Magazine Psicologia

In quale personaggio vi riconoscete

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Il “Prevaricatore”.
Osserviamolo all’opera: durante tutto il corso della conversazione non ha fatto altro che parlare e far sentire la sua voce; la sua presenza sembrava sovrastare tutte le altre; il pronome che più ha pronunciato è “Io”; neanche si è accorto dello stato d’animo altrui; se erano annoiati, interessati, attenti; lui ha continuato lo stesso a parlare, di sé soprattutto; è apparso infatti sempre concentrato sul proprio sé; lui crede che tutti i pianeti orbitano intorno a sé. A ogni minimo accenno di obiezione, gesticolava, si agitava continuamente; e quando le obiezioni diventavano più accese, si adirava, e cominciava a denigrare chi gliele muoveva, a volte ad umiliarlo, alzando persino il tono della voce; non sopporta d’essere criticato; come dire? Le sue idee non si discutono, ma si accettano. Semplicemente perché sono le migliori. Per lui le cose sono semplici; complicarle è soltanto segno di non saper vivere; lui, dice di se stesso, d’essere un tipo diretto, immediato, impulsivo o istintivo; non ama le cose ibride, le situazioni ambigue, odia i luoghi equivoci; disprezza tutti coloro che hanno uno stile di vita diverso dal proprio; e, soprattutto, ama l’ordine, la precisione, la pulizia; dice sempre e ripetutamente che ogni cosa è stata creata per avere un suo posto. E se non dice lo pensa comunque. Ma la cosa che più vi ha colpito di lui è il suo essere inespressivo; ha lo sguardo basso, sfuggente; però ama le cose vistose, visibili, che non passano inosservate: se se lo può permettere gli piacciono macchine di grossa cilindrata, abiti costosi, grossi orologi, catene, catenine, anelli, anelloni; insomma, in una parola, è uno a cui piace fare “impressione” sul prossimo; suscitare timore; annullare le altrui personalità. Ah, dimenticavo: ama vivere in uno stato di sicurezza! di lui diciamo, soprattutto, è un personaggio che sa imporsi!
Il sottomesso
Osserviamo adesso il secondo personaggio: costui è il complementare del primo, spesso vivono in simbiosi, in coppia, o accoppiati; è docile, ubbidiente, pronto a rispondere ai comandi che l’altro impartisce. Riconoscerlo è facile: d’ogni cosa negativa che accade se ne assume sempre la colpa o la responsabilità; è perseguitato da un senso di colpa portato all’ennesima potenza. Attenzione, non lasciatevi ingannare da questa apparente arrendevolezza: chi si crede responsabile di tutto ciò che accade rivela comunque uno smisurato senso del proprio ego (non dimenticate, che la sottomissione è una degradazione della prevaricazione); come se ogni evento dipendesse dal suo potere “malefico” di provocarlo! In mezzo agli altri appare sempre una persona discreta; scialba; sciatta; insignificante; ha scarsa cura di sé; è quello che quando entrate a casa sua magari è capace di ricevervi in pigiama; tutto scapigliato; tanto sa che la sua persona non suscita interesse o attenzione. Fate persino fatica a ricordarne le sembianze o se ha aperto bocca nel corso della conversazione; a volte arrivate addirittura a dubitare della sua presenza; spesso vi domandate: ma non erano cinque, c’era pure un sesto? E sì, perché la sua è una presenza invisibile, tanto da sembrare un’ombra stampata sul muro; non indossa mai nulla di appariscente che possa richiamare l’altrui attenzione. Le sue opinioni o i suoi giudizi sono scontati, conformi a quello che pensa la maggioranza; è pronto a giudicare “strano” o “anormale” tutto ciò che si discosta minimamente dal gusto dominante; s’informa della moda, anche se non la segue, giusto per conoscere le tendenze all’ordine del giorno; legge ciò che legge la maggioranza; va a vedere i film che vede la maggioranza; vota come vota la maggioranza; agisce come agisce la maggioranza; perché ciò gli dà sicurezza, forza. I colori che sceglie sono sempre spenti, come la sua figura; quando deve dire qualcosa chiede prima mille volte scusa; ha bisogno di trovare una giustificazione per tutto ciò che fa; quando deve passare in mezzo a dei tavoli, anziché far spostare qualcuno dalla sedia, preferisce fare il giro più lungo, perché ha timore di disturbare il prossimo; ed è anche un personaggio facilmente impressionabile: ha paura dei tuoni, dei film di horror (ma non se ne perde uno); e poi è un personaggio sentimentale; facile alle lacrime, innamorato delle belle storie sentimentali, dei “vip”: perciò la sua casa è piena di riviste che sparlano degli altri; di ogni cosa gli piace cogliere l’aspetto emozionale, fosse pure il teorema di Pitagora; perciò è fortemente emotivo; e, talvolta, ansioso.
