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In Giappone sospesa condanna a morte dopo 48 anni

Creato il 28 marzo 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
In Giappone sospesa condanna a morte dopo 48 anni mar 28, 2014    Scritto da Adriana Bianco    Asia, Attualità, Mondo 0

In Giappone sospesa condanna a morte dopo 48 anni

Il giapponese Iwao Hakamada, 78 anni, detiene il triste primato del più longevo condannato a morte del mondo, secondo Amnesty International.
Era il 1968 quando Iwao Hakamada era stato condannato a morte per omicidio multiplo e per 48 anni Hakamada è stato tenuto in prigione, quasi interamente in isolamento, in attesa del giorno del giudizio.
Giovedì, la Corte del Distretto di Shizuoka ha sospeso la pena di morte e rilasciato l’anziano detenuto dopo aver analizzato le ultime prove del DNA presentate dalla difesa, che potrebbero dimostrare la sua innocenza. Infatti, secondo i suoi avvocati, le recenti prove dimostrano che il DNA dell’ imputato non combacia con quello trovato sugli indumenti dell’assassino e fanno pensare che le prove contro di lui fossero state costruite. Di fronte a questi nuovi sviluppi, la corte ha ritenuto ingiusto trattenerlo più a lungo in prigione e l’ha rilasciato.
L’uomo era stato condannato nel 1966 per l’omicidio del suo datore di lavoro, di sua moglie e dei due figli.
Secondo Amnesty International, Hakamada aveva confessato la sua colpevolezza dopo 20 giorni di interrogatori della polizia, durante i quali era stato sottoposto a minacce e violenze.
Per gli scorsi quattro decenni, il signor Hakamada è stato tenuto in isolamento in attesa del giudizio definitivo, in seguito al lungo processo di ricorsi per il suo caso. Questa condizione di segregazione, è probabilmente la causa del peggioramento della sua infermità mentale.
Roseann Rife, la direttrice del centro di ricerca di Amnesty International in Asia, ha aggiunto: “Le autorità giapponesi dovrebbero vergognarsi per il barbarico trattamento inflitto al signor Hakamada. Per più di 48 anni ha vissuto costantemente sotto la minaccia dell’esecuzione, non sapendo se sarebbe stato mandato a morte da un giorno all’altro. Questa è tortura psicologica.”
La sorella del signor Hakamada, che ha trascorso tutti questi anni a combattere per la liberazione del fratello, tratteneva a stento le lacrime mentre parlava con i giornalisti. “Sono fiera di lui per aver resistito tutti questi anni. Quarantotto anni sono un’eternità”.


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