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In Search of Visions, Sublimazioni di realtà (N°5): Die Wand (The Wall)

Creato il 05 marzo 2015 da Giuseppe Armellini
In Search of Visions, Sublimazioni di realtà (N°5): Die Wand (The Wall)Torna la rubrica dei film disancorati e sospesi dalla realtà di Romina (qui i precedenti). Non ho letto la rece perchè questo voglio davvero vederlo ma facendomi raccontare la trama da lei pare davvero un bellissimo film, un mix tra Picnic ad Hanging Rock e l'Angelo Sterminatore di Bunuel (ma sono cose che dico senza saper nulla, non vogliatemene).
(Scusate se ho abusato della parola "donna" in questa rece ma della protagonista non sappiamo il nome, sappiamo solo che ha un volto talmente espressivo che pare parlarci con gli occhi. Che poi sono molto felice che per una volta la protagonista di un film che ho amato sia una donna visto che, di solito, mi identifico sempre coi personaggi maschili.)
Una decapottabile rossa si sta dirigendo verso una baita in montagna. All'interno c'è una coppia di mezza età, un cane e una donna dal volto malinconico, primo piano sulla sua espressione insofferente, lo sguardo nervoso contro il paradiso naturale che le scorre intorno. Musica vagamente anni 60 nell'autoradio. I tre amici sono arrivati sulle montagne per una battuta di caccia. Quando arriva la sera, marito e moglie scendono al villaggio per bere qualcosa in un pub, lasciando la donna nel rifugio in compagnia solo del suo cane. La mattina dopo, la donna si risveglia e scopre dai letti non sfatti che gli amici non sono ancora tornati, decide quindi di andarli a cercare al villaggio, ma dopo pochi metri a piedi con Lince, il cane, è costretta a bloccarsi perchè scopre davanti a sè una barriera invisibile, come un muro di vetro che le impedisce di proseguire. Inutile dirvi che quando arrivo a questa scena già comincio ad esaltarmi, già mi piace parecchio e immagino che continuerà a piacermi.
Ma continuiamo l'accenno di trama.  Alla donna non rimane che tornare indietro, torna alla baita cercando di capire il da farsi. Altri passaggi, deve cercare altre uscite, ma disperata capisce che non ce ne sono. La barriera è tutta intorno a sè, invisibile ma invalicabile, cammina con le mani avanti per evitare lo schianto, non può ancora sapere quali sono i confini. Non mi è ancora chiaro se il mondo fuori sia bloccato, cristallizzato, in una scena la donna osserva col binocolo un cottage con una coppia di anziani fermi immobili nel giardino come statuine di presepe. O è il mondo esterno ad essersi fermato o è il suo microcosmo che non esiste o è totalmente invisibile. In ogni caso adesso quel microcosmo è tutta la sua vita. La donna fa presto a dimenticarsi nostalgie e vite precedenti perchè adesso c'è il qui e ora, adesso c'è solo un presente e un futuro incerto e lei deve sopravvivere in qualche modo. E' bellissimo vedere come la mente umana si adatti, appunto seguendo l'istinto di sopravvivenza, anche alle situazioni più assurde e difficili. Che fine ha fatto l'umanità al di fuori di quell'universo? E fino a quando anche lei, in quel contesto resterà umana? Non ci è dato saperlo. Questo film merita perchè funziona anche come una ricerca, un'indagine sull'uomo e sul suo rapporto con la natura. Durante il film mi sono spesso chiesta che cosa avrei fatto io, al posto di quella donna. E un profondo senso di angoscia mi ha sovrastata, perchè ho pensato subito al dover uccidere animali per mangiare, ad esempio. Ma la nostra protagonista non solo è costretta a uccidere di tanto in tanto qualche cervo, ma impara anche a coltivare e a mungere una mucca che si è presentata per caso vicino al suo rifugio. Momenti di nulla e solitudine alternati a duro lavoro, quindi, riscoprendo a poco a poco il senso dell'esistenza, universalmente parlando. Non c'è nessun altro essere vivente con cui parlare in quel mondo, e allora scrive, scrive finchè non finisce la carta, scrive un lungo diario in cui annota tutto ciò che le succede e che pensa, scrive alla natura e la natura attraverso svariati segni risponde. L'essere umano comincia a fondersi con l'ambiente circostante ma non si trasforma mai in puro istinto; l'essere umano si aggroviglia ai rami degli alberi, si riscalda al sole e i suoi passi sono scanditi dal ritmo del canto degli uccelli e dal sibilo del vento. Tutto questo ha un sapore molto antico, sa di preistoria. Sola e isolata dalla società, senza più sovrastutture sociali, questa donna dovrebbe dunque trasformarsi in bestia? Potrebbe, ma non è così, ed è proprio questo il bello, ella conserva una profonda umanità, ciò che si agita in essa non è solo bestialità primordiale ma poesia. La protagonista infatti, per non sprofondare in un abisso senza fine, finisce col considerare questo eremitaggio forzato come una specie di esperienza iniziatica, un viaggio, una tappa importante per la sua crescita interiore, in questo viaggio ella non sembra mai sola, sembra sempre seguita da personaggi invisibili, forse siamo noi i suoi compagni, lei ci parla, attraverso una voce fuori campo lei ci parla. Qual'è la realtà?Oggi, un mio amico mi ha detto che ama ascoltare. Non c'è cosa di più ''reale'' che l'ascoltare. E' reale perchè ci mette in comunicazione col mondo esterno e anche con quello interno. Il silenzio è un concetto strano e per me è pieno di cose e parole e suoni, probabilmente non esiste un silenzio perfetto, ma mi piacerebbe pensare che il silenzio inizia nel momento in cui ci mettiamo ad ascoltare. Ecco perchè in questo film c'è tanto silenzio e tanto ascolto. Quando ascoltiamo, registriamo avvenimenti ed esperienze e sensazioni al di fuori di noi, le immagazziniamo come prudenti formichine per poi poter usare tutto quel sapere accatastato nel momento del bisogno. La donna ascolta i ritmi della natura che si ripetono e da essi trae movimento, nuove luce, un continuo divenire.Una delle scene che mi hanno più colpito del film è sicuramente quella di un corvo, la nostra eremita osserva i comportamenti di un corvo bianco in mezzo a uno stormo di corvi neri, i suoi fratelli lo emarginano perchè diverso, non lo capiscono e ne hanno paura e lo condannano a un destino di solitudine. E' proprio con un'immagine monocromatica bianca che il film termina, un finale migliore non me lo sarei mai aspettato, aperto a infinite possibilità e riflessioni. Questo film mi ha entusiasmato non poco, mi ha ricordato per atmosfere e tema Pic nic ad Hanging Rock di Peter Weir. The wall è scritto e diretto da Julian Polsler, ed è tratto da un libro, ''La parete'' di Marlen Haushofer, non sono una gran lettrice ma questo libro lo recupererò quanto prima.
Nient'altro da dire, godetevelo!

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