Il competitore
Il competitore è un falso modesto! Non dimenticate che il competitore è lo sviluppo del sottomesso! Il competitore mostra di avere idee chiare su di sé e sul mondo, e allo stesso tempo le sa esporre con calma con precisione; ogni volta provoca persino gli altri a sfidarlo e a mostrare d’avere l’abilità di sapere obiettare e replicare. Diciamo che è il personaggio più deciso e brillante della nostra comitiva. Anzitutto, vi dirò che tutto ciò che fa, lo fa perché gli torna utile o perché ne ricava un vantaggio. Il competitore è una vera macchina calcolatrice! Misura ogni rapporto umano; ogni tipo di relazione; sa prendere le dovute distanze da tutto e da tutti. Ogni gesto o passo che compie lo valuta in termini di costi/benefici! Al bar vi offre tanti caffè quanti ne avete offerti voi a lui. E state pur certi che sarà sempre debitore di un caffè, mai creditore! Non si sa mai: magari non si presenterà l’occasione di pareggiare il conto! Non commettete l’errore di scambiare ciò con l’avarizia: semplicemente vuole avere sempre un piccolo vantaggio rispetto al prossimo. Lo ripete spesso: la vita è fatta di piccole soddisfazioni! Ma non dichiara mai apertamente: e io cerco di afferrarle tutte per me! Guai quando vi fa un complimento: lo fa soltanto per sottolineare che voi avete qualcosa in meno rispetto a lui; o che lui ha qualcosa in più rispetto a voi; il risultato non cambia. Altrimenti tace. Certo, nella vita ama molto il rischio e rischiare; è quello che non si stanca mai di ripetere, quando parla di stesso: “Io so mettermi continuamente in gioco”! Questo personaggio è facile da riconoscere: è quello che ogni volta ci tiene a sottolineare d’avere un centimetro in più della vostra stoffa: se voi avete un bella rosa in giardino, state tranquilli che le sue sono ancora più belle e profumate! Se voi dite di avere una bella casa, la sua ha senz’altro delle qualità che neanche vi sogniate!
