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In parole povere: perché il buco nell'ozono è un problema (quasi) risolto

Creato il 14 novembre 2014 da Redatagli
Buco dell'ozono

L'ozono è una strana molecola. A differenza dell'ossigeno che respiriamo, che è alla base della vita sulla Terra e che chimicamente è composto da due atomi di ossigeno (O2), l'ozono è composto da 3 atomi di ossigeno legati insieme. Piccolo particolare, è altamente tossico.
Sempre a differenza dell'ossigeno, che è inodore, l'ozono "puzza": ha un odore acre, pungente. Magari non ci avete mai fatto caso, ma probabilmente almeno una volta nella vita il suo odore lo avete sentito: è il caratteristico odore che si sente durante i temporali, quello che accompagna la scarica di un fulmine vicino e che si associa al caratteristico "odore di terra causato dalla pioggia" (o petricor).

Senza l'ozono la vita sulla Terra non sarebbe possibile, per una semplicissima ragione: l'ozono è uno "scudo" naturale contro la radiazione ultravioletta a medio-alta energia (gli UV-B e gli UV-C). Prima di capire perchè sia uno scudo contro gli UV, cerchiamo di vedere insieme cosa sono queste radiazioni, perché i raggi ultravioletti sono pericolosi per la salute umana e da dove provengono.

La radiazione ultravioletta (UV) è un tipo di radiazione che si trova, ordinando lo spettro elettromagnetico in ordine di energia, tra i raggi X e la radiazione visibile (quella che noi comunemente chiamiamo luce, quella a cui i nostri occhi sono sensibili).
Ora: se non avete familiarità con i concetti di spettro elettromagnetico e di radiazione, devo fare una breve divagazione. Se invece andate a farvi le lampade non tanto per l'abbronzatura ma perché godete al solo pensiero di un ultravioletto, potete saltare a piè pari questa (piccola) spiegazione.

In parole povere: perché il buco nell'ozono è un problema (quasi) risolto

Lo spettro elettromagnetico mostrato qui sopra raccoglie tutte le frequenze delle onde elettromagnetiche, dalle onde radio fino ai raggi gamma, passando per la luce visibile. Ma cos'è un'onda elettromagnetica?
L'onda elettromagnetica la possiamo immaginare come un "pacchetto di energia" che viene trasferito da un corpo ad un altro. Il termine scientifico per questo pacchetto di energia è "fotone". Louis De Broglie (fisico francese originario di Chieri, vicino a Torino) ha scoperto che questo pacchetto di energia - e, in generale, qualunque radiazione elettromagnetica - può essere rappresentato in due modi.
  • una particella priva di massa e portatrice di energia (cioè il nostro amico fotone)
  • un'onda (onda elettromagnetica).

Il legame tra onda e particella è sancita da una "semplice" relazione, ossia E = h x ν, dove:

  • h è detta costante di Planck
  • ν è la frequenza dell'onda.

In pratica, questa semplice relazione lega la frequenza dell'onda elettromagnetica all'energia del fotone. Ora, senza andare a incasinare il discorso con dettagli della meccanica quantistica (ma se morite dalla voglia, qui ce n'è abbastanza da ravi venire il mal di testa), vi bastino due cose:

  1. C'è un legame tra energia e frequenza (lo abbiamo appena visto), e più è elevata la frequenza della radiazione più è alta l'energia del suo amico fotone.
  2. Ogni corpo dotato di una temperatura emette una radiazione elettromagnetica.

Detta così, sembra semplice. Non lo è così tanto.
Per la termodinamica, ogni corpo con una certa temperatura emette una certa energia, detta energia termica. Questa energia viene trasmessa in vari modi. Uno di questi modi è proprio la radiazione. Dunque, più alta è la temperatura, più alta sarà l'energia emessa dal corpo, più alta sarà la frequenza.

Un'altra caratteristica di questa radiazione è che ha in ogni sua parte la stessa frequenza (legge della radiazione di Planck): ha invece un certo range di frequenze (detta radiazione di corpo nero). Immaginate di avere tante persone in una stanza: avremo tante persone con un'altezza media, mentre poche persone molto basse e poche molto alte. Con le radiazioni avviene circa lo stesso: la frequenza della radiazione (meglio, "dei fotoni della radiazione") è la frequenza "giusta" nella sua parte più cconsistente, ma è accompagnata da frequenze a un livello maggiore (= le persone alte 1,90 nella stanza) e da frequenze a livello minore (= le persone alte 1,50 nella stanza).

