illetterata” rispetto alle consorelle.Fu così che il lavoro dell’orto, attività fondamentale per l’approvvigionamento di ortaggi e frutta con i quali preparare i pasti frugali che la regola consentiva, divenne letteralmente il “campo” dove approfondire le conoscenze già sue di botanica. Nei lunghi giorni trascorsi nel silenzio della biblioteca del monastero formulò ipotesi ed elaborò tesi, testando poi in cucina la bontà di quanto ipotizzato. Il suo mantra si potrebbe definire molto semplice: tutto il cibo messo a disposizione dalla Creazione è buono. Non c’è nulla di peccaminoso o di maligno visto che proviene dalla mano misericordiosa di Dio: imparando a conoscerlo, ad apprezzarne le sue qualità organolettiche, a mettere a punto le combinazioni tra nutrienti non solo si nutrirà il corpo ma si riuscirà nel compito più difficile ovvero quello di nutrire l’anima. Mens sana in corpore sano non vuol dire solo che bisogna nutrirsi per star bene ma che un cibo che da piacere è in grado di elevare l’anima al cospetto del divino.I suoi studi in botanica poi la portarono a fare una scoperta fondamentale per l’attività brassicola, tipica di ogni monastero e che nel medioevo era di esclusivo appannaggio delle donne ovvero il luppolo, da quel momento ingrediente irrinunciabile per la produzione della birra.
Madeleines un po' tentatrici, con mela e cannella (per 12 madeleines grandi)Ingredienti70 gr di farina 00, la punta di 1 cucchiaino di lievito, 70 gr di burro chiarificato, 2 uova bio e 1 tuorlo, 1 mela renetta, 1 pizzico di cannella, 1 stecca di vaniglia, 70 gr di zucchero semolato, 1 pizzico di sale.ProcedimentoSbucciare la mela, grattugiare la polpa ottenendone una purea.Setacciare la farina con il lievito, sciogliere il burro, unire lo zucchero, la cannella e i semini della vaniglia (non buttate poi l'involucro esterno: mettetelo nel vaso dello zucchero o del sale e avrete una materia prima profumata senza la chimica) alle uova e sbattete bene. Unire la purea di mela.Versare la farina sulle uova, unire il pizzico di sale, mescolare bene e unire un po' alla volta il burro ottendendo un composto sodo e lucido. Coprire con pellicola alimentare e far riposare in frigo almeno un paio d'ore.Accendere il forno statico a 210°, riempire quasi completamente le cavità dello stampo da madeleines precedentemente imburrate ed infarinate ed infornare: cucinare per 2' a 210° e per altri 7-8' abbassando la temperatura a 170°.Sformare, lasciar raffreddare sopra una gratella e condividerle.