Se non ha un “antagonista”, soffre, e non mostra nessun interesse verso qualcosa o qualcuno. Quando l’antagonista non c’è, se lo crea nel suo immaginario: è roso dall’invidia. Il competitore prova una segreta ammirazione per il suo rivale che cela con cura; perciò il competitore è un maestro della dissimulazione. Il competitore ha fatto della competizione la sua ragione di vita, giacché soltanto con il riproporre continuamente la sfida riesce ad alimentare la fiducia in se stesso. Perciò ha sempre davanti un traguardo da raggiungere o un ostacolo da superare: tutta la sua vita infatti è una continua corsa agli ostacoli. E quando si lamenta di tutti questi ostacoli, non gli credete, perché egli sotto sotto è contento d’avere tanti rivali da sfidare! Danno sale alla sua vita. Attribuisce valore positivo a tutto ciò che è desiderato; se un oggetto non desiderato perde di importanza. È sufficiente che un oggetto sia desiderato perché acquisti subito valore ai suoi occhi. La competizione riguarda tutti gli ambiti della vita segnati dal desiderio, poiché entrare in possesso dell’oggetto desiderato vuol dire acquisire maggior prestigio. Il competitore è sempre attento a ciò che l’altro desidera, perciò l’altro deve stare in una posizione relativamente prossima al competitore, cioè la distanza che lo separa dal suo rivale è sempre una distanza minima. Nella vita quotidiana il rivale del competitore è il suo “vicino”, il suo “prossimo”, colui che, ad esempio, lavora a fianco a lui. È un personaggio concreto, pragmatico; i modelli con i quali competere non sono mai modelli “astratti”: se è un discreto professionista, ad esempio, non competerà mai con un professionista di livello altissimo, ma sceglierà di competere con un professionista di livello pari al suo. Attenzione: è interessante come sa studiare e osservare il prossimo; lui non si espone mai per primo; aspetta che sia il suo rivale a farlo; perciò, all’inizio, quando avete a che fare con un competitore, vi sembrerà una persona “umile”, “modesta”; uno da cui non dovete aspettare o temere colpi bassi; è un personaggio paziente, che sa attendere; e aspetta a conquistarsi a poco a poco la vostra fiducia, a vedere abbassare il vostro livello di guardia; a poco a poco voi vi disarmate; cominciate a confidare le vostre aspirazioni, i vostri segreti; farà in modo di non vedere mai in lui un vostro rivale; vi apparirà dimesso, quasi privo di ambizione. Perciò, quando vi siete scoperti al punto giusto, zac!, ecco che lo troverete pronto a calare la scure sul vostro capo. A quel punto sarà troppo tardi, perché il vostro rivale vi ha già scalzato dalla sedia sulla quale prima eravate comodamente e beatamente seduto.
L’adulatore.
A tavola è quello che più di ogni altro si è fatto notare; è gentile con tutti (tranne con uno: indovinate quale!); ha la bocca mielata, o la “lingua caramellata” [come Shakespeare fa dire ad Amleto (Amleto, III, 2): «La lingua caramellata lecchi l’assurda pompa e pieghi le avide giunture del ginocchio dove all’adulazione può seguire il profitto»]. A uno non ha fatto altro che ripetere per tutta la stasera del suo charme; all’altro ha decantato l’intuito; la finezza; a un altro ancora di essere il tipo più spiritoso e divertente che abbia mai incontrato! Per ognuno ha avuto lodi sperticate. È facile da riconoscere: è quello che all’interno della compagnia non ha fatto altro per tutto il tempo che dire le cose più banali e scontate di questo mondo. Qualsiasi argomento si toccava, lui era lì pronto a calare il suo luogo comune, la sua sentenza lapalissiana, spacciandola come verità esoterica: «Nella vita per avere qualcosa bisogna fare dei sacrifici!»; «Avete notato che quando piove tutti prendono la macchina?». Sembra che a tavola abbia ingoiato il “Dizionario delle idee comuni” di Gustav Flaubert (aggiornato ai tempi moderni!). Tutto questo perché non vuole mai sbilanciarsi, mai andare controcorrente; ma non crediate che si comporti così con tutti; lo fa soltanto con chi sa di poter ricavare qualcosa: un favore, un piacere, una raccomandazione, un occhio di riguardo, un’attenzione particolare; prova soltanto disprezzo nei confronti di chi sa che nulla può ottenere, e quando è in vena buona, sa commiserare; ma non sa provare pietà o comprensione! L’adulatore è un competitore degradato, perciò ne è il complementare; lo completa nella sua nascosta vanità; è una sorta di competitore malriuscito o poco riuscito, ma ha una capacità straordinaria di sapersi identificare con l’altro. Quasi che a volte riesce persino a leggere nella vostra mente e a carpire le vostre aspirazioni più segrete. Forse è questo il segreto del suo successo perché a lui il suo adularvi viene del tutto spontaneo e naturale. Non c’è nulla di forzato. L’adulatore è sempre pronto a riconoscere e ad esaltare il senso di superiorità altrui, finché l’altro è disposto a prendersi cura di lui; perché non appena si sente un poco trascurato, eccolo pronto a cospirare nell’ombra e a tirar fuori gli artigli con i quali deturpare il bel ritratto che un istante prima aveva dipinto di voi. Egli è prono a diventar lo specchio prezioso, dentro il quale il potente può veder amplificata la sua vanità intima. L’immagine con la quale l’adulatore dipinge l’altro corrisponde perfettamente all’idea che l’altro ha di se stesso: l’altro può vedere riflessa l’immagine che più gli piace, scambiandola, ahimè!, per la sua immagine reale. L’adulatore agisce come se dicesse: “Io ti vedo come a te piace vederti”. Ecco perché l’abile adulatore sa fabbricare lo specchio ideale dentro il quale l’altro può ammirare il proprio sé. E se in ogni circostanza lo troviamo accanto al potente di turno, non illudetevi, perché nel suo intimo è sempre pronto ad apparecchiare lo specchio al potente di turno non appena fiuta l’arrivo del nuovo astro all’orizzonte!
