Credo che per la maggior parte degli appassionati di fantasy il nome di Stella Gemmell sia legato solo a quello del suo defunto marito, David Gemmell. David è morto il 28 luglio del 2006, a soli 57 anni, due settimane dopo un intervento chirirgico d’urgenza eseguito per inserirgli dei bypass. A riprendere in mano i vecchi romanzi di David si vede come, fin dagli anni ‘80, fra i suoi lettori di fiducia ci fosse una certa Stella Graham. A un certo punto quel nome, dopo un’amicizia durata vent’anni, è stato sostituito da quello di Stella Gemmell. Forse i due hanno impiegato un po’ a decidere di sposarsi, ma è certo che lei gli sia stata al fianco davvero a lungo e che conosca molto bene la sua opera. Quasi sempre Stella è stata indicata come lettore, ma alla fine di L’ombra di Troia David spiegava che “Il termine “lettore” non basta a spiegare quanto sia stato determinante il loro contributo. La narrazione, l’intreccio, i personaggi, il taglio o lo sviluppo delle scene sono il risultato del loro lavoro di squadra. La mia gratitudine nei loro confronti è immensa.”
Quanto sia davvero stato importante il contributo di Stella non lo sapremo mai, ma il fatto che per così tanto tempo abbia visto nascere i romanzi di David e che abbiaavuto modo di parlare con lui del loro sviluppo indica che lei è abituata a riflettere attentamente sulla costruizone narrativa.
Nel 2008, in occasione della pubblicazione di La caduta dei re (l’unico romanzo di David che non ho letto a parte White Knight, Black Swan, un romanzo non appartenente al genere fantasy pubblicato in originale nel 1993 sotto lo pseudonimo di Ross Harding e mai tradotto in italiano), avevo fatto una piccola ricerca per un articolo di FantasyMagazine. Ve ne ripropongo una parte.
Con La caduta dei re si conclude la trilogia dedicata alla guerra di Troia da David Gemmell, trilogia che purtroppo Gemmell non è riuscito a completare. Già autore di 30 romanzi, lo scrittore inglese aveva iniziato nel 2005 la sua personale riscrittura dell’antico conflitto fra troiani e achei. Il signore di Troia aveva posto l’accento sulle gesta di Elicaone, più noto con il nome di Enea. Gli dei, tanto presenti nell’antico poema omerico, avevano lasciato spazio agli uomini e alle loro gesta.
Uno stacco preciso dal passato, quindi. Perché anche se Gemmell si era già accostato alla Grecia di Filippo II e di Alessandro Magno nei romanzi dedicati a Parmenion, lo aveva fatto continuando ad adoperare i suoi consueti strumenti come mondi paralleli, demoni e pietre dotate di una potente energia. In questa trilogia, al contrario, gli elementi magici erano spariti, con lo scrittore che aveva preferito concentrarsi di più sugli aspetti umani di personaggi ormai entrati nel mito.
A questo primo romanzo era seguito L’ombra di Troia, completato nel 2006. Gemmell però non sarebbe riuscito a vederlo pubblicato.
Dopo aver consegnato il manoscritto all’editore lo scrittore era stato colto da un malore durante un tour promozionale. Un intervento programmato in breve tempo, l’impianto di un quadruplo bypass al cuore, sembrava aver risolto il problema. Tornato a casa dopo due soli giorni, David si era immediatamente tuffato nel lavoro con la consueta energia.
Una mattina, ha raccontato Stella Gemmell, due settimane dopo l’operazione, si è svegliata da sola nel letto.
Visto che il marito amava lavorare di notte, lei ha pensato che fosse rimasto alzato per scrivere, così gli ha preparato una tazza di the. Arrivata nello studio, però, lo ha trovato riverso sulla scrivania. Il suo cuore aveva smesso di battere.
Era il 28 luglio. Due mesi più tardi, con La caduta dei re ancora incompiuto, L’ombra di Troia sarebbe giunto nelle librerie.
Il romanzo è stato ultimato nei mesi successivi proprio dalla vedova del grande autore. La coppia si era conosciuta quando entrambi lavoravano come giornalisti, e nel corso del tempo Stella era diventata un insostituibile aiuto per tutte le ricerche necessarie a infondere realismo e, se il caso, attendibilità storica, ai romanzi del marito.
