di Adriano Frinchi. Gli ultimi avvenimenti politici hanno tolto definitivamente ogni dubbio sulla necessità di aggregare un’area che sia distinta e distante dalla ridotta valtellinese di Berlusconi. L’annuncio del ritorno in campo del Cavaliere e il contestuale ritiro dell’appoggio del Pdl al governo Monti non sono solo il simbolo di una totale irresponsabilità politica, ma scrivono anche la parola fine a qualunque ricostituzione dell’area popolare. La scelta di Berlusconi non è un ritorno al passato. Nel 1994, pur con tutti i difetti e i limiti, Berlusconi riuscì a recuperare il consenso di quei moderati orfani della Dc e del Pentapartito, oggi il Cavaliere con la sua sesta discesa in campo si accinge a creare sulle ceneri del Pdl un contenitore che non ha nulla a che fare con il Partito Popolare Europeo. Berlusconi attorniato da pasdaran e amazzoni intende, ancora una volta, polarizzare lo scontro: da una parte i comunisti dall’altra i paladini della libertà. La verità però è ben diversa. Intorno a Berlusconi, e ai suoi interessi politici ed economici, si sta coagulando un’area antieuropea e irresponsabile che si prepara ad una campagna elettorale fatta di populismo e demagogia, che è pronta a far crescere il proprio consenso elettorale sulle paure e le difficoltà degli italiani. Dall’altra parte non c’è il Partito Comunista Italiano. C’è un’area progressista seria e responsabile che ha il suo perno nel Pd che è stato protagonista leale dell’esperienza governativa di Mario Monti. C’è anche la leadership credibile di Pier Luigi Bersani che ha preso le distanze dal populismo di Antonio Di Pietro e che si spera saprà arginare le intemperanze di Nichi Vendola. Resta poi un’area da organizzare, un’area politica popolare, liberaldemocratica, europeista ed atlantista che possa misurarsi, ma anche dialogare, con i progressisti e che sia fermamente alternativa ai populismi di Berlusconi e di Grillo. Il gesto coraggioso e serio di Mario Monti ha politicamente marcato questa differenza tra noi e loro, tra coloro che credono che il bene del Paese viene prima degli interessi di personali e di partito, tra coloro che credono che l’eredità del governo Monti non vada dispersa e coloro che pensano di poter nuovamente giocare con la vita di milioni di italiani. C’è una parte consistente del Paese che si aspetta che tutti coloro che si riconoscono nel Ppe, nell’esperienza di serietà dell’esecutivo Monti si facciano promotori di una proposta politica di alto livello, nuova nei contenuti e nei metodi che si capace di raccogliere esperienze diverse e le tradizioni politiche che hanno fatto grande questo Paese. Quest’area aspetta un segnale, un gesto di coraggio per dire che l’alternativa è possibile, che alle prossime elezioni ci saranno loro, ma soprattutto ci saremo noi.
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di Adriano Frinchi. Gli ultimi avvenimenti politici hanno tolto definitivamente ogni dubbio sulla necessità di aggregare un’area che sia distinta e distante dalla ridotta valtellinese di Berlusconi. L’annuncio del ritorno in campo del Cavaliere e il contestuale ritiro dell’appoggio del Pdl al governo Monti non sono solo il simbolo di una totale irresponsabilità politica, ma scrivono anche la parola fine a qualunque ricostituzione dell’area popolare. La scelta di Berlusconi non è un ritorno al passato. Nel 1994, pur con tutti i difetti e i limiti, Berlusconi riuscì a recuperare il consenso di quei moderati orfani della Dc e del Pentapartito, oggi il Cavaliere con la sua sesta discesa in campo si accinge a creare sulle ceneri del Pdl un contenitore che non ha nulla a che fare con il Partito Popolare Europeo. Berlusconi attorniato da pasdaran e amazzoni intende, ancora una volta, polarizzare lo scontro: da una parte i comunisti dall’altra i paladini della libertà. La verità però è ben diversa. Intorno a Berlusconi, e ai suoi interessi politici ed economici, si sta coagulando un’area antieuropea e irresponsabile che si prepara ad una campagna elettorale fatta di populismo e demagogia, che è pronta a far crescere il proprio consenso elettorale sulle paure e le difficoltà degli italiani. Dall’altra parte non c’è il Partito Comunista Italiano. C’è un’area progressista seria e responsabile che ha il suo perno nel Pd che è stato protagonista leale dell’esperienza governativa di Mario Monti. C’è anche la leadership credibile di Pier Luigi Bersani che ha preso le distanze dal populismo di Antonio Di Pietro e che si spera saprà arginare le intemperanze di Nichi Vendola. Resta poi un’area da organizzare, un’area politica popolare, liberaldemocratica, europeista ed atlantista che possa misurarsi, ma anche dialogare, con i progressisti e che sia fermamente alternativa ai populismi di Berlusconi e di Grillo. Il gesto coraggioso e serio di Mario Monti ha politicamente marcato questa differenza tra noi e loro, tra coloro che credono che il bene del Paese viene prima degli interessi di personali e di partito, tra coloro che credono che l’eredità del governo Monti non vada dispersa e coloro che pensano di poter nuovamente giocare con la vita di milioni di italiani. C’è una parte consistente del Paese che si aspetta che tutti coloro che si riconoscono nel Ppe, nell’esperienza di serietà dell’esecutivo Monti si facciano promotori di una proposta politica di alto livello, nuova nei contenuti e nei metodi che si capace di raccogliere esperienze diverse e le tradizioni politiche che hanno fatto grande questo Paese. Quest’area aspetta un segnale, un gesto di coraggio per dire che l’alternativa è possibile, che alle prossime elezioni ci saranno loro, ma soprattutto ci saremo noi.
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