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In the Woods

Creato il 15 marzo 2013 da Eraserhead
In the WoodsSi potrebbe stare qui a discutere se Mesa sto dasos (2010) sia più difficile vederlo o sia più difficile scriverne qualcosa a proposito, qualcosa di costruttivo che vada oltre al giudizio epidermico che in questo caso si avvicinerebbe molto ad un’espressione del genere: ma Angelos Frantzis (il regista, ateniese) non aveva nient’altro da fare che propinarci per un’ora e mezza l’avvinghiarsi reciproco di due ragazzi e una ragazza in mezzo ad un bosco? Evidentemente no e personalmente capirò tutti coloro che spazientiti dal marasma epilettico della camera a mano e dall’ostinata refrattarietà di voler raccontare nel senso classico del termine, malediceranno Frantzis sentendosi depredati di novanta preziosi minuti della loro vita. Ci sta. Però, nonostante io stesso sia stato più volte sul punto di abbandonare la “poltrona”, riflettendo sul risultato d’insieme ammetto (con stupore) che il film non mi è affatto dispiaciuto , e provo a spiegare perché.
Ci troviamo di fronte ad un esemplare di cinema sensoriale, un modello disorientante a priori visto che nella settima arte siamo abituati a subire la letteralità dell’opera stessa che ci spiega, che ci parla tramite coordinate condivise e codificate. In the Woods al contrario comunica con un altro alfabeto, che ovviamente non ha lettere (non per niente i dialoghi sono azzerati), e che si esprime (o almeno ci prova) con l’Immagine cercando tramite essa di tradurre le impressioni (leggi sensazioni, leggi sentimenti) dei tre giovani, inoltre riconducendo ogni loro azione ad un perenne confronto con la natura fornisce uno sfondo di disarmante astrazione dove ogni situazione, ogni gesto, si sospende dalla realtà [1]. Il percorso di trasmissione con chi guarda è complicato perché annebbiato da una moltitudine di eventi che la nostra razionalità respinge con tutta la forza che ha (e fin da subito: l’esplosione, perché?), parimenti diventa difficile non notare che il nucleo del film ha un’aggressività, ma neanche, direi quasi una bestialità che perlomeno dà da pensare; probabilmente un ménageà troisdel genere ha avuto pochi predecessori sul grande schermo, la tendenza che il film ha di muoversi verso un erotismo ferino e primordiale, senza compiacimento nonostante vi siano eiaculazioni e fellatio in bella vista, è un movimento teorico che si sente, che struttura la pellicola, che la rende meno insensata di quanto possa sembrare, e il continuo respingersi/attrarsi della triade lo si vive con l’illogicità di un’adolescenza incosciente, smarrita, confusa, perché il film di Frantzis è nel suo caos espositivo un film di formazione, e come tutti i film appartenenti alla categoria abbraccia dentro di sé le convulsioni dell’identità (sessuale e non) informe, gli infatuamenti altalenanti e nevrotici, fino al momento della Crescita, acme di non ritorno che il regista avviluppa nella carne, nell’unione di tre esseri che vanno a costituire un’unica entità.
È nell’esporre una maturazione trafitta dal turbamento che Mesa sto dasos acquista configurazione, e lo fa portando avanti una politica stilistica di strenua militanza dove il digitale diventa la tempera adatta per inchiostrare il mondo a latere che violenta l’occhio, e se è vero che è consigliabile ingerire un antiemetico a causa degli imperterriti spasmi visivi, affiora comunque per il sottoscritto una consapevolezza nel girare da parte di Frantzis che lo eleva dall’apparenza del “filmetto amatoriale”: c’è un montaggio oculato che scombina la dimensione temporale, ci sono delle scene potenti (due buchi (… metafora?): uno nella terra e l’altro nella roccia a strapiombo sul mare cristallino), c’è un’idea di base, piaccia o meno, sovversiva.Per fare degli improbabili accostamenti è possibile vedere Mesa sto dasos come un The Blair Witch Project(1999) senza ammiccamenti e senza strega, oppure un Un lac (2008) di un Grandrieux alle prime armi con scarsi mezzi a disposizione, o ancora un Antichrist (2009) in scala ultraridotta che ripropone a modo suo il maligno triangolo erotico Uomo-Donna-Natura. Il pasticcio è sempre dietro l’angolo, se però ci fosse qualcuno che davvero se ne intende di cinema e che avesse voglia di apporre il proprio microscopio su questo film allora potrebbe nascerne un caso.____[1] In questa intervista (link) Frantzis descrive In the Woods come un film per bambini che sfortunatamente può essere visto soltanto dagli adulti. In the Woods

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