Lo spagnolo ha un suo perché. E non parlo solo dei residenti, ma anche della lingua. È sensuale, passionale, caliente. Se ad esempio vi trovate ad ascoltare una voce maschile, senza vedere chi parla, può capitare che la vostra mente tracci l’identikit del vostro interlocutore giusto un pelo sotto il livello Antonio Banderas-Andy Garcia. Il che sta rendendo particolarmente interessante il soggiorno per almeno un terzo della nostra comitiva.
Con la lingua ce la caviamo alla grande. Quantomeno nella fase dei convenevoli. Sappiamo salutare e ringraziare in maniera eccellente. E in effetti facciamo solo quello.
Ho scoperto che se riesci a mantenere un’espressione del viso abbastanza interessata per tutta la fase centrale della conversazione, senza proferire verbo, puoi tranquillamente essere scambiato per uno del posto. Magari non particolarmente perspicace, ma spagnolo al 100%.
Il rovescio della medaglia è che questo sistema, unitamente ai nostri tratti mediterranei, induce i residenti a lanciarsi in conversazioni spedite sulla qualunque.
E quando prendono velocità nel parlare c’è poco da fare: non si capisce una mazza.
Stiamo diventando il terrore (oltre che lo zimbello) dei camerieri nei ristoranti.
Ci si approcciano con il sorriso. Dopo sei secondi, intuita la nostra nazionalità, la morte discende sui loro volti.
E se lo spagnolo può sembrarvi abbastanza accessibile, a livello di comprensione generale, davanti alla carta del menù rimarrete a bocca aperta e un grosso punto di domanda si materializzerà sulle vostre teste.
Parillada, tapas, arroz. Di che stiamo parlando?
Finisce che ordiniamo quasi sempre affidandoci al caso più totale e ne nascono situazioni comiche che lasceranno il segno del nostro passaggio.
Come ad esempio l’episodio della sidra.
Siamo nelle Asturie, regno di questa bevanda a base di mele e a bassa gradazione alcolica. Bere la sidra da queste parti è d’obbligo, ma va fatto nel rispetto delle tradizioni. La bibita va infatti versata in piedi tenendo un braccio ben disteso in alto sopra la testa e il bicchiere inclinato nell’altra mano il più in basso possibile. L’operazione è spettacolare ma richiede esperienza e abilità. Più di tutto richiede conoscenza.
Cioè, ad esempio, può capitare che due italiani adulti ed una Marmocchia si rechino per cena in una sidreria e ne ordinino, in onore alle tradizioni locali, una bottiglia. Capita poi che la cameriera lasci temporaneamente la bottiglia sul tavolo e si allontani alla ricerca di due bicchieri appositi prima di procedere a versarne il contenuto seguendo la prassi locale.
Capita infine che, nel frattempo, i due italiani adulti si scolino l’intero contenuto versandolo nei bicchieri per l’acqua come se fosse normalissimo succo di mela.
Sacrilegio.
E forse l’episodio verrà narrato per anni: la sapete quella dei due italiani in sidreria? È da morir dal ridere!
Anche la Marmocchia, dal canto suo, fa del suo meglio. Certo, se escludiamo il fatto che ieri al parco giochi un bambino le ha chiesto in spagnolo “come ti chiami?” e lei ha pensato bene che urlargli in faccia fosse la risposta più appropriata.
Ma ce la stiamo cavando. Ce la stiamo cavando alla grande.
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