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In italiano l'articolo sui fatti di piazza Tienanmen

Creato il 19 luglio 2011 da Domenicolosurdo
Il “massacro” di piazza Tienanmen è stato un mitodi Deirdre Griswold – Workers World, 29 giugno 2011
La Wikipedia in inglese ha una breve voce su Deirdre Griswold  , da cui si apprende che nel 1980 si è candidata alla presidenza degli Stati Uniti per il WWP (Workers World Party  ) e che per decenni ha curato la pubblicazione del giornale Workers World.


L'articolo originale – Tiananmen Square ‘massacre’ was a myth <http://www.workers.org/2011/world/tiananmen_0707/>  – è stato segnalato, tra l'altro, sul blog di Domenico Losurdo il 3 luglio scorso (Una lettura alternativa dei fatti di piazza Tienanmen ).
Anche il blog Nuova Libertaria l'ha segnalato (Tiananmen Square ‘massacre’ was a myth  ) allegando un'immagine della prima del Corriere della Sera col titolo a tutta pagina:Uccisi a migliaia, muore il sogno cinese.
Poiché, stranamente, sembra che nessuno abbia pensato di tradurlo in italiano, propongo di seguito la mia traduzione.
Non fosse altro che per fornire l'ennesima, eclatante, dimostrazione di come sia facile manipolare le masse o di come una menzogna ripetuta migliaia di volte diventi una verità.
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Quante volte ci è stato detto che gli Stati Uniti sono una società “aperta” e che i media sono “liberi”?
Di solito queste affermazioni sono fatte quando si criticano altri paesi per non essere “aperti”, in special modo per paesi che non seguono l’agenda di Washington.
Chi vive negli Stati Uniti e dipende dai mezzi d’informazione commerciale, ritenuti “liberi” e “aperti”, non c’è dubbio che creda che il governo cinese massacrò “centinaia, forse migliaia” di studenti in piazza Tienanmen il 4 giugno 1989.   Questa frase è stata ripetuta decine di migliaia di volte dai media di questo paese.
Ma si tratta di un mito.   Di più, il governo USA sa che è un mito.   Ed anche tutti i principali media lo sanno.   Ma si rifiutano di correggere il resoconto per via della fondamentale ostilità della classe dominante imperialista degli USA.
Su cosa basiamo questa affermazione? Su diverse fonti.
La più recente è un rilascio, da parte di Wikileaks, di cablo spediti dall’ambasciata USA a Pechino al Dipartimento di Stato nel giugno 1989, pochi giorni dopo gli eventi in Cina.
In secondo luogo c’è un’affermazione del novembre 1989 da parte del capo dell’ufficio del New York Times di Pechino, un’affermazione che non è mai stata riportata nuovamente da nessun giornale.
E in terzo luogo c’è il resoconto dell’accaduto da parte dello stesso governo cinese, che è avvalorato dai primi due.
Solo uno dei maggiori media occidentali ha pubblicato i cablo di Wikileaks.   E’ stato il Telegraph di Londra del 4 giugno di quest’anno, esattamente 22 anni dopo che il governo cinese mobilitò le truppe a Pechino.
Due cablo datati 7 luglio 1989 – più di un mese dopo i combattimenti – riferivano quanto segue:
“Un diplomatico cileno fornisce testimoninza oculare dei soldati che entrano in piazza Tienanmen: ha visto i militari entrare nella piazza e non ha notato alcun massiccio fuoco sulla folla, anche se si udivano sporadici spari.   Ha detto che gran parte delle truppe entrate nella piazza era in effetti armate solo con attrezzature anti-sommossa – manganelli e mazze di legno; erano sostenuti da soldati armati.”
Un successive cablo affermava: “Un diplomatico cileno fornisce testimoninza oculare dei soldati che entrano in piazza Tienanmen: anche se si udivano sporadici spari, ha detto che eccetto alcune percosse di studenti, non c’è stato alcun massiccio fuoco sulla folla di studenti presso il monumento.”
Va ricordato che il Cile all’epoca era governato dal generale Augusto Pinochet, che era giunto al potere con colpo di stato della destra, violento, anti-socialista, sostenuto dagli USA in cui centinaia di esponenti della sinistra, incluso il presidente Salvador Allende, erano stati uccisi.   Il “diplomatico cileno” citato non poteva essere considerato un amico della Cina.
Non un giornale, una televisione o una stazione radio statunitense ha riferito o commentato questi cablo rilasciati da Wikileaks, né sulla storia del Telegraph su di loro.   E’ come se fossero caduti in un abisso senza fondo.
È perché i media qui pensano che il rapporto non sia credibile? No, di certo.
Sapevano la verità nel 1989.
Il New York Times sa che è credibile.   Il loro capo ufficio dell’epoca, Nicholas Kristof, lo ha confermato in un ampio articolo intitolato “China Update: How the Hardliners Won” [1]  , pubblicato nel Magazine del Sunday Times il 12 novembre 1989, cinque mesi dopo i presunti massacri nella piazza.
Proprio alla fine di questo lungo articolo, che intendeva fornire una visione dall’interno del dibattito all’interno del gruppo dirigente del Partito Comunista cinese, Kristof affermava categoricamente: “In base alle mie osservazioni nelle strade, né la versione ufficiale né molte delle versioni straniere sono del tutto corrette.   Non c’è stato alcun massacro in piazza Tienanmen, ad esempio, anche se ci sono stati una quantità di uccisioni altrove.”
Anche se l’articolo di Kristof era aspramente critico nei riguardi della Cina, la sua affermazione che non c’era stato “alcun massacro in piazza Tienanmen” suscitò immediatamente grida di protesta da parte dei criticoni della Cina negli USA, come rispecchiato nella rubrica delle lettere del Times.
C’è stato un combattimento a Pechino? Assolutamente.   Ma non c’è stato un massacro di studenti disarmati nella piazza.   Questa è stato un’invenzione dell’occidente, intesa a demonizzare il governo cinese e a guadagnare la simpatia del pubblico per la controrivoluzione.
La svolta verso un’economia di mercato sotto Deng Xiaoping ha allontanato molti lavoratori.   C’è stato anche un elemento controrivoluzionario che ha cercato di trarre vantaggio dal malcontento popolare per restaurare completamente il capitalismo.
Gli imperialisti avevano la speranza che le battaglie a Pechino avrebbero fatto cadere il Partito Comunista cinese e distrutto l’economia pianificata – analogamente a quanto sarebbe accaduto due anni dopo nell’Unione Sovietica.   Volevano che la Cina si “aprisse”, non alla verità, ma al saccheggio della proprietà popolare da parte della banche e delle corporation imperialiste.
Dopo molte esitazioni al vertice, l’esercito è stato mobilitato e la rivolta schiacciata.   La Cina non è stata smembrata come l’Unione Sovietica; la sua economia non è implosa né i livelli di vita hanno subito un declino.   Al contrario, salari e condizioni sociali sono migliorate in un momento in cui in ogni altro luogo i lavoratori hanno subito arretramenti per effetto di una grave crisi economica capitalista.
Nonostante profonde concessioni al capitalismo, all’esterno e all’interno, la Cina continua ad avere un’economia pianificata basata su forti infrastrutture di proprietà dello Stato.

[1] CHINA UPDATE: HOW THE HARDLINERS WON  – Nicholas Kristof – The New York Times, 12 novembre 1989
[ “AGGIORNAMENTO DALLA CINA: COME HANNO VINTO GLI INTEGRALISTI” ]

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