Magazine Diario personale
È piuttosto un fatto di buon gusto, di relazionarsi con gli altri evitando di compiacersi nel rendersi sgradevoli. Considero la bestemmia alla stregua di qualsiasi altra volgarità verbale; né più né meno.Se bestemmio, se dico vaffanculo ogni volta che mi esprimo, non mi preoccupo della blasfemia o del giudizio morale.Mi terrorizza un’altra idea: risultare noioso.E il cattivo gusto, solitamente, annoia. Come la banalità.
Siccome non penso di ledere o urtare nessuna divinità vendicativa, posso accennare le bestemmie che più facilmente mi sfuggono di bocca: porco dio, dio cane, dio bestia… direi che non occorra proseguire, per un fatto di buon gusto lascio tranquilla la madonna e tutti gli angeli in colonna.
Non ho scritto queste bestemmie per fare il supponente, il brillante o lo sprezzante.Niente di tutto ciò.Secondo me l’atto di “bestemmiare” è indice di stupidità, di volgarità e anche di ignoranza.Avere costantemente bisogno di parolacce per esprimersi nel parlato di tutti i giorni denota, come minimo, scarsa istruzione, carente educazione, poca intelligenza.A esprimersi con termini scurrili è capace qualunque idiota. Ci riesco pure io.Per giunta, prendersela con uno sconosciuto signor Dio, che forse nemmeno esiste, è da sfigati. Se poi quell’Estraneo esistesse davvero, indisporlo sarebbe davvero da coglioni.
La bestemmia, rispetto alla parolaccia, è aggravata dalla mancanza di riguardo verso la sensibilità religiosa di chi è credente e forse anche praticante un determinato culto. Culto dal quale io mi sono dissociato, ma ciò non fa di me un individuo “superiore”. Anzi, la bestemmia mi confermerebbe un individuo “inferiore”, intellettualmente e culturalmente.
Eppure continuo a essere un poco ignorante, un poco stupido, un poco maleducato, un poco sguaiato.Che ci posso fare?! Raramente, ma capita che una bestemmia mi scappi.Beninteso, non mi affliggo più di tanto per questo; anzi, a volte la bestemmia non mi preoccupo proprio di trattenerla. Sempre meglio sbraitare al vento che somatizzare al fegato.Non me ne vanto, ma un bel “porco dio”, una tantum, può essere terapeutico.Inoltre il linguaggio sboccato può essere un strumento tecnico letterario, un'espediente artistico, per “insaporire” un poco l’espressività, orale o scritta; magari con intenti umoristici, condivisibili o meno.L’abilità, come con le spezie, sta nel non abusarne, altrimenti il gusto si guasta.Qua sul blog mi capita di bestemmiare intenzionalmente, senza alibi d’umoralità istintiva; soltanto a un pazzo mancherebbe la lucidità di sapere cosa digita e cosa si appresta a pubblicare.Non smetterò certo di farlo (di “fare il personaggio che bestemmia” intendo).
Nel dialogo quotidiano invece, per me un “porco dio” è grave quanto un “figlio di puttana”, né più né meno: una triste prova di volgarità, non di coraggio, ma nemmeno di eresia da condanna morale.
Mi capita di scusarmi – anche per non intavolare “insostenibili” confronti filologico-teologici con chi si scandalizza per la mia bestemmia.Soprattutto mi scuso, prontamente e sinceramente, con quelle persone che mi sono esempio di buon gusto, sapendosi esprimere in un linguaggio pulito, educato, ricco di vocaboli, senza usare il cazzo e la figa al posto della virgola e del punto.Con loro mi scuso per la mia ignoranza e maleducazione, per aver urtato e annoiato i loro timpani.Mi scuso per aver annoiato la loro estetica.
Però!Però mi incazzo e divento un cicinino antipatico quando arriva il “credente” di turno a tirarmi le orecchie, rimbrottandomi perché bestemmio, quando egli quotidianamente, molto più di me, è tutto un “porco ziole”, “porco due”, “zio cane”, “zio boia”, “zio porco”.
Definizione dell’elenco appena digitato:Espediente per bestemmiare utilizzato da chi, oltre che bestemmiatore, è anche troppo ipocrita per ammettere di esserlo, e troppo codardo per affermarlo chiaramente. A meno che non abbia per parente un labrador o un alano, oppure che il parente in questione, per quanto antropomorfo, non abbia un comportamento talmente riprovevole da renderlo equiparabile al miglior amico dell'uomo. La terza eventualità, mancando la quale si ricade nell'ipocrisia iniziale, è che lo zio abbia origini mongole e discenda in linea diretta da Gengis. Lo stesso zio esercita, evidentemente in clandestinità, al soldo della malavita o in qualche nazione estera dove è prevista la pena di morte, la nobile professione del carnefice.
Ecco.Da questi “baciapile sfigati alla porco due” non mi lascio dire “Ma la smetti di bestemmiare?!”A certi brillantoni glielo scandisco in faccia il porco iddio dell’iddio porco!Quando bestemmio, bestemmio.Se qualcuno preferisce il culto di un venerabile parente boia incappucciato, faccia pure.Io sono un romanticone, mi piace il genere classico, e mi trovo meglio con Anubi.Non sono bigotto; sono scurrile, ignorante, maleducato, stupido, ma non bigotto.Allora anche la bestemmia può rivelarsi un utile esercizio per tenersi allenati contro l’ipocrisia.
Mi metto a correggerli, e li sbeffeggio, scandendo bene le sillabe.“Intendevi dire porco dio vero? O a scuola andavi così male che ti è rimasto uno psicotrauma irrisolto col numero due? Davvero la maestra ti dava due nel tema in classe? Lasciami indovinare! Faceva Ziole di cognome, vero, la troia fottuta? Che zoccola, dio cane!”
Insomma, prima risolvi i problemi con tuo zio (che se fa il boia dovresti pure denunciarlo).Poi, se vuoi, parliamo di dio.E di cotechini.
K.
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