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In focus: gli arazzi di caccia del Devonshire

Creato il 22 febbraio 2014 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra
Per secoli gli arazzi sono stati tra i più grandi tesori di nobili e sovrani. Oltre a rendere le stanze più colorate e confortevoli e ad isolare le pareti in pietra mantenendo il calore all’interno, gli arazzi erano oggetti estremamente preziosi e costosi che la dicevano lunga sulla ricchezza di chi li possedeva - in questo caso il duca di Devonshire. Inoltre, vista la natura itinerante delle corti medievali, gli arazzi avevano anche il grosso vantaggio che si potevano arrotolare e spostare da un luogo all'altro con facilità. Purtoppo gli arazzi giunti intatti fino a noi sono relativamente pochi: secoli di sporco, polvere ed esposizione alla luce ne hanno danneggiato i colori, a volte in modo irreparabile.
Fortunatamente (per noi posteri) gli arazzi di caccia del Devonshire sono sopravvissuti alla distruzione in quanto, nel 1840, il VI duca di Devonshire li aveva utilizzati per isolare le pareti della Long Gallery a Hardwick Hall. Ora fanno bella mostra di se nella Tapestries Gallery del Victoria and Albert Museum.

In focus: gli arazzi di caccia del Devonshire


Devonshire Hunting Tapestry detail. Netherlands, 15th century. © Victoria and Albert Museum, London

Le Cacce del Devonshire sono di un gruppo di quattro magnifici arazzi fiamminghi risalenti alla metà del XV secolo. Sono enormi, misurano oltre 3 metri di larghezza, e si pensava inizialmente che fossero stati commissionati per il matrimonio di Margherita d'Angiò ed Enrico VI di Lancaster nel 1444–5 (anche se lo studio degli abiti ha dimostrato che precedono questo evento di almeno dieci anni). Raffigurano uomini e donne impegnati nella caccia al cervo, all’orso, alla lontra e nella caccia con il falco, rigorosamente abbigliati secondo la moda dei primi anni del XV secolo. La caccia era un tema particolarmente amato ed era un passatempo comune a molti degli individui e delle famiglie d'alto lignaggio che possedevano arazzi. Oltre a provvedere carne, la  caccia era considerata uno sport elegante, adatto a nobili e sovrani.
Comunque. Una volta sono inorridita ascoltando una delle guide volontarie del museo raccontare ad un gruppo di visitatori che gli arazzi erano l'equivalente medievale/rinascimentale della televisone. Ma basta guardarli con un po' di attenzione per capire cosa intendeva dire quella signora con quell'affermazione filistea. Ci sono così tante cose che accadono contemporaneamente! La ricchezza di interazioni, il gioco degli sguardi e gli amoreggiamenti tra dame e cavalieri, le storie dei cacciatori e degli animali cacciati. Soprattutto c'e' la ricchezza dei dettagli dei meravigliosi costumi.

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The Devonshire Hunting Tapestries, circa 1425-1430.

Con l'Inghilterra e la Francia impantanate nella Guerra dei Cent'Anni e l'Inghilterra alle prese con la Guerra delle Due Rose per gran parte del XV secolo, la moda europea a nord delle Alpi era dominata dalla scintillante Corte del Ducato di Borgogna, soprattutto durante il regno di Filippo il Buono (1419-1469) che controllava il sud dei Paesi Bassi, un'area famosa per la produzione di arazzi (anche i famosi arazzi della Cappella Sistina furono tessuti qui). Con l’annessione dell’Olanda e delle Fiandre, i duchi di Borgogna avevano accesso a tessuti provenienti dall'Italia e dall'Oriente e alle lane inglese che arrivavano a Bruges e ad Anversa. Gli abiti dei personaggi degli arazzi sono quelli indossati a corte, in particolare a quella di Borgogna. Certo, pare molto improbabile che qualcuno andasse a caccia vestito in modo così esotico (e scomodo). Ma chi sono io per dirlo? Io che non sono: a) nobile, b) detesto la caccia?
Gli abiti delle donne avevano la vita alta e una profonda scollatura a "V" ed erano realizzati in tessuti di lana tinti con colori preziosi come il rosso, il verde e il blu intessuti d’oro. Il blu era un colore prezioso, difficile da ottenere e il fatto che in questi arazzi ce ne sia in abbondanza dimostra ancora una volta la ricchezza del proprietario. Il blu dei tessuti era ottenuto dal guado o dall’indaco, ma seppure bello non poteva competere con quello ricco e profondo derivato dai lapislazzuli che componeva la base per i pigmenti dei manoscritti miniati contemporanei come come la Très Riches Heures du duc de Berry. Il copricapo più stravagante della moda borgognona era l'hennin, un cono o cappuccio a forma tronco-conica che poteva arrivare ai 90 cm di lunghezza, rivestito in tessuto e sormontato da un velo da cui si svilupparono poi le fantasiose varianti a forma di mezzaluna indossate dalle dame in questione. Un modo come un altro per sembrare altissime senza dover indossare le scarpe con il tacco suppongo...

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