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IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti

Creato il 28 febbraio 2012 da Tnepd

Siamo al secondo capitolo della nostra breve storia della politica repubblicana. Il consiglio per chi non ne abbia ancora avuta occasione è quello di smettere subito di leggere e andarsene a spasso sotto le scie chimiche oppure a farsi una bella trombata nel terrore di prendere l’AIDS; per chi fosse capitato su questo testo senza aver cominciato la lettura dal primo capitolo, il consiglio è il medesimo.

Nel primo capitolo abbiamo visto come nel secondo dopoguerra si diffuse in Italia la favola della destra e della sinistra. Vedremo ora come evolse negli anni successivi. Furono i decenni del boom economico alimentato dal Piano Marshall. L’odierna consuetudine americana di esportare democrazia, distruggendo per poi ricostruire, era allora ai primi vagiti. In attesa di proseguire è d’obbligo spendere due parole sull’elettorato italiano di allora e di oggi.

Abbiamo osservato come la politica repubblicana sia entrata rapidamente nell’immaginario collettivo degli italiani in veste geometrica lineare. Anche oggigiorno, con poche eccezioni, se chiediamo ad un italiano come si colloca politicamente, risponderà che è di sinistra, o di centro-destra, o di centro, o di estrema destra e via discorrendo. Questa consuetudine non è un costume esclusivamente italiano, tutt’altro, ma va detto che la gente non si colloca in questo modo in tutti i Paesi del mondo. L’elettore italiano, invece, ha interiorizzato la visione bipolare del panorama politico, la visione sinistra-destra. E’ straordinaria la diffusione di quest’ordine di pensiero nella testa della gente nonostante quasi nessuno sia pienamente consapevole di cosa significhi stare da una parte o dall’altra o men che meno di cosa sia un sistema bipolare. D’altronde si può essere investiti da un’automobile anche senza essere dei meccanici. La figura 2A riporta il semplice piano lineare sinistra-destra utile ad eseguire il test.

IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti

Messo di fronte a questo test, il cittadino italiano standard tende a collocarsi così:

IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti

Fin qui non ci piove. Collocare sul piano i partiti politici è il passo successivo. Se agli albori della repubblica avessimo chiesto ai neo-elettori di posizionare sul campo i comunisti e gli anticomunisti, intuitivamente, la maggior parte di loro se la sarebbe cavata così:

IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti

Probabilmente non è cambiato molto da allora.

La favola della destra e della sinistra ha la più classica delle trame duali, quelle dei buoni e dei cattivi per capirci. Un sistema politico bipolare si fonda sull’idea che ci sono due partiti: i blu da una parte e i rossi dall’altra. Sono due antagonisti che si piazzano ai lati del campo di gioco – a destra e a sinistra – e si contendono i voti disponibili che sono sparsi nel campo. Vince chi ne prende di più. La ragion d’essere dei partiti dovrebbe perciò alimentarsi di caratteri che li distinguono; le proposte agli elettori dovrebbero, a rigor di logica, divergere. Il motto dovrebbe essere: “Occorre caratterizzarsi per essere riconoscibili!” E chi fa le proposte più apprezzate la spunta sull’altro. Insomma… vinca il migliore!

Di questo è convinta la gente. Ma ciò non accade mai. Facciamo un esempio su tutti: dal 1948 al 1992, in quarantaquattro anni di vita repubblicana, i comunisti non sono mai andati al governo. Non ci si scappa, le spiegazioni possibili di tale evidenza storica sono due: o i comunisti si dimostrarono degli incapaci per tutto quel tempo oppure la sceneggiatura era già scritta. Oggi sappiamo che la parte ‘sinistra’ dello schieramento politico italiano fu per oltre quattro decenni un movimento ideologico senza speranze di successo governativo, fu l’antagonista designata perdente e non sarebbe mai potuta essere altro.