Il seduttore
Il personaggio, senza dubbio, più affascinante, perché del fascino ha fatto la sua arma segreta per catturare l’attenzione altrui! Si dice che il primo seduttore della storia umana sia stato quel serpentello che è riuscito a sedurre Eva (l’anello debole della catena creativa) nell’Eden: «Se tu mi seguirai, sarai come me». Nella Bibbia, il serpente rappresenta un seduttore, perché ad Adamo ed Eva fa questa promessa: «Se voi mi seguirete – mangiando la mela – voi sarete come Dio». In realtà, il serpente non è un seduttore, ma un competitore, o meglio è l’antagonista del Creatore. Il vero personaggio seducente della storia è il “frutto proibito” (si parla della mela, ma in realtà il suo nome non è mai pronunciato). A tavola, dunque, non è il serpentello che s’insinua nei discorsi o nella conversione con fare subdolo, ma è piuttosto la bella mela che sta al suo centro, che sa suscitare la curiosità e l’interesse altrui.
Jean Baudrillard, nel suo libro Della seduzione, racconta questa favola: «Un bambino chiede alla fata di esaudire i suoi desideri, ma a una sola condizione: non pensare mai al colore rosso della volpe». Da quel momento non riesce a liberarsi di quella immagine: «La vede spuntare ovunque, nei suoi pensieri e nei suoi sogni, tutta colorata di rosso […] È ossessionato, a ogni istante, da quella immagine assurda e insignificante». Così per il frutto proibito: perché Dio ordina di poter mangiare da ogni albero del Paradiso e proibisce di toccare quello dell’Albero della conoscenza? Non si parla di ossessione, ma il successo del serpente dipende proprio da questa proibizione.
Il frutto o l’immagine della coda della volpe diventano lusinghe con le quali il seduttore cattura l’altrui attenzione: è l’assoluta insignificanza o gratuità del gesto a catturare l’attenzione dell’altro; la mancanza di un apparente secondo fine, che sia un fine utile o dannoso. Il seduttore è lo sviluppo dell’adulatore: mentre quest’ultimo agisce sempre per un fine ben preciso e particolare (che l’altro si prenda cura del proprio Sé), l’agire del seduttore è fine a se stesso, è un agire privo di conseguenza. E risiede in ciò la differenza tra una lusinga e un’adulazione: la lusinga è una allegoria (una metafora continuata), l’adulazione è sempre metonimica (è la parte che sta per il tutto); perciò per condurre avanti un’allegoria ci vuole complicità, reciprocità; l’adulazione è un atto che non richiede reciprocità, è un atto unilaterale; perciò è un atto smaccato, evidente, palese; la lusinga si presenta sempre nella sua forma ambivalente; la lusinga ha bisogno dell’altrui complicità per compiersi come tale; altrimenti rimane un gesto che cade nel vuoto. Lusingare il prossimo vuol dire porlo per un attimo, e gratuitamente, al centro dell’attenzione; corrispondendo alla lusinga però avviene uno scambio reciproco, e quindi un reciproco scambio di attenzione. Il seduttore è a sua volta un sedotto!
