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In un testo originale in dialetto la storia di Santa Domenica

Creato il 05 luglio 2012 da Cultura Salentina

di Annalisa Mariano e Rossella Presicce

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Le pagine del manoscritto di Alessandro De Iaco

Questo testo che racconta la storia di Santa Domenica, patrona di Scorrano, riporta fedelmente il contenuto di un manoscritto donato negli anni 70 a Rossella Presicce dal signor Alessandro De Iaco, scorranese  classe 1898.

Certu Scurranu se ne po’ vantare ca c’è Santa Duminica devota, se fà na festa assai principale e poi la fanno assai ricca e pomposa. Nove giurni prima de la festa si sona campane, tamburri, trumbette, ma non se basta Domenica lodare per sua bellezza e pe’ sua Santitate. Sera data tutta a lu Spirituale e cu Gesù Cristu parlava chiù fiate, ca era de sangu nobile e Reale e de Trupea la sua Cittate. Re Massimiano la ulia pe’ sposa, cu ambasciatori li manna le ‘mbasciate ma Duminica l’ha rispostu e dittu ca lu su caro sposo è Gesù Cristu. Re Massimiano se ne custrubbau ca non li parse bona la risposta data e subitu li surdati cumannau:

- “Piatila e minatila intra alle fiere!”.

Quannu se cridia di essere sbranata de leoni se vitte adorata. Re Massimiano più sdegnato e fiero de Dumenica mai ippe pietate. Ordina nu martirio che fù fiero da essere minata intra alla furnace pe’ ‘fare ardire li soi carni belli ciocché la vita sua cu se macella. E Dumenica cu sì favella:

- “Chi ama Gesù cu core sincero, letto me pare sta forte fornace”.

Re Massimiano chiùi facia tempesta, mezzu nu trova la pazza muriri e ordina a li surdati cu li taiane la testa subitamente la viscia muriri e Dumenica stu martiru zetta:

- “Pe mio sposo Gesù taiatime la testa”.

Mentre mise la capu a lu taione se vittara do’ angeli de lu cielu calare. Unu li mise la parma alla manu e lautru li mise la cruna alla testa. A Paradiso se fice na gran festa quannu se vitte Dumenica entrare. Gesù Cristu se la sittau a manu destra e tutti l’angili cuminciara a giubilare e li dice:

 - “Cara Sposa mia Diletta dimme ce titulu voi ca taggiu dare”.

Issa se ‘nchina li bacia la manu:

- “Protettrice voiu essere de Scurranu. A Scurranu lu culpisce na gran peste”.

La male qualità la fice sciri su le muraie comparse la sua bellezza.

- “Alle sei de lugliu facitime la festa ca quidru è lu giurnu de lu miu muriri. Spese e denari assai non badati pe’ Dumenica vasciane li Stati”.

La storia Dumenica se finiu cu soni e canti, a Paradisu sciu.

La storia de Dumenica sa finita cu soni e canti a Paradisu è sciuta.

E lu poeta ca fice la storia se chiama Angilantoni D’acqua Viva”.

————–

“Certo, Scorrano si può vantare della devozione a Santa Domenica la quale è onorata da una grande e sfarzosa festa. Nove giorni prima della festa si fanno suonare campane, tamburi e trombette ma tutto ciò non basta a lodare la sua bellezza e la sua santità. Santa Domenica, che aveva dedicato tutta la sua vita alla spiritualità tanto da riuscire a interloquire con lo stesso Gesù Cristo, era di sangue reale nativa della città di Tropea. Re Massimiliano la desiderava per sposa e malgrado le avesse inviato i suoi ambasciatori Ella rispondeva che il suo caro sposo era Gesù Cristo. La risposta di Santa Domenica non piacque a re Massimiliano e ordinò ai suoi soldati di prenderla e gettarla nella fossa dei leoni. Tuttavia, le fiere, invece di infierire sul corpo della Santa si misero ad adorarla. Re Massimiliano, ancora più sdegnato, non ebbe alcuna pietà e ordinò che la Santa venisse gettata nel fuoco dove sarebbero arse le sue carni. Neanche questo martirio riuscì tanto che, re Massimiliano ordinò di tagliarle la testa affinché potesse morire immediatamente. La stessa Santa Domenica accettò quel martirio in nome del suo sposo Gesù. Quando Ella pose la testa sul ceppo per essere decollata, due angeli scesero dal cielo; uno le mise una palma nella mano e l’altro le pose in testa una corona. Quando Santa Domenica entrò nel Paradiso, si fece una gran festa. Gesù Cristo la fece sedere alla sua destra e, tra il giubilo degli angeli, le chiese: “Mia cara e diletta sposa quale titolo volete che vi imponga?”. Santa Domenica inchinandosi baciò la mano di Cristo e rispose: “Voglio essere protettrice di Scorrano perché la popolazione è colpita da una grave epidemia pestilenziale”. In tal modo la Santa, in tutto il suo splendore, comparve sulle mura della città di Scorrano e ordinò che ogni sei di luglio si facesse in suo onore una festa perché in quel giorno ricorreva l’anniversario del suo martirio. Ordinò, inoltre, che non si badasse a spese per i suoi festeggiamenti perché Lei era per i cittadini la cosa più importante. Il popolo festeggiò tra suoni e canti mentre la Santa risaliva nel Paradiso. A questo punto la storia di Domenica, tra canti e suoni, è terminata con la Santa che vigila dal Paradiso sulla città e il poeta che scrisse questo si chiama Angelantonio D’Acquaviva”.

(Adattamento della versione dialettale a cura di Vincenzo D’Aurelio)


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