Dato lo splendido modello di placenta traforata che ho fatto (avete presente i collant con i buchi che portava Madonna negli anni ’80? Uguale), 4 giorni dopo aver fatto il test di gravidanza ho dovuto smettere di andare a lavorare e mi sono infognata in quell’universo allucinante e vagamente psichedelico delle pratiche per la maternità anticipata.
A onor del vero, non potendomi muovere, la gatta se la sono pelata Maschio Alfa in prima battuta e in seguito l’unica, inimitabile Sooocera che, al grido di “i nipoti tocca guadagnarseli” mi porta il pranzo ogni giorno ed ha rischiato di entrare in analisi per via della pratica.
In pratica, funziona così: si va dalla propria ginecologa, ci si fa rilasciare un certificato con su specificate la data dell’ultima mestruazione, la data prevista del parto e i motivi per cui si rende necessaria l’astensione anticipata dal lavoro. Con questo certificato si va, entro 5 giorni, alla ASL, dove un medico rilascia un altro certificato in duplice copia che contiene più o meno le stesse informazioni. Una copia si dà al datore di lavoro, l’altra si inoltra all’INPS tramite sito o, se ci si vuole risparmiare un esaurimento nervoso, la si molla al patronato, come ho fatto io dopo aver sentito dire da molte persone che tra il sito dell’INPS e un film di David Lynch è più comprensibile il secondo. A quel punto, in teoria, sei a posto. E già così, ipotizzando che tutto vada liscio, mi pare comunque eccessivamente farraginoso come meccanismo.
Ora, però, immaginate cosa può succedere se i ginecologi, i medici della ASL e gli impiegati dell’INPS e i futuri genitori non sanno un accidenti di come funziona la cosa e in più ci si mette un medico della ASL che ignora completamente in che anno viviamo.
Vi spiego. Pur non potendo, teoricamente, scendere dal letto se non per andare in bagno, vado dalla ginecologa e mi faccio fare il certificato con su tutte le specifiche necessarie, perché lei non può rilasciarmi certificati se io non sono presente, giustamente. Maschio Alfa va alla ASL e il certificato viene rimbalzato per la prima volta perché va depositato entro 5 giorni da quando è stato rilasciato. Colpa nostra, nessuno ce lo aveva detto ma colpa nostra. D’altra parte, Maschio Alfa lavora e non è che può andare e venire dall’ufficio come vuole, ci è andato quando ha potuto senza sapere della scadenza. Mi tocca di nuovo uscire di casa ed andare in ospedale per farmi fare un nuovo certificato che viene nuovamente rimbalzato dalla ASL perché non veniva specificato fino a quando doveva durare la maternità anticipata. La richiesta sembra assurda un po’ a tutti visto che nel 99,9%% dei casi una si prende l’astensione anticipata finché non inizia quella obbligatoria. Ma tant’è, il certificato viene respinto e per la terza volta mi tocca uscire di casa e andare a farmi fare il certificato. Ovviamente, dato che, sopratutto in quel periodo, muovermi per me era rischioso, specialmente in macchina, tra un certificato e l’altro ho dovuto far passare alcuni giorni per evitare di stressare troppo la placenta. La mia ginecologa chiama due colleghe, tre infermiere e Maschio Alfa e insieme creiamo un certificato idiot-proof in cui momenti si specifica pure la tonalità di rosso delle perdite. Per inciso, erano tutti perplessi perché l’ospedale usa modelli standard per queste richieste e nessuno aveva mai fatto storie. Fatto sta che nel certificato si fa riferimento a “minacce d’aborto per le quali la paziente ha subito ricovero ospedaliero”. Così, tanto per capirci.
Io e Maschio Alfa decidiamo, a quel punto, di andare subito alla ASL e io decido di non rimanere seduta in macchina ma di salire con lui, avendo il sospetto che buona parte delle storie che erano state fatte in precedenza fossero dovute al fatto che la mia assenza fosse stata attribuita non ad una oggettiva necessità ma ad una mia seduta di shopping. Saliamo e cominciamo a cercare una stanza occupata da qualcuno. Da chiunque. Troviamo un’anima pia che decide di occuparsi di noi.
“Eh, ma qui si parla di ricovero ospedaliero ma non viene specificato il periodo in cui è stata ricoverata”
“Mi scusi, non credo che sia rilevante. C’è la data presunta del parto, c’è la data dell’ultima mestruazione, viene spiegato il perché non posso lavorare. Basta.”