La sua decisione di completare il romanzo è quindi derivata da una profonda conoscenza della materia. A suo sostegno sono arrivati anche gli appunti relativi allo svolgersi della storia lasciati da David prima della sua scomparsa. Appunti mai realizzati da David Gemmell in occasione dei precedenti romanzi, ma da lui ritenuti una necessaria precauzione proprio a causa dell’intervento.
Per Stella, l’opportunità di finire il libro è stata una specie di dono. Il fatto di doverlo terminare le forniva lo stimolo per alzarsi ogni mattina, e le consentiva di rimanere vicina al marito ancora per un po’.
Ora che il romanzo è finito non ha ancora deciso se continuerà a scrivere. Al momento è semplicemente soddisfatta per essere riuscita a consegnare ai lettori l’ultima opera di David. Un romanzo che mostra come uomini e donne comuni possano divenire eroi e raggiungere l’immortalità, e che ciascuno di noi ha la possibilità di redimersi dai propri errori.
Fine del vecchio articolo e ritorno al presente. Lo scorso anno Stella Gemmell ha pubblicato il suo primo romanzo da sola, The City. All’inizio ero un po’ curiosa riguardo a questo romanzo, poi ne ho trovato una recensione sul sito di Tor: http://www.tor.com/blogs/2013/05/review-the-city-stella-gemmell. Una frase in particolare mi aveva colpita:
Most importantly, Gemmell immerses the reader in the story, building a fully believable world filled with filth and grime at its bottom, dirt and grit at the ground level and loftiness and power at its apex. In this respect, I felt a similarity to the novels of Guy Gavriel Kay.
Ora, di solito quando un libro viene paragonato a un altro mi fa poco effetto. Ricordate che alcuni anni fa tutti i romanzi fantasy erano “il nuovo Harry Potter” mentre ora sono tutti “le nuove cronache del ghiaccio e del fuoco”? I commenti entusiastici che paragonano uno scrittore a un altro non vogliono dire nulla quando chi fa il paragone mira al bersaglio grosso e accosta il romanzo sconosciuto al romanzo del momento. È di moda, a chi altro lo vorresti accostare per vendere? Ma Guy Gavriel Kay non è mai stato di moda. Kay è Kay, ha i suoi lettori appassionati e fedelissimi – sì, lo sono anch’io – ma quello che scrive lui non sarà mai enormemente popolare perché la sua scrittura, le sue trame, le sue ambientazioni non sono adatti a tutti. Se qualcuno viene paragonato a lui allora io non posso almeno non considerare di leggere quel libro. Ora non sono solo un po’ curiosa, sono molto curiosa.
Newton Compton ha pubblicato giusto oggi La città perduta d’avorio e d’argento a 19,90 , un prezzo insolitamente alto per quella casa editrice. Io leggerò il libro e poi vi farò sapere la mia opinione.
La quarta di copertina:
Le efferate guerre tribali hanno ridotto i domini della Città a un’arida distesa governata da un tiranno, colui che la leggenda chiama l ’Immortale, che risiede nel suo Palazzo Rosso, nel cuore della Città millenaria. I pochi che lo hanno visto lo descrivono come un essere perfetto, altri ipotizzano che non sia umano. Ma tutti concordano nel dire che l’unico modo per fermare la guerra sia porre fine alla vita di questo essere innaturale e si organizzano per compiere un’impresa che sembra quasi suicida. Le poche speranze dei ribelli sono concentrate su un unico uomo, Shuskara, un generale scomparso dopo il Grande Tradimento e creduto morto. Ma in realtà l’eroe è ancora vivo, e si è nascosto per anni nelle Caverne, la distesa di cunicoli che si estende sotto la superficie della Città. In questa metropoli sotterranea regnano le acque fetide, le tenebre, i ratti, e gli Abitanti, poveri esseri in fuga o colpevoli di reati contro l’Imperatore. Per prepararsi a sfidare il nemico immortale i congiurati devono partire da qui. Per Shuskara e per i suoi Falchi Notturni il momento di uscire allo scoperto e ingaggiare l’ardua, sanguinosa battaglia finale, è arrivato.
Un estratto: http://www.newtoncompton.com/newton/upload/File/estratti/cittaperdutadavorioedargentoestratto.pdf