“Do you believe in God?” I ask, before he can roast me further about the books.
His smirk returns. “Abbey, I’m studying a Bachelor of Science.”
“Albert Einstein believed in God,” I say, recalling my mom pointing this out to my dad before she too gave up on God.
Vi avevo già parlato di “In the beginning there was us” di Ingrid Jonach nella mia tappa del Blog Tour, in cui potete leggere anche un estratto. Per una volta mi sono lasciata affascinare dalla trama, da quell’acceleratore di particelle che è sempre stata una delle mie fisse, da quando ne ho visto uno dal vivo, nel centro di ricerca di Frascati e da allora vorrei lavorarci. Gli acceleratori di particelle, fanno collidere particelle elementari e quello del CERN ha permesso diverse scoperte interessanti. Ma questa è un’altra storia (ed ecco che emerge il mio lato nerd e ingegneristico). La meccanica quantistica e la fisica delle particelle elementari mi hanno sempre affascinato e leggerne in libri a sfondo sci-fi mi gasa immensamente. Purtroppo il libro non mi ha convinto del tutto, una lettura carina ma un po’ troppo young adult per i miei gusti.
Che cosa fareste se foste Dio? Se aveste il potere non solo di dare la vita, ma di toglierla in un batter d’occhio? Queste sono le domande che affliggono la quindicenne Abby Baxter dopo che ha resuscitato un ragazzo, perso molti anni fa. Il bellissimo e eternamente malinconico Cole non solo serve come distrazione, per la sua cotta di vecchia data Elwin, ma attenua il dolore che persiste fin dalla morte improvvisa del fratello minore Junior, quattro anni prima. Mentre l’intrigo della sua relazione con Cole si approfondisce, così succede anche al mistero che si sviluppa intorno ai crescenti fenomeni che investono la sua piccola città del West Virginia, trasformando le vite dei suoi residenti. Attorno a lei, cottage di due stanze si trasformano in ville senza nessuna spiegazione e gli abitanti si svegliano con i risparmi in banca triplicano nel corso di una notte, tutto sotto l’occhio vigile del sinistro Laboratorio americano di particelle fisiche, localizzato nella periferia della città. Mentre Abby cerca risposte per risolvere il mistero con l’aiuto di Elwin, è costretta a rendersi conto che alcune cose è meglio lasciarle sepolte, incluso il suo nuovo amore, Cole.
Questo racconto di dolore e ossessione esplora le possibilità senza fine dell’universo e i suoi devastanti effetti su due giovani innamorati di due mondi diversi.
È affascinante scoprire come certe scoperte scientifiche possano risuonare nella mente degli scrittori e permettere loro di creare storie interessanti e originali, applicazioni che decisamente non sarebbero mai venute in mente agli scienziati che le hanno portate avanti. La fantasia di chi scrive scorre libera, senza costrizione, in modi unici. La Jonach di certo non si lascia fermare da niente, ed elabora una teoria abbastanza convincente in grado di sostenere l’impianto narrativo. La parte sci-fi è sviluppata al punto giusto, lasciando la protagonista a lottare per scoprire il mistero che circonda la sua città, mentre la gente scompare e le stranezze aumentano. È proprio Abby a raccontare in prima persona la vicenda, cercando di spiegarsi come sia possibile che il suo paese sia stato sconvolto così. In un’ambientazione post-apocalittica e futuristica in cui l’Europa è stata spazzata via da un esperimento del CERN che ha avuto tragiche conseguenze in mondo che è sopravvissuto alla terza guerra mondiale. La scienza non sembra aver fatto molti passi in avanti a livello di tecnologia spiccia e troviamo alcune incongruenze. Abby è una quindicenne, abbastanza ingenua e spensierata, che pensa al primo bacio e alle partite di pallavolo, con una famiglia sconvolta dalla morte del fratello. E improvvisamente nella sua vita compare Cole. Un po’ Dorian Gray, un po’ fantasma, un po’ congettura, Cole è una presenza apparentemente rassicurante ed effettivamente inquietante. Cole è fatto della materia dei pensieri di Abby, ma scoprirne le origini diventa stupefacente. Abby si accorge che le cose non sono così semplici, che la bellezza e la prodezza di Cole devono arrivare da qualche parte. E mentre Cole diventa sempre più pericoloso, la ragazza deve fare i conti con l’assenza del padre, e la depressione della madre, nonché la follia della sua migliore amica, una macchietta che la mette nei guai. Le due seguono il classico schema dei romanzi ya. Se Abby è innocente, studiosa, ama dipingere e passare le sue serate a guardare film sul divano sgranocchiando popcorn, Mali è ricca, bellissima, estroversa, si veste alla moda, un po’ svampita, poco interessata alla scuola, e desiderosa di partecipare a tutte le feste che ci sono in circolazione. Il tutto viene condito con la cotta di Abby per Elwin, il fratello maggiore di Mali, che le fa da tutore mentre i loro genitori non si sa dove sono. Abby e Elwin si ritrovano ad indagare su cosa sta succedendo ad Albert Falls, lui studente universitario di Fisica, bellissimo e geniaccio, lei impacciata e con pessimi voti scolastici, in un ammassarsi di indizi che porteranno allo svelamento finale. L’intreccio regge abbastanza, nonostante gli stereotipi perpetrati dai personaggi.
L’ambientazione è la classica, quella di una piccola cittadina Albert Falls, dal nome decisamente profetico, nel west Virginia, piena di pregiudizi, con poche descrizioni essenziali, che si perde nei meandri del laboratorio, che emerge, inquietantissimo e pericoloso, con i suoi segreti da svelare.
Il particolare da non dimenticare? Un portachiavi…
Una storia avvincente, interpretata da personaggi mediocri, uno sfondo avvincente, con un mistero da scoprire, una protagonista troppo ingenua e un corollario affascinante, con un acceleratore di particelle a fare il bello e il cattivo tempo. Una lettura senza troppe pretese.
Buona lettura guys!
Ringrazio Dianne di “Oops i read a book again” e Ingrid Jonach per avermi regalato la possibilità di leggere questo libro in cambio della mia onesta opinione.