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In diretta da Alamogordo – Quanto la narrazione nei videogiochi è legata alle reazioni dei giocatori?

Creato il 25 ottobre 2013 da Fabioeandrea

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Torno sul luogo del delitto, parlerò di videogiochi e cinema contemporaneamente, di nuovo, ma stavolta entrando nel merito di questioni più specifiche, attraverso una rubrica apposita.

Una cosa della quale abbiamo parlato io e il mio collega ieri è che sembra esserci un’idea distorta, da parte di molti studi indipendenti o grossi publisher, su come si renda giustizia ai videogiochi come medium.

Ogni giorno vengono pubblicati articoli su articoli su siti specializzati che parlando di nuovi videogiochi in arrivo o anche in sede di recensione usano termini come “cinematografico” e espressioni come “sembra un film” fraintendendo però cosa sia davvero il cinema.

Quando questi termini vengono tirati in ballo vengono usati infatti per identificare un certo tipo di immagine che pone una certa enfasi nel montaggio di una scena, nella velocità delle immagini(la così detta slow-motion) o dei dialoghi che prendono spunto dai più abusati stereotipi di certi generi di film.

Ma quello non è rappresentativo di tutto il cinema.

Il cinema è anche altro, non solo immagini e musiche molto enfatiche.

Quindi è evidente che chi crea videogiochi vada al cinema e che poi cerchi di imitare una cosa che ritiene sia bella.

Ma c’è un problema, perchè spesso vengono imitate o copiate singole scene con risultati un po ridicoli, perchè spesso ciò che il giocatore ha fatto non sembra affatto dover approdare ad esse in termini di causa ed effetto.

Perchè c’è un fraintendimento di fondo: le scene che sono piaciute loro non esistono in quanto elemento singolo, ma come risultato del procedere di una storia.

Ovvero: la scena è bella perchè gli avvenimenti e i personaggi hanno portato il film in maniera naturale verso di essa, in un crescendo drammaturgico.

Ma chi crea videogiochi non è esperto nella scrittura apposita per il mezzo espressivo che sta usando, perciò prima di tutto pensa ad una premessa piacevole, crea intorno ad essa delle azioni da mettere a disposizione del personaggio che il giocatore controllerà e il modo di raccontare la storia è secondario rispetto al modo con il quale si interagirà con essa.

Tutto questo ha degli effetti precisi visibili nel videogioco medio: la parte del gioco che si occupa di raccontare la storia di fatto non fa parte del gioco, ma è un “a parte” non interattivo, che riprende, abbreviandolo, il modo di raccontare attraverso le tecniche usate nel cinema per un certo tipo di genere narrativo che il gioco ha in comune con certi film.

Ma ciò non rende il gioco cinematografico…rende i contenuti del disco nel quale è contenuto schizofrenici nel ritmo e nel modo di comunicare con il fruitore, che passa attraverso parti con un ritmo preciso e una comunicazione vicendevole-il gioco mostra qualcosa sullo schermo e il giocatore comunica ad esso le sue reazioni tramite un apposito dispositivo, il pad-nelle parti giocate, ad altre che prevedono un cambio di ritmo e una comunicazione unilaterale, con le quali è impossibile interagire.

Perchè questo accade?

Forse perchè nel 1998 uscì un gioco che imitava il cinema, un esperimento gradevole che tutti provarono a copiare, non capendo che il suo gradimento nasceva proprio dalla sua natura, unica e irripetibile in quanto variazione di un modo di produrre videogiochi che prevedeva poche opzioni.

Metal Gear Solid ha in maniera indiretta cambiato tutto, ma non in meglio.

Hideo Kojima non sapeva di aver creato involontariamente un gioco che altri avrebbero preso, sbagliando, a modello.

Perchè si tratta di uno sbaglio?

Perchè se è vero che è affascinante per molti studi, giornalisti e giocatori l’idea di un ibrido di narrazione passiva ed attiva, è anche vero che la narrazione passiva svilisce quella interattiva, talvolta relegando la storia nelle parti non interattive, di fatto reprimendo il potenziale vero dei videogiochi, privi di parti spurie che impediscano al giocatore di interagire e fare parte della storia nella quale si vuole calare.

E questo accade perchè si è messa in pausa la ricerca di un codice creativo con il quale scrivere e sviluppare storie totalmente interattive in ogni loro parte, in favore di uno che attinge da alcune parti della catena produttiva di un’industria, quella cinematografica, che ha però regole e caratteristiche intrinsecamente differenti per via della natura dei film, differente rispetto a quella dei videogiochi:

I film sono immagini in movimento che puoi solo osservare, puoi goderti la visione della storia con i suoi tempi stabiliti e quindi osservare solo all’interno di quei limiti temporali i personaggi e le loro emozioni e le scenografie che nascono dalle idee del regista e i suoi stretti collaboratori, mentre invece i videogiochi sono immagini che muovi tu stesso, godendoti la visione non solo della storia, ma potendo anche osservare i luoghi e i personaggi con i tuoi tempi, nascono dal game director del gioco, il direttore creativo, i designer di ambienti e personaggi e i programmatori.

Vi lascio con una provocazione:

odio leggere articoli che trattano di Heavy Rain e di Beyond – Due Anime usando l’espressione “film interattivo”…perchè quelli sono giochi, lo sono eccome e seguono delle regole che sono diverse rispetto a quelle di molti altri, perchè lo studio Quantic Dream e il suo game director David Cage hanno capito che, ad un livello elementare, si gioca prendendo delle decisioni reagendo a ciò che si vede sullo schermo.

Il fatto che si premano meno spesso i tasti rispetto ad altri titoli non li rende meno interattivi, perchè l’importante è il peso delle proprie interazioni, non la quantità.

Lasciamo a Call of Duty la vacuità del premere tasti di continuo.

Give David Cage a chance.


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