Girovagando con Flaviano, debbo dire, ho scoperto tante facce del Molise, che sfuggono ad un visitatore poco attento. Con le sue fotografie apre una finestra sulla realtà, sui paesaggi, sui personaggi e abbiamo così potuto ammirare scorci panoramici stupendi, monumenti, palazzi medievali, castelli e vissuto tanta storia. Questa piccola regione è come un diamante grezzo e ogni volta ne mettiamo a nudo un pezzo importante. Oggi ci troviamo a Gildone, un'altra piccola realtà in provincia di Campobasso.
Il borgo antico sorge su un colle da cui si gode un'ampia veduta e il paesaggio è quello tipico della collina molisana con campi coltivati alternati a boschi che coprono buona parte del territorio. Il centro del paese è rappresentato dal classico borgo medievale con stradine strette e ben tenute, dove è facile incontrare persone anziane, sole, sedute in attesa di un figlio lontano, perse nei ricordi di un tempo quando tutto intorno erano bambini schiamazzanti, chiasso, vitaLe prime notizie del paese risalgono al XII secolo quando era "Celidonia" divenne poi Celdrone e infine Geldone nel XII secolo. Fra le principali attrattive del paese senz'altro la chiesa parrocchiale di San Sabino, edificio di antica origine trasformato nella struttura attuale in epoca barocca, interessanti opere di scuola napoletana si possono ammirare all'interno della chiesa di Sant'Antonio Abate. Lungo una strada del centro, una particolare cappella, una Edicola sacra, mostra ai passanti l' affresco di cinque santi: San Pietro, San Cristoforo col bambino sulle spalle, San Paolo e nelle due lunette San Rocco e San Sebastiano. In località Morgia della Chiusa è venuto alla luce un sepolcreto sannitico cronologicamente collocato tra la fine del V e gli inizi del III secolo a.C., composto da 23 tombe disposte su tre raggruppamenti diversi.
" Le tombe sono tutte a fossa, senza copertura... riempite di terra e pietre; Lo scheletro è disteso supino talora con testa reclinata... la maggior parte delle tombe presenta uno o due vasi deposti ai piedi... Le tombe maschili sono caratterizzate da un piccolo coltellino posizionato sulla spalla, da rasoi, da piccole asce, in tre casi da cinturoni di bronzo e in tre casi da punte di giavellotto. Le tombe femminili hanno le fibule (i fermagli per i vestiti) sia di bronzo che di ferro, talora con decorazione a filigrana..." (Fonti e bibliografia: Di Niro A., "Gildone. Necropoli sannitica, in Conoscenze V", Campobasso, 1989 )
Salendo sulla collina che sovrasta il paese, in zona "Montagna" si arriva a un'altezza di circa 1000 metri sul livello del mare e si trovano i resti di una lunga struttura muraria che costituisce la " fortificazione di Gildone". Le mura sono visibili per ampi tratti e sono realizzate con grossi blocchi, sovrapposti e intercalati con pezzi di minore grandezza, purtroppo lo stato di conservazione non è ottimale e la parte visibile non supera il metro di altezza. Dalla sommità si gode una splendida vista sulla valle del torrente Carapelle e sul percorso del tratturo Castel di Sangro-Lucera.
Un'importante festa si tiene ogni anno a Gildone il 13 giugno in onore di Sant'Antonio di Padova, patrono del paese. La " devozione del pane ", è una ricorrenza particolarmente suggestiva che vede, durante la processione del santo, portato a spalle per le vie del paese, tutte le donne sfilare in corteo reggendo in equilibrio sulla testa grandi cesti di vimini ornati di gigli e ricolmi di pane. Le massaie più esperte riescono a trasportarne fino a 15 kg, sfilando con passo sicuro. La pratica di tale tradizione risale agli anni '30, quando fu inviata in paese una levatrice che veniva da Rovigo, tale Amabile Tezzon, la quale, nel giorno della processione, fece trovare, al passaggio del santo, una cesta di pane e dopo la benedizione lo distribuì ai poveri, in ricordo del gesto compiuto dalla madre del piccolo Tommasino miracolato dal Taumaturgo. Da allora la commissione organizzatrice adottò questa iniziativa e divenne consuetudine. Ancora oggi il pane benedetto, preparato il giorno prima con la farina (un tempo donata dai paesani) ora offerto dai fornai del paese, viene distribuito a tutti i partecipanti. Queste tradizioni popolari legate alla fede servono a tenere uniti i gildonesi che di generazione in generazione mantengono vive le loro usanze e nell'occasione di queste ricorrenze cercano di rientrare in paese o di osservarle anche se si trovano all'estero, per quel senso di comunanza e vicinanza che, più si è lontani, più si fa forte. Da Gildone sono emigrate migliaia di persone, i primi partirono già nel 1880, il paese è passato da una popolazione media che sfiorava 3000 abitanti agli attuali 850 circa. Il fenomeno fu intenso fino al 1915, quasi si esaurì durante il ventennio fascista, per ricominciare verso la fine degli anni 40. L'origine di tale fuga dalle proprie case fu la diffusa povertà e il grande desiderio di migliorare le condizioni economiche della famiglia. I gildonesi, e i molisani in generale, partivano dal porto di Napoli per affrontare lunghi viaggi che li portavano negli Stati Uniti, in Brasile, Argentina, Canada e Australia. Erano viaggi verso una "terra promessa" ignota, spesso senza progetti concreti di ritorno in Italia. Diverso era invece il sogno di chi emigrava verso altre regioni italiane o in Europa, almeno all'inizio lasciava al paese la famiglia sperando di tornare e potersi costruire una casa, in realtà pochi poi hanno fatto ritorno definitivo, col tempo le famiglie li hanno raggiunti e si sono stabiliti nel paese di emigrazione.
Poesia di Gianni Rodari Il treno degli emigranti.
Non è grossa, non è pesante la valigia dell'emigrante... C'è un po' di terra del mio villaggio, per non restar solo in viaggio... un vestito, un pane, un frutto e questo è tutto. Ma il cuore no, non l'ho portato: nella valigia non c'è entrato. Troppa pena aveva a partire, oltre il mare non vuole venire. Lui resta, fedele come un cane. nella terra che non mi dà pane: un piccolo campo, proprio lassù... Ma il treno corre: non si vede più.