In piazza per la Costituzione

Creato il 12 marzo 2011 da Elenatorresani

La mia giornata a difesa della Costituzione l’ho celebrata vestita da Angelo della Giustizia Mancata, in Piazza Castello a Milano, in un sabato pomeriggio carico di pioggia trattenuta.
Con la mia falce affilata e il bavaglio, l’aureola piumata e una treccia tricolore, mi sono guadagnata la prima fila in un battibaleno. Là davanti sono rientrata nel mio elemento, quello che mi avvolge quando sento concetti sensati e discorsi che filano elementari e giusti come lame sul ghiaccio.
La piazza mi sembra l’unico momento in cui incontro i miei simili.
I motivi per cui eravamo lì erano parecchi, tanto più che se ne aggiungono di continuo: come se il nostro paese fosse una colata lavica di merda continua e inesorabile che si stratifica su quello che non siamo più capaci di essere. Sono giusto di questa settimana gli ulteriori tagli-ghigliottina al FUS e alla cultura: sommati agli editti sulla scuola pubblica e all’annullamento della ricerca, danno segnali chiarissimi delle intenzioni che questo governo ha nei confronti dei nostri cervelli.
Fosse almeno capace di riempirci la pancia, potremmo anche giustificarlo.
Ma purtroppo non è nemmeno così.
Tra tutte le fonti di ispirazione che potevo avere, però, ho scelto di andare in piazza parlando di giustizia, perché reputo che l’ultima proposta di “riforma epocale” rappresenti un pericolo talmente grande per la nostra Italia, che avrebbe la potenza di farla accartocciare su se stessa giusto il tempo di un respiro.

Moni Ovadia

Davvero siamo una minoranza a pensare che il potere legislativo non debba avere modo di interferire nelle cose giuridiche? Sono davvero così pochi gli Italiani – se il Parlamento in carica li rappresenta ancora– che reputano scandaloso che la mano del Parlamento si allunghi sui tribunali e sui CSM?
In un paese come il nostro dove, tra l’altro, il conflitto di interessi e la corruzione ci sbattono sul fondo delle classifiche degli stati civili?

Lella Costa

Oggi in Piazza eravamo tanti, ma eravamo molti meno rispetto alla manifestazione delle donne del 13 febbraio. Non voglio nemmeno pensare che fosse colpa del Carnevale Ambrosiano, perché temo che lo stesso risultato ci sia stato un po’ in tutte le piazze: in uno dei momenti peggiori della nostra informazione (il Corriere della Sera, il quotidiano più letto, non ha nemmeno dato la notizia, per non parlare delle televisioni) possiamo permetterci che anche internet ceda?

Dario Fo

Mi aspettavo di vedere orde di studenti, professori e genitori: niet, soggetti non pervenuti (o pervenuti in misura irrilevante) nonostante i loro figli non abbiano la carta igienica per pulirsi il culo a scuola e magari tra un po’ non avranno neanche più una scuola dove doversi pulire il culo.
Giuro, mi spiace da morire per tutti coloro che si lamentano ma non alzano un dito, si incazzano ma languiscono sui loro divani, si indignano ma fanno spallucce: perché la piazza rimane quasi l’unico luogo dove si riescono a sentire cose intelligenti.
Onestamente me ne sbatto delle critiche che ho letto sui relatori (un Dario Fo, premio Nobel, che fa il verso “scemo scemo” a Berlusconi: che se ci fosse da dirgliele tutte bisognerebbe dirgliele troppo serie per avere un microfono in mano; e allora va bene anche lo “scemo scemo”, di grazia). Dalle eminenze della cultura, alla gente comune, ho sentito tutte cose sensate, doverose e intelligenti. Di questi tempi, se permettete, non è poca cosa.
Tutto il resto, comunque, dorme.


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