Cresciuta in una casa con l'arredamento arzigololato negli intarsi e nelle radica di noce, quadri enormi fine '800, carta da parati disegnata da un consumatore abituale di LSD e tende che fortunatamente la nouvelle vogue del "finto povero" anni '80 ha sostituito con dei sobri lini bianchi, appena ho iniziato una nuova vita sotto un tetto diverso mi ero illusa che "la mia casa sarebbe stata finalmente come avrei sempre voluto io!".
Niente di più sbagliato. Anche la scelta di non fare il corredo e di non fare la lista nozze (del resto gli inviati al matrimonio erano 10) alla fine si è schiantata contro il gusto di chi crede di conoscerti. E di sapere cosa regalarti per la casa. Sono così improvvisamente sbucati dal nulla centrini finemente decorati, parure da bagno rosa pallido, lenzuola in flanella a piccoli fiori, canovacci di 12 pantoni diversi che notoriamente riescono a colorare intere lavatrici di biancheria. E ovviamente 4 diversi servizi da 6 (ma perchè non uno da 24?!) con disegni e tonalità impossibili da abbinare, anche per un daltonico molto miope. O ipermetrope.Del resto una persona che ama il bianco, i colori naturali e il grigio, i vecchi lini, che considera il madras o il tartan come il massimo dello stravagante e che i fiori li mette solo dentro i vasi, trasparenti, sicuramente nel corso degli anni ha dato adito ad ambiguità, facendo scatenare la fantasia, quasi un pronto soccorso, di chi ti regala il servizio di piatti per il pesce con i piatti a forma di pesce (ma le cozze si possono mettere?), le ciotole per la macedonia in arcopal, le posate con il manico colorato. Le bomboniere sono un argomento a parte che avrebbe bisogno di 8 post per essere sviscerato adeguatamente.Negli anni così si finisce per accumulare un repertorio schizofrenico di caccavelle che, nonostante gli sgarbi, non si rompono mai. Fino a quando un certo istinto di sopravvivenza suggerisce, durante un nuovo trasloco, di stoccare il campionario degli obbrobri in scatole sulle quali non si appone nessuna indicazione tipo "camera Edo", "cucina", "corredo Lucky". Scatole innominate che, fortunatamente, non verranno mai abbandonate: spariranno infatti dal camion della ditta di trasporti per rallegrare tavole e bagni di sicuri estimatori.Tranne ritrovarsi una domenica mattina, qualche anno dopo dall'ultimo trasloco, a visitare il mercatino delle pulci rionale alla ricerca di un piatto a fiori o di una posata un pò fanè o anche, perchè no, di un centrino ricamato al tombolo per fare le foto per un post :)Crostata "Mojito" con ricotta, menta e lime
IngredientiPer la pasta frolla: 250 gr di farina Petra 5 (o farina 00), 125 gr di burro chiarificato a temperatura ambiente, 1 uovo bio, 1 cucchiaio di zucchero, 40 ml di acqua fredda, 1 pizzico di sale.Per la farcia: 500 gr di ricotta, 3 uova e 1 tuorlo, 150 gr di zucchero di canna, 10 foglie di menta fresca, 1 lime, 2 cucchiai di rhum.ProcedimentoLavorare gli ingredienti per la pasta frolla come di consueto, formare una palla, avvolgerla con della pellicola alimentare e riporla in frigo per almeno 30'.Frullare lo zucchero con le foglie di menta e la ricotta con le zeste del lime. Mescolare la ricotta con lo zucchero fino ad ottenere un composto morbido ed unire, una alla volta, le uova intere e il tuorlo.Imburrare ed infarinare due stampi da crostata (uno rettangolare ed uno quadrato non molto grandi, sotto i 20 cm e con il fondo removibile), ricoprirli con la pasta frolla, punzecchiare il fondo con i rebbi di una forchetta e adattare la pasta fino al bordo degli stampi medesimi. Mettere a riposare in frigo per almeno 20' prima di ricoprire con la farcia e cucinare nel forno statico già caldo a 180° per circa 40' o fino alla doratura della superficie.Sfornare, togliere dallo stampo, lasciar raffreddare e servire con un po' di zucchero a velo o panna fresca montata poco zuccherata.