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IN CUCINA CON LO SCRITTORE Aurelio Raiola, Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli

Creato il 16 luglio 2014 da Gnoma
IN CUCINA CON LO SCRITTORE Aurelio Raiola, Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli
Interviste culinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore (Aurelio Raiola, Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli, Homo Scrivens, edizioni, 2014) per averci aperto la porta della sua cucina.

*Piccola presentazione del libro* a cura dell’autore

Claudio Graziani torna dopo trent’anni nel suo quartiere natale, Sirena. Un quartiere tipico e genuino di Napoli, un luogo della mente, che non esiste o, forse, esiste troppo. Apparentemente è qui per una sola ragione: scrivere una guida turistica. Con questo spirito e queste intenzioni, parte alla riscoperta di una zona della città che comprende ben presto di non aver mai conosciuto davvero. Durante il viaggio, a piedi o a bordo del pittoresco e imprevedibile tram L3, sarà accompagnato da due ragazzi, Nino e Ninetta, che gli mostrano la Sirena di oggi. A ogni fermata si imbatte in monumenti dimenticati, personaggi di una volta, carte e storie di una Napoli forse non così lontana come si direbbe. Ma qual è la vera ragione per cui Graziani è tornato, e cosa lo aspetta alla fine del viaggio? Sirena è un viaggio al quadrato, una passeggiata nel quartiere dei quartieri e nei diversi generi letterari ed epoche storiche. È una discesa vertiginosa nell’oleografia di una Napoli descritta come mai prima: una cartolina dai colori opachi ma ancora vivissimi, percorsa da una tarantella antica eppur nuova, vissuta da donne e uomini di carne e cartone, fantasmi dalla normale eccezionalità. Perché niente, a Sirena, è esattamente quel che sembra. LINK per acquistarlo on line  http://www.homoscrivens.it/Catalogo/Dieci/index.html
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare? Sì, mi piace mangiare e mangiare bene. Quanto a cucinare, beh, ho deposto le armi da quando ho sposato una cuoca eccezionale. Lo fa per dovere o per piacere? Per dovere, ma con piacere. Mi piace l'idea di aprire una madia, prendere ingredienti e creare un piatto con talento e passione. Ma mi manca il talento. O l'applicazione. Spesso pure la madia. Però l'idea mi piace. Invita spesso amici a casa o è ospite di altri? Da quando sono nati i ragazzi la vita sociale ha subito una drastica contrazione, ma ci accade più spesso di invitare. Ha mai conquistato una donna cucinando? Ahimè no, sarebbe scappata prima ancora di conoscere il mio lato migliore. Che, in effetti, non è stato ancora scoperto. Vivrebbe con  una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli? Certo, che problema c'è? Poi le regalo un corso di cucina. Quando ha scoperto questa sua passione? Durante l'adolescenza. Quando, da piccolo chef, mi alternavo ai fornelli con le mie sorelle quando i miei non potevano. Era una gara a chi cucinava peggio, non ho ancora deciso se era più terribile la pasta al burro della mia prima sorella o le graffe in titanio della seconda. Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? Ricordo che la nonna paterna, di Torre del Greco, mi chiedeva sempre: Te murisse 'e famme a' nonna? Mentre la nonna materna, di Napoli, al mio grido: Nonna,  ho fame!. Mi redarguiva con affetto, segnando in maniera indelebile i miei rapporti con il mondo esterno: Non si dice fame, si dice: appetito. Ho trascorso la mia infanzia alimentare tra questi due estremi, ma sempre ben rimpinzato da entrambe. Ha un piatto che ama e uno che detesta? Adoro la pasta in ogni formato e con qualsiasi sugo, ma la voce del sangue urla: paccheri al ragù! E non detesto nulla. Diciamo che non stimo il capitone, onnipresente sulle nostre tavole a Natale. Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? Una domanda da non fare a chi, a vent'anni, assaporava con gusto gli spaghetti blu di metilene. Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale che la fa stare concentrato a scrivere? Per qualche anno ho avuto un blog, e per scrivere di notte prendevo una bevanda energetica. Poi ho smesso entrambi, la bevanda e il blog, e ancora non so cosa fosse più tossico. Ora, d'estate, ho imparato a fare il caffè soffiato con latte di mandorla, una specialità salentina. Ma il caffè lo faccio con la caffettiera napoletana, una goduria. Che buono, lo voglio provare! Scrive mai in cucina? Solo con la tivvù accesa durante talk show politici. Sono un masochista creativo. Altrimenti dove ama scrivere? e a che ora le viene più naturale? Scrivo in una stanza che la famiglia mi ha lasciato in comodato gratuito, in mezzo ai miei amati libri. Quelli scritti da altri, ci tengo a precisare.  Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza,snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? Quando sono solo in casa, il che accade di rado, vago come uno zombie alla ricerca del cracker perfetto, quello senza pomodoro, senza origano e senza mediterraneo. Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? Crescendo – chi ha detto: invecchiando? – i miei gusti stanno scivolando verso il dolce. Spero non la mia scrittura. (Gli scrittori non invecchiano mai… NdG) Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? I miei movimenti in cucina a ora di pranzo si limitano, oggi, ai soli spaghetti al pomodoro fresco. Preso da bramosia social, poi, qualche tempo mi venne il ghiribizzo di fotografarli e incorniciarli su facebook. Metti un pomodorino a vista, anzi due, spolvera con prezzemolo, aggiusta la luce. Foto su foto, e spaghetti sempre più freddi. Ma non ero soddisfatto, volevo la foto perfetta; quella con gli spaghetti come si usa oggi, a vortice, una specie di unica forchettata. Ho provato ad arrotolarli con la forchetta per girare l’insalata, poi col forchettone, infine in una tazza da latte per poi capovolgerli nel piatto. Macché, niente da fare, mi esce sempre una specie di Guernica, saporitissimi ma di una bellezza per intenditori, diciamo così. Mi presteresti il coppapasta? Lei è uno scrittore di narrativa quando esce a cena con i suoi figli, o amici  che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie? In famiglia preferiamo andare al pub, dove i ragazzi possono sfogarsi con panino e patatine e noi adulti gustare una buona birra ambrata. Ma tra un po' sarà la birra a tradirci con i ragazzi, stanno crescendo troppo in fretta. Oppure per festeggiare una pubblicazione?  Cosa tende a ordinare in un locale? Quando vado in una pizzeria, se voglio farmi un'opinione sul pizzaiolo ordino una margherita. Le pizze impupazzate, quelle con troppi ingredienti, coprono troppo gli errori. Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Alla prima nella mia città mia moglie ha preparato una torta colossale, con il golfo di Napoli in bella vista. Non è rimasta una briciola! Che brava! Lei è uno scrittore fortunato. Quindi tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo? Dipende dal tipo di locale. Ma nelle librerie no, ho una sorta di sacro rispetto. Ha mai usato il cibo in qualche storia? Certo. Come si fa a raccontare la vita senza il cibo? Ad esempio in  Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? I miei protagonisti attraversano Sirena accompagnati da una nuvoletta di spuma di mare e profumo di caffè. Ma nel viaggio si imbattono pure nella fetta scogliata, una fetta di pane vecchio su cui donna Catena sparge l'impossibile (da provare sotto controllo medico). Il cibo è mai co-protagonista? Solo nei posti fighetti, dove fai lunch ascoltando musica lounge. A Napoli il cibo s’impone, qui una pizza ci seppellirà. Sirena. Viaggio umoristico nel ventre di Napoli a che ricetta lo legherebbe, e perché? Alla ricetta dell'impanata, la specialità di donna Marenna, prima passata nella farina poi nell’uovo, poi fritta; quindi sbattuta nel pan grattato e poi rifritta, fino a raggiungere una consistenza morbida e croccante insieme, uno sballo per gli occhi e il palato ma, soprattutto, per il fegato. Di cosa è fatta? Ora volete davvero sapere troppo. Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta speciale? Quella che le riesce meglio? Visto che è l'unica che so fare, consiglio a tutti GLI SPAGHETTI AL POMODORO FRESCO. 400gr di spaghetti 500 gr di pomodorini 1 spicchio d'aglio olio extravergine d'oliva peperoncino sale
Mentre lasciate imbiondire l'aglio in un padella con l'olio, lavate i pomodorini (quelli che vi piacciono di più: piennoli del Vesuvio, pachino, datterini) e tagliateli a metà. Poi versateli nella padella dopo aver tolto l'aglio, aggiungete sale e peperoncino. Fate cuocere a fuoco vivo e con i rebbi (finalmente ho potuto usare la parola: rebbi!) della forchetta schiacciate i pomodorini. Dopo circa venti minuti spolverate con il prezzemolo tritato, calate la pasta e condite a volontà. Grazie è proprio la ricetta estiva per antonomasia, e ora ci sono i pomodori freschi migliori. Una spaghettata piccantina come il suo libro. Quale complimento le piace di più come cuoco? Mi hai fatto arricreiare! Che in napoletano significa che mi hai fatto godere, con qualche accezione in meno ma anche diverse in più dell'italiano. E come scrittore? Mi hai fatto arricreiare! Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? Vi lascio con un pensiero del protagonista, che anche quando pensa al senso profondo della vita non riesce a non parlare di cibo. Anzi, col cibo: “… mi sono stancato di vivere una vita da descrivere passo dopo passo, per la memoria di altri. È come se il setaccio che ho in testa non riuscisse a trattenere questi attimi di farina, troppo sottili e impalpabili per restare impigliati nelle maglie della mia memoria. Forse è arrivata l’ora di cambiare. Ho bisogno di momenti chiatti, di briciole di vita più simili a braciole che a perline colorate; ho bisogno di spaghetti al pomodoro e basilico, di fagioli sul pane raffermo nelle mattine d’inverno, e che le brioche se ne vadano pure a fare in culo, con tutto il garbo che il momento richiede. Ho bisogno del colesterolo buono che vive a queste latitudini, degli abbracci cotti al sole caldo, di una vita più invadente e meno rispettosa. Ho bisogno di più amore e meno libertà”. Grazie per la sua disponibilità. Termino con Aurelio Raiola questa serie di interviste culinarie a scrittori, augurandovi buone ferie. Riprenderò a settembre con nuovi libri e nuovi scrittori. Federica Gnomo Twins  


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