Il mimetico
Il mio ultimo personaggio: il mimetico, l’adattabile; a questo personaggio potremmo dare altri nomi: lo sfuggente, l’indefinibile, il flessibile, l’elastico, Zelig, ecc. Del seduttore è il suo complementare, in quanto la mimesi è il primo stadio della seduzione. L’adattabile è colui che agisce sulla base della relazione reciproca: «Mi vedo come tu mi vedi»; oppure, io sono come a te piace che sia; ed è ciò a definire il comportamento dell’adattabile. L’adattabile agisce nel modo in cui immagina che l’altro preferisca che lui agisca. Ha i gusti dell’altro, preferisce ciò che l’altro preferisce, vuole fare le stesse cose che l’altro fa. Egli non ha gusti, non ha desideri, non ha preferenze. Quando lo invitate a cena, è il commensale ideale: gli piace tutto ciò che avete cucinato; ha una parola buona per ogni piatto che gli presentate (certo, alla lunga vi stancherà perché non vi darà mai una soddisfazione “sincera”; è del tutto inutile il tentativo di capire quali sono i suoi reali gusti o interessi: saranno sempre i vostri gusti e i vostri interessi). Nella compagnia lo riconoscete subito: è quel personaggio che ha l’abitudine di fare l’eco delle vostre parole: ripete puntualmente l’ultima parte della frase che avete pronunciato; non allo scopo di dare una conferma a quanto avete detto, ma semplicemente perché ha l’abitudine di mimare il vostro modo di parlare, di esprimervi. Vi si presenta come un guscio vuoto pronto a riempirsi delle vostra essenza! L’adattabile cerca di corrispondere ai desideri dell’altro. Quindi, egli adatta il suo Sé sulla base di come viene visto dal sé altrui. L’adattabile costruisce il suo Sé mimando il sé altrui, perciò egli vede se stesso nel modo in cui l’altro preferisce vederlo. È come se egli si comportasse così: «Se tu mi vedi in un certo modo a me piace comportarmi nel modo corrispondente al tuo modo di vedermi». Egli, dunque, calibra i suoi passi sui passi dell’altro: perciò l’adattabile ha continuamente bisogno che l’altro gli suggerisca il modello da mimare, altrimenti egli non riesce a vedersi. L’adattabile non ha un proprio Sé da far valere, ma ha bisogno di qualcuno che gli scriva il copione da recitare. La capacità dell’adattabile è una capacità di metamorfosi, attraverso questa strategia egli riesce a confondere l’altro. Per effettuare la sua mossa, egli attende che sia l’altro a prendere l’iniziativa, ossia aspetta che sia l’altro a mostrare per primo le sue intenzioni e le preferenze; soltanto quando comprende cosa l’altro preferisce, egli esce allo scoperto, e comincia a regolare il suo comportamento sulle aspettative altrui. L’abilità dell’adattabile consiste nel prevenire le intenzioni dell’altro. Una volta che l’altro ha manifestato le sue intenzioni, aspetta che sia sempre quest’ultimo a compiere la mossa successiva, un modo da coordinarsi in una perfetta sintonia.

Le impressioni suscitate da ciascuna di queste persone non sono dettate né da antipatia né da simpatia. Magari può anche accadere che alcuni tratti mostrati da una di queste persone, appena conosciute, possano aver suscitato persino fastidio. Eppure, a prescindere dalla simpatia o antipatia, dall’avere provato o meno fastidio per alcuni tratti, non c’è dubbio che le prime tre qualità descritte (nel bene o nel male) siano ritenute positive, mentre le altre siano ritenute negative. Infatti, credo che a nessuno faccia piacere essere considerato un tipo strano, subdolo o insignificante, mentre comunque fa piacere essere considerato un tipo che si sa imporre, brillante o affascinante.


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COMMENTI (1)

Da  Bruno Corino
Inviato il 19 agosto a 14:12
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