Vediamo come mai la figura 2C non rappresentava allora e non rappresenta nemmeno oggi la realtà. Prendiamo due casi opposti: un operaio sindacalista, attivista comunista, senza un soldo e con due figli da mantenere. Quest’uomo sceglierà di piazzarsi molto a sinistra nel campo. Le probabilità di farlo diventare un estremista di destra sono bassissime. Dall’altro lato un commerciante che sogna un mondo senza tasse. E’ un imprenditore – per antonomasia votato al liberismo – e si colloca ben alla destra della nostra rappresentazione. Difficile immaginarlo passare tra le fila del movimento operaio. I due elettori descritti sono inamovibili dalle loro posizioni perciò sono voti fondamentalmente già acquisiti dai due partiti antagonisti. In generale, gli elettori schierati sono pressoché imperdibili.

Per raggranellare voti nuovi, i partiti devono riuscire ad accattivarsi gli indecisi. Questi stanno nel mezzo del tabellone in quanto indecisi su dove andare, a destra o a sinistra? Per conquistarli, i due partiti devono avvicinare le loro promesse elettorali alle loro esigenze. E’ proprio quello che fanno abitualmente.

Un’immagine vale più di mille parole:

IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti

Una promessa dopo l’altra, avviene un fenomeno che si chiama ‘convergenza al centro delle promesse elettorali’ che è provocato dalla necessità di conquistare l’elettore moderato. La convergenza al centro è un fenomeno tipico dei sistemi bipolari – non solo di quello italiano – ed è il testimone principale della loro artificiosità. Se la tensione alla convergenza non venisse puntualmente corretta prima di giungere a maturazione, produrrebbe effetti disastrosi: deresponsabilizzazione della classe politica e disinteresse dell’elettorato fra tutti.

Nell’Italia neorepubblicana, l’intrinseca tendenza alla convergenza fu addirittura accelerata da molteplici peculiarità nazionali. Ciò costrinse la Trimurti a faticare non poco per trovare una soluzione stabile. Vediamo perché.

Anzitutto mancava una vera destra liberale. Gli Stati Uniti non la vollero o non la seppero creare, in parte per merito del tradizionalismo assistenziale ancora diffuso in tutta la società, in parte per l’assenza di un’alta borghesia finanziaria adeguatamente spregiudicata, in parte perché in troppi associavano ancora il concetto di destra all’esperienza del nazifascismo.

Stava infinitamente meglio il Papa che gestiva un enorme bacino elettorale tramite la sua secolare rete di propaganda in abito scuro. Il Vaticano, a quei tempi, era dei tre soci quello meglio attrezzato per le campagne elettorali. Per questa ragione ebbe inizialmente la fetta più grossa.

Le mafie, dal canto loro, erano destinate a condizionare completamente la vita – ed a maggior ragione le elezioni – in tutto il meridione del paese. Non essendo nella posizione di produrre un’entità politica autonoma, scelsero di farsi rappresentare in Parlamento da uno degli altri due soci. Le mafie scelsero il Vaticano, per ragioni ovvie di prossimità ed affinità (elettiva) ed armarono i propri portavoce di tritolo per attaccare e di uno scudo crociato per difendersi.

La tensione congenita dell’elettorato italiano alla convergenza verso il centro non permise la realizzazione di un vero bipolarismo. Gli americani fecero tesoro dell’esperienza italiana ed in seguito, altrove nel mondo, ebbero molto più successo. La Trimurti si adeguò creando un enorme contenitore per elettori moderati che fu chiamato Democrazia Cristiana. Ai dirigenti del Partito Comunista Italiano, non ancora soggetti al controllo diretto della Trimurti, fu offerto il ruolo (necessario alla trama) di alternativa mai vincente, di opposizione permanente. Nel 1944 Togliatti dovette scegliere: o accontentarsi del ruolo di antagonista perdente in un colossal già in piena produzione o ambire a quello di protagonista ma in un film a budget limitato che forse non sarebbe mai stato girato. Fece un salto a Mosca e là gli dissero di accettare la parte offerta da Hollywood. La favola della destra e della sinistra faceva comodo anche a loro.

Per quarantaquattro anni questa formula, con pochi aggiustamenti, funzionò egregiamente.

IN ITALIA [2]: Il gioco delle parti


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