Mustafa Tamimi, palestinese di 28 anni,
a Nabi Saleh, Territori Palestinesi Occupati, il 9 dicembre 2011
nella 24ma ricorrenza della prima Intifada ,
manifestava contro il Muro e l’occupazione.
Un soldato israeliano dall’interno di un mezzo militare ha sparato
un lacrimogeno ad altezza d’uomo.
Mustafa è caduto colpito alla testa. E’spirato il mattino il seguente.
Reportage di un’amica presente ai fatti: Pietre e carri armati, il coraggio e la paura
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Israele archivia la morte di Mustafa Tamimi:
Nella sua lettera, Ronen Hirsch, tenente colonnello del Military Advocate for Operational Matters, (MAG) ha scritto che il candelotto che uccise Tamimi fu sparato “secondo le regole appropriate e i regolamenti, e non implicò nessuna illegalità”. Il MAG ha accettato la dichiarazione del soldato, secondo la quale non avrebbe visto Tamimi mentre stava sparando il candelotto. Il MAG si è appoggiato all’opinione di un esperto che ha affermato che il soldato al momento dello sparo non poteva vedere Tamimi.
Ma il MAG non ha spiegato come sia possibile che il fatto di sparare un candelotto di gas lacrimogeno dal retro di un veicolo in movimento, in direzione della strada, in condizioni in cui era impossibile esser certi di non colpire una persona, possa essere considerato legale.
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E’ la domanda che da tempo mi pongo io:
Come addestra i soldati israele per renderli così?
Sono dei ragazzi, hanno madre, padre, fratelli, fidanzata e provano l’intera gamma dei sentimenti e delle emozioni di ogni altro giovane al mondo.
Poi indossano la divisa, caricano in spalla lo zaino, imbracciano l’arma e diventano altro. Quasi che in quell’attrezzatura vi fosse -invisibile- una seconda personalità che prende il sopravvento su quella naturale. Non svaniscono le memorie personali, svanisce la loro relazione con il mondo.
“L’IO soldato” non conserva traccia di empatia …..
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