In trasferta

Creato il 28 marzo 2012 da Povna @povna

Metti che l’Amica Collega abbia scritto (e pubblicato proprio per quest’anno) un bellissimo e nuovo manuale letterario del triennio; metti che – per celebrare un parto che ha accompagnato discussioni, gioie, dolori, racconti epici per molto e molto tempo – le venga l’idea di organizzarne il lancio con un confronto all’americana con un altro manuale scritto da fior di professori universitari (bravissimi), nella piccola città. Metti anche che lei voglia renderla una cosa non ovvia, e dunque – oltre a invitare te per il dibattito (ma questo in realtà fa niente) – proponga (e imponga con la forza di un’idea che è solo splendida) l’apporto decisivo degli alunni alla presentazione.
Metti allora che lo dica alla ‘povna; e che lei, novella Cornelia come sempre, giri la proposta ai suoi amatissimi gioielli: Calvin, la Testarda e Corto Maltese.
In un pomeriggio di sole, dopo aver fatto le loro sei ore di lezione, la ‘povna e i suoi studenti si sono avviati – in un’auto guidata da un Corto che oramai ha pure la patente – alla volta del luogo nel convegno. Con sé portavano i diversi manuali che avevano – attendendo a una precisa comparazione filologica – studiato con impegno; e poi le riflessioni sul mondo, le risate, le loro idee. Sono arrivati in tempo per una sosta rinfrancante a casa della ‘povna, per poi arrivare al posto dell’appuntamento con britannica puntualità.
E lì – di fronte a una platea ridotta (e già questo fa pensare, perché gli insegnanti interessati erano meno degli alunni), ma attenta e militante – hanno parlato e discusso per due ore e più. Alla fine del dibattito – che ha coinvolto il pensiero complesso di quale letteratura (e dunque scuola) sia più adatta per la società del terzo millennio – molte cose e toste erano state tematizzate e dette; e la ‘povna è tornata a casa con la sensazione (tutto sommato insolita) di avere speso molto bene la giornata.
Tra i vari interventi, tutti diversamente appassionati e convinti, l’hanno colpita, va da sé, quelli degli amici che così ben conosce, come l’Amica Collega e l’Amica Vicina.
Ma, lo deve ammettere, il suo pensiero di smisurato orgoglio è andato ancora una volta anche e soprattutto a loro, i suoi alunni. Che – al momento di intervenire nella loro prima occasione pubblica, intimiditi e rossi – hanno affrontato il palco e il pubblico con intelligente pacatezza. Dicendo cose grandi, e non scontate, e belle, e giuste, quasi scusandosi, come se fossero ovvie (a conferma che – come dice Andrea Bajani in un libro che andrebbe fatto leggere per legge – forse non sono gli adolescenti, ma gli adulti, a manifestare sempre più spesso evidenti segni di disagio). Così nella mente della ‘povna risuonano ancora – mentre a casa lavora per recuperare, alacramente – le parole appassionate della Testarda (“questi manuali sono tutti e due molto belli: semplicemente, li dovreste fondere in uno per questo motivo e questo; e allora quasi quasi, almeno per me, si intende, ci sarebbe il testo di riferimento ideale”); oppure quelle, come sempre pacate, ma acutissime, di Calvin: “Il vero libro è quello che possiamo consultare da soli, e che ci invita ancora e ancora a leggere”. Anche se a ritornarle addosso come una di quelle ossessioni su cui dovrà rimeditare a lungo sono, ancora una volta, le frecce appuntite pronunciate da Corto con l’abituale svagatezza: “Avete tutti parlato molto, e giustamente, della libertà di insegnamento; io credo che sia importante, diamine, ci mancherebbe. Però, ecco, a me sembra che la libertà dell’insegnante dovrebbe anche avere un limite: perché un suo eccesso finisce per non tutelare quella – di spaziare, immaginare, vagare per gli autori, i testi e le pagine – degli alunni. Quella che si esercita dopo e fuori scuola, sempre”. Che è poi – questo lui non lo dice ma i suoi occhi parlano – quella che un insegnante vero dovrebbe suscitare.
La ‘povna lo ascolta, sorride, e resta di nuovo a bocca aperta. Meditiamo, colleghi (ma anche tutti), meditiamo.


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