“Eh, ma già che lo scrive…”
A quel punto, avrei rovesciato il tavolo. Questo si chiama attaccarsi al fumo della pipa perché non si sa che fare. Fortunatamente, nemmeno a farlo di proposito, avevamo appena ritirato la cartella clinica, quindi Alfa è sceso in macchina e l’ha presa. Il dottore la sfoglia, fa delle facce del tipo “ma che è ‘sta roBBa?” e mi fa il certificato che noi commettiamo l’errore madornale di non controllare immediatamente. Uscendo, scopriamo che in quell’ufficio non ci si occupa delle maternità anticipate. Ci si occupa dei test per la restituzione delle patenti. Capite perché poi le cose non funzionano? Per mille e uno motivi, tra cui anche il fatto che se chi ti fa la pratica non sa assolutamente come devono essere fatte le cose è logico che questo, per pararsi, richieda informazioni perfettamente inutili, così, nel dubbio
Fatto sta che con questo nuovo certificato Sooocera va al patronato, il patronato inoltra la pratica e io spedisco l’altra copia al mio datore di lavoro che, appena riceve la copia pdf anticipata via mail, mi chiama facendomi notare che, secondo il rincoglionito della ASL, la data prevista per il mio parto era il 3 ottobre…2003. Errore banalissimo che, però, ovviamente rende nulla tutta la fatica fatta fino a quel momento. Mi attacco al telefono e scopro che al patronato si erano effettivamente accorti dell’errore e, al momento di inserire i dati, avevano inserito l’anno esatto. L’INPS, quindi, aveva la data giusta con i dati ricevuti telematicamente, ma quella sbagliata sul certificato.
A questo punto, si pongono i seguenti problemi:
- Visto che se l’INPS mi boccia la pratica prima che ci si possa mettere una pezza io devo ricominciare tutto da capo, nel frattempo che devo fare? Farmi fare normali certificati per malattia dal mio medico di base? Nessuna delle 124 persone interpellate ha saputo rispondere.
- Per l’INPS fa più fede la data inserita dal patronato o quella scritta sul certificato?
- Se per caso all’INPS non si accorgono di niente posso io, aum-aum, correggere il foglio e spedirlo al datore di lavoro facendo la gnorri o poi rischio che se se ne accorgo mi spellano viva? Meglio non rischiare.
Mia suocera va all’INPS e l’impiegato ammette che effettivamente non se ne erano proprio accorti. Chiede, dunque, se possono rilasciarmi qualcosa che attesti che si sono accorti dell’errore, che l’hanno corretto e che quindi io possa inoltrare al mio datore di lavoro. Risposta: “boh, non mi era mai capitato”. Sooocera viene rimbalzata da un ufficio all’altro, alla ricerca di qualcuno che abbia una risposta. Uno degli impiegati, giustamente incuriosito dall’opera del fulmine di guerra della ASL, giustamente si pone un problema: ma se la data presunta del parto è il 2003, cosa si intende di preciso? Che devo trovare il modo per partorire tra dieci anni fa, o che si considera un ritardo sul parto e devo partorire un pupo di dieci anni? Potendo scegliere, preferisco partorire dieci anni fa. Come riuscirci è un al altro paio di maniche ma mi sembra comunque più pratico costruirmi una macchina del tempo che partorire un ragazzino alto già un metro e mezzo. Alla fine della fiera, è toccato tornare alla ASL (l’INPS, dopo due giorni di avanti e indietro, è giunta alla conclusione di non dover correggere il certificato), farsi correggere il certificato, inviare una copia corretta al datore di lavoro e consegnare l’originale all’INPS. Tutto questo, dal rifiuto del primo certificato alla consegna del certificato corretto, ha richiesto oltre un mese, anche perché non è che io posso uscire tutti i giorni per andare a farmi fare i certificati dalla ginecologa o che Maschio Alfa può prendersi permessi come e quando vuole, e se non c’era mia suocera che sistemava la questione, io ancora ero a carissimo amico.
In tutto questo, una parolina per il fulmine di guerra della ASL:
Carissimo,
mi dispiace che tu viva in uno spazio tempo che non sia il nostro. Perché, diciamoci la verità, tu sei convinto di essere nel 2003, visto che lo hai scritto a mano e non al computer, quindi non può essere un banale errore di battitura. Volevo solo dirti che se un errore del genere lo avessi fatto io, mi sarei ritrovata senza lavoro in dieci minuti. La prossima volta, prima di contestare un certificato che contiene anche più informazioni del normale perché manca la data del ricovero (cosa di cui a te non deve interessare niente) stai bene attento a quello che cacchio scrivi. E considerati fortunato che con te si è relazionata Sooocera, che è un pezzo di pane, e non io. Perché se dipendeva da me, tu andavi personalmente all’INPS con il certificato corretto, perché l’errore l’hai fatto tu. L’hai fatto tu e sono stati Maschio Alfa e Sooocera che sono diventati matti per risolvere il pasticcio che hai fatto. Fosse dipeso da me, dicevo, all’INPS con il certificato corretto ci saresti andato tu. Ma non in macchina, e nemmeno con i mezzi. Ci saresti andato a suon di calci nel culo.