In parole povere: perché il buco nell'ozono è un problema (quasi) risolto

Tutto questo mostruoso grovoglio di concetti per dirvi questo. Il Sole emette la stragrande maggioranza della sua energia come "luce"; ma assieme alla luce ci arrivano "le persone alte un metro e novanta della stanza", che altro non è che la radiazione ultravioletta.
La radiazione ultravioletta viene emessa in minore quantità rispetto alla luce visibile: del resto, mica siamo tutti alti 1,90.
Il problema è che questa radiazione è estremamente pericolosa: nei casi più violenti di irradiazione da ultravioletti (irradiazione da UV-B e da UV-C) si hanno cancro alla pelle, modifiche del DNA, sterilità e un sacco di altre cose poco piacevoli.
Ed è qui che entra in campo l'ozono.

L'ozono ha una caratteristica fondamentale: grazie alla sua conformazione chimica assorbe gran parte degli UV-B (il 95% circa) e tutti gli UV-C. L'ozono infatti fa parte di un "ciclo" chimico che avviene naturalmente sopra le nostre teste, in una fascia chiamata "ozonosfera" (che fantasia, eh!).
Questo ciclo prevede la produzione di ozono tramite una serie di reazioni chimiche che avvengono tramite l'assorbimento proprio di UV.

E arriviamo al nostro buco: nei primi anni '80 i ricercatori di tutto il mondo notarono un costante ma drammatico calo dell'ozono a protezione del pianeta [1], in particolare sopra l'Antartide: la concentrazione di ozono sopra il polo Sud era quasi 3 volte inferiore a quella in altri posti.
Questo buco si allargava anno per anno, avvicinando pericolosamente alle regioni popolate dell'emisfero Sud (Nuova Zelanda, Australia e Argentina).

In parole povere: perché il buco nell'ozono è un problema (quasi) risolto

La ricerca mondiale scoprì che la causa era scritta in una ricerca di 10 anni prima [2]: in essa si dimostrava che una classe di composti, i clorofluorocarburi, erano non solo in grado di arrivare in stratosfera ma anche di andare a ridurre l'ozono atmosferico. Gli autori di questa scoperta, Paul Crutzen (olandese), Mario Molina (messicano) e Frank Sherwood Rowland (americano), furono successivamente insigniti, nel 1995, del Premio Nobel per la Chimica e - per dirla prosaicamente - salvarono le chiappe al pianeta.
Questi CFC erano infatti usati nei frigoriferi e in praticamente tutte le bombolette spray.

E così si decise di correre ai ripari: il 16 settembre 1987 viene firmato il cosiddetto Protocollo di Montreal, che decise la riduzione drastica dell'uso di CFC nell'industria, fino alla completa eliminazione. Pensavate si stesse parlando del Protocollo di Kyoto, eh? E invece no.
Il Protocollo di Montreal venne firmato da 192 nazioni nel mondo (praticamente tutte le nazioni, escluse Andorra, Iraq, Timor Est e Città del Vaticano).
Fu una grande mossa, tanto è vero che sall'entrata in vigore di questo trattato le concentrazioni di CFC in atmosfera non sono più cresciute, anzi sono diminuite.
Il Protocollo di Montreal non fu solo una vittoria per gli ambientalisti, ma anche, come ebbe a dire Kofi Annan "Si tratta di un esempio di eccezionale cooperazione internazionale: probabilmente l'accordo tra nazioni più di successo".

In parole povere: perché il buco nell'ozono è un problema (quasi) risolto

La figura qui a destra, tratta da una ricerca del 2007 [3], riporta la concentrazione di CFC atmosferici.
Si può notare il calo di concentrazione di ozono atmosferico dagli anni '90 a oggi.
Inoltre, secondo il NOAA, il 2014 ha fatto segnare un record fondamentale: l'estensione del buco dell'ozono sopra il Polo Sud non è mai stata così piccola.

Alessandro Sabatino
@twitTagli

======================   [1] Barrie, L. A., Bottenheim, J. W., Schnell, R. C., Crutzen, P. J., & Rasmussen, R. A. (1988). Ozone destruction and photochemical reactions at polar sunrise in the lower Arctic atmosphere.

[2] Molina, M. J., & Rowland, F. S. (1974). Stratospheric sink for chlorofluoromethanes: chlorine atom-catalysed destruction of ozone. Nature, 249(5460), 810-12.

[3] Nelson, D. (2009). Using Simple Linear Regression to Assess the Success of the Montreal Protocol in Reducing Atmospheric Chlorofluorocarbons. Journal of Statistics Education, 17(2), n2.


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